Diritti al Diritto e la SDL Centrostudi associazioni a delinquere.
11.03.2014 20:44
Marra ai giudici: arrestare Luigi Pelazza, di Le Iene, per la truffa dei conteggi a costi usurai sui mutui e fidi!
Segnalazione ai Giudici di valutare la necessità dell’arresto di Luigi Pelazza e presumibilmente altri di Le Iene e di Diritti al Diritto (nonché di SDL Centrostudi e altre simili associazioni a delinquere), per interrompere la truffa nazionale di centinaia di migliaia di euro al giorno realizzata usando Le iene per carpire illecitamente la fede pubblica allo scopo di convogliare circa 4.000 nuovi clienti al mese verso Diritti al Diritto, e fargli pagare, a prezzi da usura reale (da 1.500 a 1.800 euro o più), ovvero da dieci a molte decine di volte il loro costo, il ricalcolo del saldo dei mutui, fidi ecc.
Presenterò in breve denunzia formale in varie Procure della Repubblica, ma voglio intanto sommessamente far osservare d’urgenza ai giudici (non escludo pendano già altre denunzie) che siamo di fronte ad un caso da manuale di esigenza cautelare, perché, senza la misura degli arresti, vi è, più che il rischio, la certezza della continuazione dell’illecita riscossione, da parte di costoro, delle centinaia di migliaia di euro al giorno frutto della truffa nazionale descritta nel titolo.
Così come, sempre sommessamente, credo che anche l’Ordine dei Giornalisti debba agire, non solo per difendere l’onore della categoria, ma per privare Pelazza di uno dei mezzi che usa per perpetuare gli illeciti: la qualità di giornalista, e di conduttore televisivo, che da essa discende.
Un’inedita truffa (qualifico i delitti in modo generico) basata su un abuso dell’influenza mediatica a cui, quantomeno in questa sede informale, occorre accennare preliminarmente.
Orbene, fu nelle elezioni politiche del 1994 che vidi accadere all’amico Vittorio Sgarbi – suo malgrado – una bizzarria frutto del suo potere mediatico. Potere di cui non ha mai approfittato, rimanendone anzi talora vittima, come accade agli uomini di grande cultura, sincerità e sensibilità.
Bizzarria consistente – non nello spingergli certi uomini le consorti tra le braccia – bensì nell’ostentarlo.
Ciò in virtù di una forma anomala della così detta sindrome di Stoccolma: una pulsione del soggetto dominato ad innamorarsi di chi lo domina per cercare di rabbonirlo o conquistarlo cedendogli.
Mariti cioè preda di un tipo impudico di quella diffusa forma di sindrome di Stoccolma vigente verso i potenti mediatici, per cui, se Vittorio avesse ‘gradito’ le mogli, se ne sarebbero sentiti socialmente accresciuti.
Una forma di asservimento molto diffusa (per fortuna non a questi livelli) perché non ingenua, dal momento che la notorietà mediatica è così vantaggiosa che moltissimi cercano di parteciparne in qualunque modo.
Ho insomma forse impiegato troppe parole per dire cose ben note, ma sono queste le leve usate da Pelazza, sfruttando la sua immagine, per creare e/o divenire fulcro di Diritti al Diritto: un’organizzazione illegale mirante a carpire per fini fraudolenti la fiducia pubblica conquistata atteggiandosi, lui e Le iene, a fustigatori dell’altrui disonestà.
Ed è un emblematico, contorto esempio di sindrome di Stoccolma, il post in cui un ‘assistito’ elogia Diritti al Diritto e sconsiglia la SDL Centrostudi, analoga associazione a delinquere, per avergli, per gli stessi conteggi, la prima fatto pagare (truffato) solo 1.800 euro, contro i 4.500 che voleva truffargli la SDL.
Condotta di Pelazza però aggravata da quell’abuso di Le iene che gli ha consentito di dare alla truffa vastità nazionale (riferisce uno dei suoi che incamerano circa 150 pratiche al giorno da tutta Italia, ovvero, si deve ritenere, un’usura reale di forse mezza dozzina di milioni al mese).
