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Usura bancaria: vertici Findomestic rinviati a giudizio. Attesa sentenza il 9 giugno
05.06.2017 12:44
Acquistare è un’azione connaturata alla stessa quotidianità. Che si tratti di un’auto, di un elettrodomestico o di un immobile, poco importa. In tutti i casi è fondamentale poter contare su una disponibilità economica basilare, per procedere. Così, a volte si rende necessario il ricorso a soggetti terzi eppure, non sempre “l’aiuto esterno” fa dormire sonni tranquilli. Il pericolo, infatti, è quello di incappare in spese gonfiate e tassi d’interesse che lievitano indipendentemente da quanto pattuito in fase iniziale. Molti di noi probabilmente non sono neanche consapevoli di aver sottoscritto un finanziamento che presenta condizioni illecite, ma fortunatamente, laddove qualcuno scopre la “magagna”, si può aprire la strada per la rivincita dei consumatori.
Questo, in breve, quanto potrebbe succedere il 9 giugno a Verona. È attesa infatti per quella data la pronuncia della Procura in merito a una vicenda che ha visto protagonista Findomestic, società del gruppo Bnp Paribas solitamente impegnata nell’erogazione di prestiti standard.
L’amministratore delegato, il direttore generale e il condirettore generale sono stati rinviati a giudizio su richiesta del pm Giovanni Pascucci per aver esercitato usura bancaria in concorso tra loro. Tra le motivazioni elencate, lo sforamento del tasso soglia determinato dal fatto che le clausole contrattuali pattuite contemplassero, “oltre alla mora, una penale dell’8% per mensilità scadute e non pagate”.
La sentenza dovrà chiarire in modo definitivo le responsabilità dei vertici del gruppo, e ciò che rende il caso emblematico è che la denuncia da cui è partito tutto non è stata liquidata e archiviata in tutta fretta, come pure in passato era successo con altri casi di presunta usura bancaria. Chiaramente, se venisse confermato il contenuto del rinvio a giudizio, il danno d’immagine - oltre che economico - per Findomestic potrebbe essere notevole, in quanto, presumibilmente, si scatenerebbe un effetto a catena. Molti cittadini infatti, confortati dal responso, potrebbero chiedere un’analisi della loro posizione.
I beninformati parlano di una condanna praticamente certa della società.
Il caso che ha originato il rinvio a giudizio per usura bancaria parte dieci anni fa, quando a un privato cittadino viene concesso un finanziamento di 25mila euro e una carta revolving con limite di fido a 1.500 euro. Ai primi pagamenti delle rate segue un aumento spropositato delle richieste economiche da parte di Findomestic, motivate, sembrerebbe da un lieve ritardo.
La situazione culmina nel 2009, quando viene preteso un rientro (immediato) di circa 27mila euro, a cui l’interessato non riesce a opporre, in modo altrettanto tempestivo, una verifica dei propri conti. A questa tuttavia approda nel 2015, sulla scorta di un probabile pignoramento. Emerge così l’applicazione di interessi del 17,384% - a fronte di un tasso soglia del 15,7% nel trimestre in cui il contratto è stato stipulato – e di un’indennità per i ritardi nei pagamenti che avrebbe raggiunto il 93,77% su base annua.
Per quanto riguarda la carta di credito revolving, i tassi applicati sarebbero arrivati addirittura a sfiorare il 35%, arrivando al 121,65% su base annua anche per la capitalizzazione degli interessi.
Findomestic si è espressa pubblicamente sulla vicenda inviando una nota al Fatto Quotidiano, in cui dichiara di attendere il verdetto del Tribunale di Verona forte della consapevolezza di aver agito nel rispetto delle normative esistenti. A detta della società, inoltre, i metodi di calcolo utilizzati dal Pubblico Ministero sarebbero stati diversi da quelli esplicitamente previsti da Banca d’Italia, e in precedenza il giudice civile avrebbe accertato l’inadempienza del cliente. Acquistare è un’azione connaturata alla stessa quotidianità. Che si tratti di un’auto, di un elettrodomestico o di un immobile, poco importa. In tutti i casi è fondamentale poter contare su una disponibilità economica basilare, per procedere. Così, a volte si rende necessario il ricorso a soggetti terzi eppure, non sempre “l’aiuto esterno” fa dormire sonni tranquilli. Il pericolo, infatti, è quello di incappare in spese gonfiate e tassi d’interesse che lievitano indipendentemente da quanto pattuito in fase iniziale. Molti di noi probabilmente non sono neanche consapevoli di aver sottoscritto un finanziamento che presenta condizioni illecite, ma fortunatamente, laddove qualcuno scopre la “magagna”, si può aprire la strada per la rivincita dei consumatori.
