Conti in rosso, gli anomali tassi di sconfino di Intesa Sanpaolo
19.01.2014 13:45
Un italiano su tre non ha soldi sul conto e, secondo i dati di Banca d'Italia, gli sconfinamenti su c/c e mutui sono saliti nel complesso al 3,5% degli utilizzi segnalati in Centrale rischi.
In questo scenario, nonostante l'abolizione delle commissioni di massimo scoperto, il nuovo regime che disciplina la remunerazione di fidi e sconfinamenti (articolo 117-bis del Tub e decreto Cicr del 30 giugno 2012) in vigore dal primo luglio 2012), non ha portato i benefici "annunciati" per i consumatori. La conferma arriva dai tassi effettivi globali medi (Tegm) rilevati ai fini dell'usura, con l'onere sugli scoperti fino a 1.500 euro passato dal 14,74% di aprile-giugno 2012 al 16,19% di luglio-settembre 2013.
Scorrendo i fogli informativi pubblicati sui siti delle principali banche è possibile poi avere un ulteriore immediato riscontro. Le nuove norme spostano gran parte dell'onere dello sconfino sul tasso d'interesse, che avrebbe la funzione di disincentivare lo sconfinamento e coprire il costo del rischio, mentre la commissione di istruttoria veloce (Civ) dovrebbe coprire i soli costi per svolgere la pratica, se e quando è svolta. L'unico freno all'aumento degli oneri fatti pagare a chi va in rosso è dato ormai dal tasso soglia di usura, considerato che la Civ può essere applicata tutte le volte che le procedure interne della banca prevedono lo svolgimento di un'istruttoria veloce, senza che la banca debba dimostrare di averla fatta. Una moltiplicazione degli addebiti per sconfinamenti multipli, nella pratica spesso senza alcuna istruttoria, che stona con l'obiettivo dichiarato dal legislatore di rendere l'onere agevolmente comparabile e predeterminabile ex ante dal cliente. Meglio sarebbe cancellare la Civ lasciando il solo tasso di sconfino.
Andare in rosso costa il 35% in più
A distanza di più d'un anno dall'operatività del nuovo regime, persiste l'anomala indicizzazione del tasso di sconfino praticata da Intesa Sanpaolo (si veda Plus24 del 3 novembre 2012 e, da ultimo, di sabato 4 gennaio scorso).
Per gli utilizzi in scopertura, infatti, la banca applica un tasso debitore indicizzato al tasso limite dell'usura diminuito di uno spread di 2 punti percentuali: un parametro vessatorio che non è un tasso dei mercati finanziari e che consente a Intesa di contrattualizzare e aumentare automaticamente, senza giustificato motivo, il tasso sugli sconfinamenti che, dal luglio 2012 all'ottobre 2013, è risultato sistematicamente superiore del 30-35% dell'onere complessivo (tasso e commissione Civ) applicato e segnalato a consuntivo come Tegm (Tasso effettivo globale medio) dall'intero sistema bancario nazionale, come evidenziato nella tabella in calce riportata.
Il disimpegno di Bankitalia e Antitrust
Se tutte le banche lo utilizzassero, la crescita dei tassi di sconfinamento sarebbe continua ed esponenziale. Bankitalia e Antitrust, interessate al riguardo, hanno risposto dichiarando la loro incompetenza a intervenire.
Non è un buon viatico per Banca d'Italia che, pure nello scenario delineato dall'Unione bancaria europea, ambisce a essere l'unica Autorità amministrativa competente a tutelare il consumatore di servizi bancari-finanziari, anche nella repressione delle pratiche commerciali scorrette attuate dalle banche, compito quest'ultimo svolto sinora dall'Antitrust. Serve un'effettiva discontinuità con il passato, dove a contare era solo la stabilità finanziaria degli intermediari. L'occasione per Bankitalia può essere data dal costituendo nuovo Servizio preposto alla supervisione sulla compliance, con compiti di verifica in materia d'integrità (antiriciclaggio e usura), trasparenza e correttezza dei rapporti banca-cliente.
Nel frattempo, però, chi vigila non può chiamarsi fuori. Nel caso dell'indicizzazione utilizzata da Intesa Sanpaolo non si tratta solo di consentire alla banca, come impresa, la libera quantificazione di un prezzo. Quanto di censurare una clausola contrattuale vessatoria che contempla un meccanismo non corretto (perché il parametro di riferimento – soglia usura - non è un tasso monetario o finanziario), tendente al massimo possibile di onerosità a carico del cliente, anche tramite adeguamenti automatici che prescindono dall'esistenza di un giustificato motivo. Ma se anche su questo Bankitalia e Antitrust non intervengono, a cosa si riduce la loro tutela dei clienti bancari?
da Il Sole 24 ore