Usura reale perché, ad esempio, nel 2013, ai clienti del mio studio, il ricalcolo del saldo, non dei mutui, bensì dei fidi, che richiede il caricamento di estratti conto a volte molto lunghi, è costato in media 149,12 euro, di cui 119,30 per le dattilografe esterne che caricano i dati, e 29,82 allo studio per la loro elaborazione.
Laddove, per il ricalcolo del saldo dei mutui, che sono la stragrande maggioranza delle pratiche che seguono Diritto al Diritto, la SDL ecc, e per il quale prendono migliaia di euro, il mio studio non ha mai preso niente, perché per i mutui i dati da caricare sono pochi, sicché c’è solo il lavoro di elaborarli da parte di una delle impiegate addette. Lavoro che, tra i mutui che richiedono una mezz’ora (la maggior parte) e i pochi che richiedono anche tre o quattro ore, abbiamo calcolato essere in media di un paio d’ore.
Costi per i fidi che, in dettaglio, sono di 4 centesimi per il caricamento di ogni riga di estratto conto alle dattilografe esterne (i 119,30 euro), più 1 centesimo a riga allo studio per l’impostazione (i 29,82 euro), che richiede circa le stesse due ore medie che richiede quella dei fidi, perché il vero lavoro è quello giuridico.
Impostazione dopo la quale, da quando esistono i programmi, l’elaborazione avviene in un istante secondo tutte le modalità che si vogliono (con o senza anatocismo, commissioni di massimo scoperto ecc), e con in testa e in coda tutte le spiegazioni che si desiderano.
Spiegazioni che questi gentiluomini vendono invece quali ‘pre-consulenze’, ‘consulenze’, ‘perizie econometriche’ e altri termini creati ad arte per confondere le già confuse e disperate vittime delle banche dopo aver loro scaldato il cuore con millantate soluzioni rapide e garantite.
Salvo non si scopra che Diritti al Diritto riesce, con la minaccia di attaccare le banche da Le iene, a far loro più paura di quanto gliene facciamo i miei colleghi ed io con gli argomenti giuridici, magari anche solo per delle transazioni minimali a scapito degli utenti.
Caso in cui noi avvocati, se l’estorsione mediante TV fosse stata ora depenalizzata, potremmo organizzarci chiedendo una deroga anche per quella tramite ‘ndrangheta, che pare sia più organizzata e seria della mafia e della camorra.
Conteggi che ho deciso per ora di offrire gratuitamente anche per i fidi ai miei clienti, perché non sono in grado di farli per tutti, ma in relazione ai quali metterò presto in rete una scheda dove l’interessato possa caricare da sé i dati, per poter così fornire subito e gratuitamente i veri saldi a chiunque li voglia conoscere anche solo per curiosità.
E anticipo, a chi volesse sostenere che a muovermi è solo l’interesse professionale, che è falso, per il semplice fatto che – com’è noto – sono trent’anni che cerco di coinvolgere nei fenomeni giudiziari che creo a fini culturali e politici il maggior numero possibile di avvocati o di operatori, perché so che solo coinvolgendo un gran numero di altri mediante il sollecitare il loro interesse economico posso ottenere che portino avanti le mie tesi, e ciò, peraltro, non ha mai impedito che avessi comunque molti incarichi.
Solo che, senza voler invocare nessuna particolare verginità, perché ho orrore dei moralisti, corre molta differenza tra il coinvolgere gli altri nei processi sociali o giudiziari di massa che cerco di innescare al fine di promuovere quel cambiamento senza il quale quelle tesi non potranno rompere lo spero ormai fievole muro di silenzio che le circonda, e il veder snaturate le mie iniziative da accattoni rivolti, non per guadagnare, ma per rubare, ad appropriarsi con gli illeciti di quello che ho seminato.
