Equitalia pretendeva 500mila euro ma l’indirizzo era sbagliato. Dovrà risarcire 15mila euro
Che succede quando Equitalia sbaglia?
Che succede quando l’Agenzia di Riscossione si mette sulle tracce di un contribuente e persegue ostinatamente il recupero di una cifra salata, pur essendo palesemente nel torto?
Com’è possibile ignorare le sentenze avverse dei tribunali, e andare avanti con la tenacia di uno schiacciasassi? Qualcosa del genere è successo anche a Giuseppe, che ha scoperto di essere “sorvegliato speciale” per un’iscrizione ipotecaria risalente al periodo 2001-2002 quando si è recato in banca a sottoscrivere un contratto di mutuo.
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Equitalia pretendeva da lui circa 500mila euro, ma all’origine di tutto c’erano una serie di errori compiuti dall’Agenzia delle Entrate e da quella di riscossione, così ora dovrà essere rimborsato con un importo pari a 15mila euro.
All’origine di tutto un indirizzo sbagliato…
L’iscrizione ipotecaria era riferita a due cartelle esattoriali che ammontavano complessivamente a 476mila e 441 euro. In realtà gli avvisi di pagamento non erano mai stati recapitati a Giuseppe, in quanto l’indirizzo indicato era sbagliato, e la Commissione Tributaria Provinciale prima (settembre 2008) e quella Regionale poi (aprile 2010) hanno riconosciuto le ragioni dell’uomo.
Nei giorni scorsi la Cassazione ha confermato la tesi sostenuta da CTP e CTR dichiarando che l’iscrizione a ruolo non era fondata su un titolo congruo. Giuseppe aveva chiesto di poter beneficiare della rottamazione e ciononostante l’Agenzia delle Entrate era andata avanti e aveva predisposto lo sgravio solo dopo 5 anni dalla presentazione della domanda e per un importo inferiore a quello iniziale.
Dal canto suo Equitalia aveva contribuito a ingarbugliare ancora di più la situazione, notificando l’iscrizione ipotecaria a un indirizzo diverso da quello fiscale.
Giuseppe si è quindi ritrovato con le mani legate: da un lato la richiesta di sgravio, dall’altra i beni congelati dalla pretesa creditoria avanzata da Equitalia. Inevitabilmente ne è derivata una condizione di angoscia, impotenza e stress per cui era doveroso che i responsabili pagassero. E sarà quello che avverrà, grazie alla sentenza della Cassazione…
La redazione