Debiti: quando la vendita di un immobile si trasforma in svendita
12.07.2017 12:12
Debiti
In caso di importi non saldati, spesso l’estrema ratio, per il creditore, è rappresentata dal pignoramento dei beni dell’interlocutore. L’asta che ne segue, tuttavia, non costituisce in automatico la soluzione dei problemi delle parti; al contrario, può portare con sé uno strascico fatto di insoddisfazione reciproca, e senso di ingiustizia. La vicenda di Paolo Pescali, architetto e imprenditore operante in Lombardia, ne è la prova lampante.
Il 5 luglio scorso l’uomo ha protestato fuori dal Tribunale di Pavia per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica sul tema delle aste. Laddove, infatti, non si concretizza in tempi rapidi l’interesse di un acquirente, i tentativi di vendita si susseguono, determinando, nel tempo, un sostanziale ribasso del valore dei beni da liquidare.
Nel caso specifico Paolo Pescali ha visto ridurre del 90% circa il valore dei suoi beni, a seguito di sette aste effettuate. “La vendita coincide, a oggi, con un nulla di fatto, in quanto solo la metà circa del ricavato verrà utilizzata per saldare il debito iniziale. La restante verrà utilizzata per coprire le spese relative alle procedure giudiziarie precedenti, che sono andate deserte”. Così l’uomo.
I problemi per l’imprenditore erano iniziati cinque anni fa, con il pignoramento dei beni di proprietà della Sezione Aurea, la sua società immobiliare. Il settore dell’edilizia stava affrontando un periodo buio, e così era stata chiesta agli istituti di credito una proroga dei finanziamenti concessi. Il rifiuto opposto aveva generato un debito di circa 750mila euro, e comportato il “congelamento” di un valore di circa 600mila euro.
Così, è iniziato il “valzer” delle aste. Le prime cinque si sono risolte, praticamente, in un buco nell’acqua, nonostante il drastico abbassamento del prezzo dei beni di Paolo Pescali. Il sesto tentativo di vendita, invece, ha portato alla liquidazione di un lotto per una somma pari circa a 20mila euro. A quel punto i tre rimanenti sono stati rimessi a gara con una base di 80mila euro ma con la possibilità di presentare offerte a partire da 60mila.
L’acquirente si materializza, ma l’incasso è magro: parliamo infatti di un importo equivalente al 14% del valore dei beni.
La protesta portata avanti nei giorni scorsi da Paolo Pescali ha avuto l’intento di far riflettere i cittadini (e soprattutto gli addetti ai lavori) sulla dannosità del meccanismo che comporta l’abbassamento sostanziale e brusco dei prezzi d’asta, a seguito dei tentativi di vendita infruttuosi. Quanti altri casi come il suo dovranno verificarsi, prima che siano apportate misure correttive alla procedura?
“Giù le mani dalla prima casa”. Assolta ex imprenditrice piemontese
Nel frattempo, da Asti arriva una buona notizia per quanto riguarda i cittadini che hanno conti in sospeso con l’Agenzia di Riscossione. Infatti Valentina Maggiora e la madre sono state scagionate dall’accusa di frode mossa loro dal Fisco.
La donna aveva visto lievitare, a partire dal 2007, il suo debito verso Equitalia, finchè la cifra complessiva era arrivata a circa 200mila euro. Valentina Maggiora aveva poi deciso di vendere alla madre l’abitazione di proprietà in cui viveva, ma la transazione aveva messo in allarme l’Agenzia di Riscossione. Questa aveva infatti parlato di “sottrazione fraudolenta in concorso al pagamento di imposte”.
Il giudice ha assolto le donne accogliendo le motivazioni presentate dalla difesa, che ha sottolineato come non possa essere intaccata la prima casa. Contestualmente, ha fatto presente che Equitalia si sarebbe potuta rivalere sui terreni agricoli di proprietà della famiglia, ma presumibilmente questi ultimi sono stati oggetto di una valutazione al ribasso.
La redazione