Associazione dal nome altisonante, ma dall’incerto significato, Diritti al Diritto, di cui il Pelazza è presidente onorario, e che è «priva di lucro» nel senso che il lucro lo fa riscuotere ai terzi che – è da accertare in ragione di che tipi di accordi o rapporti – ruotano intorno a lui.
Un volgare truffatore questo Pelazza, il quale – nel mentre il grosso dei 300.000 avvocati italiani chiude gli studi – miete milioni al mese, insieme ai suoi associati a delinquere, in un regime di plauso, applausi, elogi e sostegni di personalità, professionisti e professori che si propongono, guitti che incoraggiano e così via.
Un vasto apparato volto a far sì che, sempre grazie alla sindrome di Stoccolma, dulcis in fundo, turbe di cittadini vessati accorrano a porgergli le terga non, com’è costume, per guadagnare un’agra mercede, ma per pagarla.
Frode che è da verificare se coinvolge anche i responsabili e altri di Le iene, visto che il mezzo usato per realizzarla è sotto gli occhi di tutti, giacché consiste nel ruolo di Pelazza nella trasmissione.
Un’associazione che, per confondere, dichiara pomposamente in internet di prefiggersi, oltre all’obiettivo «di assistere, aiutare e risolvere questioni relative all’usura ed all’anatocismo bancario» persino quello di fermare le «violenze sull’ambiente e gli attacchi alla qualità della vita», e fungere addirittura da «osservatorio sulla salute pubblica in modo specifico sugli effetti delle vaccinazioni sulla popolazione», laddove è stata costituita per il solo fine di rubare cifre altissime sui conteggi bancari che servano o no a qualcosa.
Perché le transazioni sono un’eventualità e le cause pure, dato che spesso non ci sono differenze da recuperare o non sono da consigliare, e poi durano anni, sono di esito sempre da vedere e soprattutto, una volta in mano agli avvocati, sono fuori dal loro controllo.
Una masnada di speculatori che cioè le cause devono pur prometterle e farle, ma che più che altro le usano come alibi, perché il vero scopo è arricchirsi subito con i proventi usurari dei conteggi.
Delinquenti perché è vero che secondo l’antica massima «licet mercatoribus sese invicem circumvenire», cioè «è lecito ai mercanti ingannarsi a vicenda» o, interpretando liberamente, «è lecito ai mercanti ingannare gli ingenui».
Esso però, benché molto praticato, è oggi in antitesi a principi giuridici fondamentali, a partire dal cruciale art. 41 della Costituzione, la cui retta applicazione sarebbe bastata da sola addirittura ad impedire quella subordinazione della società all’economia, anziché dell’economia alla società (consumismo), che ci ha rovinati.
Art. 41 che, dopo aver precisato al primo comma che l’iniziativa economica privata è libera, aggiunge però al secondo che: «Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana».
Comma due da cui deriva il tre che recita: «La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali».
Art. 41 che rende manifestamente illecita un’attività che, neanche poi così occultamente, piega la molto opportuna divulgazione nazionale televisiva di soluzioni giudiziarie dei problemi bancari al fine privato di accaparrarsi a tariffe usuraie il mercato dei conteggi.
Cose che non saranno Le iene a poter contestare, visto che hanno fatto la loro fortuna appunto mediante l’esporre al pubblico ludibrio sciagurati – magari, diversamente da loro, spinti dal bisogno – che anch’essi chiedono molto per ciò che vale poco.
Perché l’ordinamento prevede che in ogni ambito le condotte siano circoscritte da una serie di limiti, quali l’obbligo di buona fede, la penalizzazione invalidante degli artifizi, la valutazione dell’eccessiva onerosità, la garanzia della libertà da condizionamenti del contraente, il divieto dell’ingannevolezza, la meritevolezza della tutela, il contrasto rispetto ad interessi della collettività e dei singoli ed altro.