Usura bancaria
Acquistare è un’azione connaturata alla stessa quotidianità. Che si tratti di un’auto, di un elettrodomestico o di un immobile, poco importa. In tutti i casi è fondamentale poter contare su una disponibilità economica basilare, per procedere. Così, a volte si rende necessario il ricorso a soggetti terzi eppure, non sempre “l’aiuto esterno” fa dormire sonni tranquilli.
Il pericolo, infatti, è quello di incappare in spese gonfiate e tassi d’interesse che lievitano indipendentemente da quanto pattuito in fase iniziale. Molti di noi probabilmente non sono neanche consapevoli di aver sottoscritto un finanziamento che presenta condizioni illecite, ma fortunatamente, laddove qualcuno scopre la “magagna”, si può aprire la strada per la rivincita dei consumatori.
Vertici Findomestic rinviati a giudizio
Questo, in breve, quanto potrebbe succedere il 9 giugno a Verona. È attesa infatti per quella data la pronuncia della Procura in merito a una vicenda che ha visto protagonista Findomestic, società del gruppo Bnp Paribas solitamente impegnata nell’erogazione di prestiti standard.
L’amministratore delegato, il direttore generale e il condirettore generale sono stati rinviati a giudizio su richiesta del pm Giovanni Pascucci per aver esercitato usura bancaria in concorso tra loro. Tra le motivazioni elencate, lo sforamento del tasso soglia determinato dal fatto che le clausole contrattuali pattuite contemplassero, “oltre alla mora, una penale dell’8% per mensilità scadute e non pagate”.
La sentenza dovrà chiarire in modo definitivo le responsabilità dei vertici del gruppo, e ciò che rende il caso emblematico è che la denuncia da cui è partito tutto non è stata liquidata e archiviata in tutta fretta, come pure in passato era successo con altri casi di presunta usura bancaria. Chiaramente, se venisse confermato il contenuto del rinvio a giudizio, il danno d’immagine - oltre che economico - per Findomestic potrebbe essere notevole, in quanto, presumibilmente, si scatenerebbe un effetto a catena. Molti cittadini infatti, confortati dal responso, potrebbero chiedere un’analisi della loro posizione.
I beninformati parlano di una condanna praticamente certa della società.
Il caso che ha originato il rinvio a giudizio per usura bancaria parte dieci anni fa, quando a un privato cittadino viene concesso un finanziamento di 25mila euro e una carta revolving con limite di fido a 1.500 euro. Ai primi pagamenti delle rate segue un aumento spropositato delle richieste economiche da parte di Findomestic, motivate, sembrerebbe da un lieve ritardo.
La situazione culmina nel 2009, quando viene preteso un rientro (immediato) di circa 27mila euro, a cui l’interessato non riesce a opporre, in modo altrettanto tempestivo, una verifica dei propri conti. A questa tuttavia approda nel 2015, sulla scorta di un probabile pignoramento. Emerge così l’applicazione di interessi del 17,384% - a fronte di un tasso soglia del 15,7% nel trimestre in cui il contratto è stato stipulato – e di un’indennità per i ritardi nei pagamenti che avrebbe raggiunto il 93,77% su base annua.
Per quanto riguarda la carta di credito revolving, i tassi applicati sarebbero arrivati addirittura a sfiorare il 35%, arrivando al 121,65% su base annua anche per la capitalizzazione degli interessi.
Findomestic si è espressa pubblicamente sulla vicenda inviando una nota al Fatto Quotidiano, in cui dichiara di attendere il verdetto del Tribunale di Verona forte della consapevolezza di aver agito nel rispetto delle normative esistenti. A detta della società, inoltre, i metodi di calcolo utilizzati dal Pubblico Ministero sarebbero stati diversi da quelli esplicitamente previsti da Banca d’Italia, e in precedenza il giudice civile avrebbe accertato l’inadempienza del cliente.