Conviene lavorare in staff leasing?
La mamma, la casa…e un contratto a tempo indeterminato
Sono questi gli assi portanti della vita di ogni italiano. Nei mesi scorsi l’opinione pubblica è stata positivamente sorpresa dai dati Istat relativi alle assunzioni. Si è infatti registrato un incremento dei contratti a tempo indeterminato, in concomitanza con l’attuazione del Decreto Dignità. Tuttavia il trend rappresenta solo la scintillante punta di un iceberg contro cui il Paese potrebbe schiantarsi. Il suo nome è staff leasing.
Staff Leasing: le testimonianze di chi ci è passato
Cos’è lo staff leasing?
È una tipologia contrattuale, questa, caratterizzata dalla somministrazione, dal “prestito” di un lavoratore, assunto da un’agenzia, a terzi (aziende, società). Il tetto annuo di dipendenti inquadrabili è pari al 20% dei nuovi “acquisti” in organico dal 1 gennaio.
Tecnicamente l’assunzione tramite contratto di staff leasing risulta più vantaggiosa per il dipendente, in quanto scongiura il rischio di un limbo di precarietà potenzialmente infinito. Inoltre, lo stipendio percepito è pari a quello dei colleghi dipendenti dell’azienda.
Staff leasing e Decreto Dignità
Questa formula contrattuale è stata impiegata in misura esponenziale a seguito dell’entrata in vigore del provvedimento del Governo Cinque Stelle-Lega. Molti osservatori hanno ritenuto la tendenza un modo per aggirare il limite di 24 mesi relativo all’assunzione di un dipendente tramite contratto a tempo determinato.
Lo staff leasing, quindi si sta rivelando una cura peggiore della malattia della precarietà. Infatti, se l’azienda utilizzatrice dovesse avere problemi produttivi/organizzativi l’agenzia del lavoro si ritroverebbe a pagare un certo numero di dipendenti e doverli contestualmente ricollocare.
Come se non bastasse, a parità di retribuzione rispetto ai colleghi assunti direttamente dall’azienda, i lavoratori in staff leasing vedono fortemente condizionato e limitato il loro diritto di esprimersi all’interno delle assemblee sindacali.