Limiti la cui violazione consente di annullare, dichiarare nulle o perseguire penalmente ogni sorta di pattuizioni o comportamenti comunque miranti a ledere la sostanza di fondamentali principi di giustizia, a maggior ragione quando la violazione venisse attuata con il ricorso a mezzi solo formalisticamente giuridici o morali, o addirittura, come in questo caso, abusando della fiducia pubblica verso una trasmissione accreditata presso l’intera collettività nazionale.
Violazioni che investono anche la deontologia, cioè la probità, lealtà ecc nell’esercizio delle professioni e dei mestieri, obbligatoria ai fini della permanenza negli Albi, Ordini ed elenchi vari.
Perché già usare il proprio ruolo di giornalista per commerci mascherati da battaglie ideologiche è di per sé deontologicamente inammissibile, figurarsi poi quando si tratti di traffici di questo livello di fraudolenza e vastità a scapito di una categoria in sofferenza come gli utenti bancari.
Una situazione in cui non reagire comprometterebbe l’Ordine e farebbe dell’esempio di Pelazza uno stimolo alla truffaldinità delle centinaia, se non migliaia, di organizzazioni analoghe che stanno spuntando come funghi.
Ulteriori organizzazioni truffaldine di cui è leader la predetta SDL che, pur non potendo contare sull’appoggio, almeno fin qui, di programmi televisivi, non ha problemi, potente com’è per i soldi truffati a così tanta gente, ad usare pesanti mezzi pubblicitari per riuscire a carpire ai suoi clienti anche 2.000, 3.000, 4.000 euro, o più, per conteggi che, visto il costo di circa 30 euro per i mutui e 150 per i fidi, sarebbe lecito vendere ad un prezzo doppio, triplo, al limite quadruplo, ma non certo cinquantuplicato o centuplicato.
Truffe sistemiche la cui responsabilità, ho scritto in un documento del 14.1.14: «è anche di alcuni giudici troppi amici dei consulenti tecnici di ufficio. CTU ai quali, dai 3/400 euro che gli liquidavano prima che si creasse, spiace dirlo, il ‘giro’ nato dall’aumento delle cause banche, sono oggi giunti a liquidarne migliaia, nonostante sappiano bene che le CTU sono inutili, e perciò illegittime, perché il ricalcolo dei saldi dei fidi o dei mutui è da molti anni meccanizzato, facile e ripetitivo, sicché non si vede perché preferiscano controllare i conteggi dei CTU anziché quelli delle parti. Come del resto si faceva, e credo si faccia ancora, dal 1975 al 1985, quando ero avvocato della Camera del Lavoro, nelle cause di lavoro, dove i giudici non nominavano mai alcun CTU, ma accertavano loro i conteggi delle parti nonostante, oltre ad essere più difficili e vari, non fossero meccanizzati. Giudici che, tanto lo sanno che quei conteggi non valgono niente, che a noi avvocati, per quelli che alleghiamo alle citazioni, non liquidano nulla, inserendo il loro costo nelle poche centinaia di euro di spese che ci liquidano in seguito alle odierne politiche di ‘austerità’».
Calcoli del vero saldo dei fidi e dei mutui oggi tutti meccanizzati e che sono stati fatti per la prima volta elettronicamente, dal mio studio, nel 2000, mediante il Controllabanche, realizzato da una programmatrice a tutt’oggi mia collaboratrice.
Controllabanche che, fino al 2007, ho reso scaricabile gratuitamente da marra.it, perché poi mi sembrò che continuare potesse alimentare la pochezza e ingenerosità pubblica; visto che l’unica reazione all’essere stato scaricato non so quante decine di migliaia di volte è stata lo sforzo di occultarne la provenienza.
Speculazione sui conteggi poi esplosa in seguito alle mie campagne contro le banche e a quei miei video che Le iene più di altri non hanno perso occasione di irridere, perché anche il programma Le iene, nel mentre Pelazza specula sulle controversie contro le banche, resta, come tutta la televisione, filo-bancario. Tant’è che affronta solo in maniere diversive i veri crimini bancari, a partire dal signoraggio, o al limite ne affida la trattazione a soggetti inidonei.
