Il Covid-19 spazza via le certezze, ma non le cartelle esattoriali
Il concetto di giusta causa “è vago come stelle dell’Orsa”
Questa parafrasi del verso di una canzone indie riassume efficacemente l’inafferrabilità di un’espressione che, a livello intuitivo, tutti possiamo comprendere e descrivere. Giuridicamente, però, è un’altra storia, perché, se un principio non viene messo nero su bianco, non esiste. Sfumature, “fughe” di significato e libere interpretazioni non sono ammesse, quando si parla di legge…e quindi entra in gioco il binomio responsabilità-soldi.
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Considerazioni del genere valgono doppiamente in queste settimane dilaniate dal Covid-19 e dal dispiegarsi (ancora) parziale dei suoi effetti e conseguenze, sanitarie, psicologiche, sociali ed economiche.
Per contrastare il rischio di contagio, milioni di italiani hanno dovuto smettere di lavorare, subendo la riduzione o sospensione dello stipendio, se non proprio la perdita dell’impiego. Nel frattempo però hanno cominciato ad accumularsi spese, e scadenze. Non solo delle utenze, ma anche di eventuali rate, relative a finanziamenti, tributi, e debiti. Nelle scorse settimane i termini di pagamento di queste ultime due voci sono stati rimandati al periodo compreso tra fine maggio ed inizio giugno. Purtroppo però c’è poco da stare allegri, perché si è trattato di un’operazione che ha solo nascosto la polvere sotto al tappeto. E quando riemergerà, lo farà aumentata: il differimento del pagamento, infatti equivale al ricarico del dovuto attraverso interessi di mora.
Una situazione paradossale e sconcertante, se pensiamo che l’articolo 91 del Decreto Cura Italia equipara l’epidemia in atto ad una causa di forza maggiore, ovvero ad una situazione che, teoricamente, dovrebbe elidere la responsabilità/inadempienza del debitore. Ma, nel concreto, il principio sembrerebbe potersi applicare solo ai rapporti giuridici tra soggetti privati. Difficile ravvisare una spiegazione logica a tutto questo…