Crisi finita? Intanto i suicidi continuano
Torino piange
Nelle scorse ore, infatti, si sono tolti la vita due uomini, un artigiano edile di 40 anni e un ex imprenditore di 60. Il minimo comun denominatore, i gravi problemi economici; in entrambi i casi il dolore di familiari e amici è acuito dal riserbo tenuto fino all’ultimo dai diretti interessati. Si intuiva infatti che ci fosse qualcosa che non andava, ma, evidentemente, condividere con le persone più vicine il proprio fardello emotivo risultava impossibile. Il pudore misto al senso di dignità, come pure il timore di essere fonte di delusione per gli altri, portano anche a questo.
Campiglione Fenile, una ditta individuale edile sprofondata nel nulla
Alessandro Davicino aveva 41 anni, una moglie e due bambine, e lavorava come muratore. Prima di togliersi la vita con un colpo di pistola, di proprietà del padre, ha lasciato loro una lettera in cui ha spiegato le radici della sua disperazione. A togliergli il fiato e la voglia di vivere è stato l’abbraccio mortale delle cartelle esattoriali e dei debiti con gli istituti di credito. I sensi di colpa lo avranno tormentato, se ha sentito il bisogno di chiedere scusa per quanto stava per fare.
Sebbene la madre avesse notato un cambiamento umorale da parte dell’uomo, negli ultimi tempi, nessuno sapeva esattamente cosa stesse succedendo. Un dramma nel dramma, considerando che l’arma utilizzata è stata reperita in casa, e quindi con una certa facilità, da Alessandro Davicino. Chi avrebbe potuto immaginare che la passione e il lavoro del padre si sarebbero tramutati in un boomerang?
Lo stillicidio di una caduta libera durata due anni
Il 60enne Gaetano Saviotti era il titolare dell’azienda Nuova Demolizione di Rivoli, operante nel settore automobilistico (smontaggio e riparazione di automezzi). Nei giorni scorsi l’uomo si è tolto la vita lanciandosi giù dal tetto di uno dei capannoni che erano di sua proprietà; dopo il fallimento e l’interruzione dell’attività, era intervenuta un’azienda di Fermo acquistando per circa centomila euro tutta la strumentazione esistente ed in buone condizioni.
Fino al 2016 la Nuova Demolizione godeva di buona salute, basti pensare che aveva dato lavoro a 50 persone. Gaetano Saviotti l’aveva messa in piedi pezzo dopo pezzo, è proprio il caso di dire, e, con caparbietà e passione, era riuscito a tamponare “l’emorragia” occupazionale seguita alla crisi. Al momento del tracollo al suo fianco, infatti, c’erano ancora 30 operai.
Due anni fa il meccanismo si inceppa. L’uomo si ammala ed è costretto ad abbandonare temporaneamente la gestione della Nuova Demolizione, cominciano i problemi finanziari, e a gennaio scorso si verifica un infortunio sul lavoro. Per un perverso effetto domino si sono sommati mesi di affitto non pagati, stipendi saltati e controversie con le banche, e i libri contabili sono approdati in tribunale. L’epilogo è stata la procedura fallimentare.
Nonostante il sostegno concreto di alcuni amici Gaetano Saviotti non riusciva a intravede alcun barlume di speranza. Era finito anche il matrimonio con la donna che gli aveva dato la terza figlia a cui, dicono, era legatissimo. Probabilmente da mesi conviveva con la depressione. “I debiti non erano tali da provocare il tracollo. Se ci fosse stata una volontà in tal senso, si sarebbe potuto scongiurare il fallimento”. Così qualcuno. L’unica certezza, però, è il cumulo di disperazione che la vicenda lascia dietro di sé.
La redazione