Covid19: quali sono i limiti di pignoramento?
La moratoria sui debiti sta per finire, questa volta davvero
Il 1° settembre 2021, infatti, Agenzia delle Entrate Riscossione “scongelerà” le cartelle esattoriali messe in stand by da marzo 2020 (leggi qui), e così ripartiranno le notifiche ai contribuenti indebitati. Contestualmente, la macchina delle procedure esecutive (vale a dire, espropri e pignoramenti) si metterà nuovamente in moto.
Il pignoramento presso terzi è, da sempre, uno dei peggiori incubi di chi ha un debito, in quanto prevede il drenaggio “alla fonte” dell’importo da rimborsare. La trattenuta viene effettuata a monte, il creditore interviene direttamente sull’IBAN dove, ogni mese, atterra il bonifico dello stipendio o della pensione. Non sempre il contribuente viene informato di questa misura con un preavviso congruo, e quindi non ha il tempo per potersi opporre. Anzi, all’improvviso, rischia di ritrovarsi con il conto corrente alleggerito, a volte anche di molto…
Tuttavia l’ordinamento giuridico offre una sorte di paracadute, in quanto ci sono dei limiti prefissati ENTRO CUI deve avvenire il pignoramento. L’intento è quello di tutelare i diritti del creditore, consentendo al debitore di mantenere condizioni di vita dignitose mentre onora il proprio impegno economico (il rimborso dell’importo pendente).
Il pignoramento NON può eccedere il quinto dell’ammontare (al netto) dello stipendio qualora ci sia più di un creditore.
Inoltre, per garantire il cosiddetto minimo vitale (la somma indispensabile per soddisfare le basilari esigenze di vita), la legge stabilisce che l’importo pignorato NON può superare 1/10 del totale se questo è inferiore o uguale a 2.500 euro, 1/7 se lo stipendio è inferiore o uguale a 5.000 euro, e 1/5 per cifre superiori a 7.000 euro.