I crediti del Fisco? Solo una minima parte è esigibile

I politici lo sanno

Snocciolare cifre da capogiro è quasi sempre il modo migliore per stordire l’opinione pubblica, schivarne le critiche e incutere una sorta di timore reverenziale che prepara il terreno a un facile consenso. Non è un caso, quindi, che il governo Cinque Stelle – Lega, parlando di pace fiscale, abbia esibito con disinvoltura consumata gli 800 miliardi di crediti da incassare.

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Quando i numeri sono un scatola vuota

Al di là dell’ottimismo a buon mercato, da più parti sono già stati sollevati dubbi circa l’effettiva possibilità di rastrellare un importo di tale entità. L’ultima in ordine di tempo ad affrontare l’argomento è stata l’associazione Federcontribuenti.

“Appena il 15% degli 800 miliardi stimati è rappresentato da cartelle esattoriali realmente esigibili. La restante parte riguarda debiti ormai prescritti, e persone decedute o materialmente impossibilitate a pagare”.

A tale dato si somma lo sconfortante bilancio della definizione agevolata: finora infatti sono stati incassati 9 miliardi in meno del previsto.

Le criticità della giustizia tributaria

Federcontribuenti mette poi in un luce un problema strutturale, e cioè l’abuso dello strumento del ricorso. A oggi ce ne sono più di 11mila pendenti davanti alla Corte di Cassazione. Più volte però, in passato, gli Ermellini hanno spinto nella direzione di una riforma, e dello snellimento delle controversie in materia fiscale.

Come se non bastasse il 60% dei ricorsi presentati alle commissioni tributarie riguarda debiti ormai prescritti. Per i contribuenti, quindi, al danno si somma la beffa: la cartella, seppur decaduta, rischia infatti di tramutarsi in boomerang e comportare il pignoramento dello stipendio, della pensione, o addirittura della casa.

Dopo quanto si prescrivono i debiti?

Molteplici, in anni recenti, le sentenze in merito. A ottobre del 2017 è arrivata quella della Commissione Tributaria Regionale della Toscana (n.2224/17). Questa ha specificato che la pendenza decade dopo cinque anni, se si è “cristallizzata” unicamente attraverso cartella esattoriale, e dunque non sono intervenute pronunce da parte della giustizia fiscale.

La sentenza n.23397/2016 delle Sezioni Unite della Cassazione ha stabilito che, anche se il contribuente non fa ricorso contro la cartella nei tempi previsti dalla legge, la prescrizione permane quinquennale. Tale termine riguarda i tributi locali, le multe, i contributi INPS, l’IRPEF, l’IVA e l’Imposta di Registro. Un principio, questo, ribadito dall’ordinanza n.27390/2017, e dalla 930 e dalla 1997 del 2018.

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