Illegittima segnalazione in CRIF: rischi di aspettare 20 anni per la cancellazione

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Quante volte, nell’attesa di avere giustizia, si “consuma” un pezzo di vita? E chi deve rispondere di un tale spreco di energie e opportunità? Deve esserselo chiesto molte volte l’imprenditore toscano Paolo Giuntini, costretto ad aspettare quasi 25 anni per vedere riconosciute le sue ragioni. Ma intanto, a 70 anni, si ritrova a mani vuote. Persa l’azienda, la casa, e gli affetti.

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L’inizio della fine per Paolo Giuntini è arrivato ai primi anni Novanta, quando era al timone del mobilificio Bg Expo di Quarrata, che dava lavoro a circa 50 famiglie. La sede scelta per l’azienda era un immobile di proprietà del valore di 6 miliardi di lire, a cui si aggiungeva una villa lussuosa a Forte dei Marmi, e una a Quarrata. 

Nel 1991 i primi segnali che il mercato sta “cambiando pelle”, e che è necessario differenziarsi per non subire i colpi della crisi. L’imprenditore accetta la sfida e decide di lanciare una linea di mobili dalle linee esclusive, ideati da Paolo Gucci, dell’omonima casa di moda fiorentina.

Così Paolo Giuntini ricorda quella delicata fase: «ho girato il mondo per trovare l’idea giusta e alla fine trovai il designer ideale. Era una collezione bellissima, ma per realizzarla servivano modelli, prototipi: un cospicuo investimento che richiedeva lo stop alla produzione tradizionale». 

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A questo punto l’imprenditore bussa alla porta della Cassa di risparmio di Pistoia e Pescia, da cui ottiene un mutuo di 800 milioni di lireagganciatoa titoli di Stato dall’ammontare complessivo di 600 milioni. Due mesi dopo però, l’istituto di credito pretende che Paolo Giuntini rientri, e perciò l’uomo predispone la vendita dei Cct.

Per tutta risposta la banca lo segnala alla Centrale Rischi di Banca d’Italia, compromettendo irrimediabilmente l’esistenza di Paolo Giuntini e della sua impresa. Solo a questo punto i Cct vengono venduti, e l’imprenditore è chiamato a rimborsare 50 milioni di lire residui. Nel frattempo però, ha subito una seconda iscrizione in Crif.

L’uomo si vede strappare via l’impresa, i suoi beni, e l’equilibrio della famiglia si sbriciola rapidamente. E nonostante oggi viva solo grazie alla pensione sociale, continua a lottare. La sentenza di primo grado, che è arrivata dopo quasi 15 anni, ha dato ragione alla banca, ma è stata ribaltata dalla Cassazione. Questa ha infatti riconosciuto le ragioni di Paolo Giuntini.

«Adesso possiamo cantare vittoria, ma non è finita», spiega il legale di Paolo Giuntini. «Torniamo in appello forti di una pronuncia che ci dà ragione. Adesso è il momento di chiedere il risarcimento dei danni e si tratta di una vita intera da quantificare». 

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Da redazione