Costretta a chiudere azienda simbolo della lotta all'usura
Dove non vince il racket malavitoso a volte, ha la meglio il sistema creditizio
Attraverso l’usura bancaria. Così, rischia di essere spazzata via la De Masi Costruzioni, azienda calabrese emblema della lotta alla criminalità organizzata, simbolo di legalità e senso civico.
«Dalle notizie di cui siamo venuti a conoscenza in questi giorni è venuta meno la mediazione del Governo tra la De Masi e le banche, tanto da ipotizzarsi drammaticamente l’apertura a fine anno delle procedure di licenziamento dei 40 lavoratori in forza, con conseguenze anche sulle altre aziende». Questo il drammatico allarme lanciato da Pasquale Marino, segretario provinciale Fiom.
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Già, perché il risvolto (solo) apparentemente assurdo della vicenda è che l’imprenditore Antonino De Masi è sostenuto proprio da questo sindacato. E la tragedia è doppia, se si pensa che già sette mesi fa si era parlato della vicenda proprio nel corso del congresso Fiom, ma chi doveva prestare ascolto e intervenire si è ben guardato dal farlo.
Nonostante De Masi avesse incassato una “vittoria” con la condanna definitiva di una serie di banche per il reato di usura, infatti non è ancora stato liquidato il cospicuo risarcimento. L’iter impone che la somma venga versata solo al termine del procedimento civile avviato.
Insomma, anche se è ormai chiaro a tutti che l’imprenditore è stato l’ennesima vittima annunciata dell' usura bancaria, rischia di dover mettere in liquidazione un’azienda sana.
«La De Masi – spiegano i lavoratori - è un modello industriale, un’azienda produttiva, in una regione drammaticamente colpita dalla crisi, che non può e non deve chiudere a causa di una pressione inaccettabile delle banche e dalla oppressione criminale».
Per tutti questi motivi è chiaramente inconcepibile che una realtà produttiva, capace di stare sul mercato grazie alla competitività garantita dall’uso di tecnologie avanzate, sia preda dell’usura bancaria.
L’unico elemento di speranza è dato dall’approccio con cui Antonino De Masi sta affrontando questi tristi giorni. «Io ho subito l’usura e la Cassazione ha stabilito che la responsabilità è delle banche. È da 11 anni che sto cercando di farmi restituire quanto mi è stato rubato. Più di quello che ho fatto non posso, adesso ho l’obbligo giuridico di chiudere l’azienda il primo gennaio. Licenzierò tutti ma continuerò a battermi contro il mondo bancario. Ci sono tavoli di crisi aperti al Ministero dello Sviluppo economico. È importante avere ben chiaro chi sono i criminali e chi sono le vittime».
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Da redazione