Iene (nomen omen?) che – come tutti in ambito mediatico – mi ignorano e si guardano anche loro così bene dal dar rilievo alle mie iniziative da sembrare non sappiano nemmeno che esisto, ma che poi, leggendo le intercettazioni del processo di Salerno in relazione alle violenze a Sara Tommasi, ho avuto la sorpresa di constatare che mi conoscono talmente bene e sono così animose contro di me da essere giunte al punto – con l’intento di ledere chissà mai perché la mia reputazione – di impiantare un impianto di registrazione su quel Max Scarpat che venne a Napoli per essere da me intervistato avendo egli affermato di essere presente sul set del primo porno di Tommasi: quello per il quale non pende ancora processo e mi accingo a presentare una nuova denunzia.
Speranza fallita, quella di ledere la mia di reputazione, come si può leggere dalla trascrizione di un’amichevole telefonata tra Filippo Roma – guarda un po’ sempre di Le iene – e quel dispensatore, per fini utilitari, a questo e a quello, di prostitute e cocaina, di Federico De Vincenzo.
Fallita perché mentre De Vincenzo insiste affinché si trovi il modo di accusarmi di avere io corrotto Scarpat per fargli dire quel che ha detto nell’intervista in suo danno, Roma invece gli spiega, spiacente, che non si può perché – pur avendo egli (Roma) trascorso la serata a riascoltare la registrazione per trarne uno scoop (quasi non avesse altro da fare nella vita che sforzarsi di arrecare danni a filosofi, giuristi e scienziati) – aveva dovuto rinunciarvi, perché in essa non c’è alcun mio tentativo di influenzare Scarpat, risultando solo che gli chiedevo di dire il vero.
Fatti che, nel contesto del processo a Salerno a De Vincenzo per delitti in danno di Tommasi, riporterò in una mia autonoma denunzia relativa ad azioni, innanzitutto istituzionali, molto gravi, in mio danno patrimoniale e non. Denunzia in cui chiederò che, tra gli altri, siano sentiti liberamente gli avvocati dell’Avvocatura dello Stato e della Banca d’Italia.
Mia autonoma denunzia in cui indicherò quale teste anche Filippo Roma, perché voglio chiedergli che c’entrano lui e Le iene con De Vincenzo, e poi con me, visto che è così solidale a De Vincenzo nell’essermi ostile. Tanto più che la ‘professione’ intrapresa del suo collega Pelazza, e forse anche da altri di Le iene, rende l’intreccio ancora più complesso, perché li ha posti (secondo loro) in concorrenza con me.
Perché l’accanimento contro Tommasi – gestito dai servizi segreti deviati in nome e per conto di quegli ambienti governativi e bancari che hanno a lungo coperto De Vincenzo garantendogli una sconcertante immunità finita solo quando si è imbattuto nella Procura di Salerno – è frutto dell’intento di screditare sì lei, ma quale testimonial dei miei video, ovvero di colpire me e la mia lotta alle banche.
Fermo restando che né le cause né i conteggi né altro sono o sono mai stati il mio fine, ma solo gli strumenti che ho via via adoperato per raggiungerlo, perché il mio fine è sempre e solo stato la divulgazione, attraverso ogni mezzo lecito, tra cui le cause d’avanguardia di rilevanza politica, dei miei libri, perché in essi è descritta la mia scoperta del modo di formazione del pensiero, ovvero del modo in cui l’individuo, sotto la spinta delle pulsioni fondamentali, elabora il suo sapere e giunge alla comprensione delle cose. Scoperta che ritengo indispensabile per poter cambiare l’umanità e salvarla dall’estinguersi altrimenti in seguito all’involuzione climatica e ambientale.
Concludo augurandomi di veder presto divenire la società un po’ più nobile, perché i tanti Pelazza, tutti peraltro uno più moralista dell’altro, non sono che il ‘normale’ frutto della vigente cultura dell’abiezione.
di Alfonso Luigi Marra