Imprenditore costretto a chiudere per usura bancaria
23.06.2014 13:04
Il Sig. Riccardo Santini ha lavorato nel tessile per oltre mezzo secolo e ora, a 70 anni, dopo essere stato anche vicepresidente del Prato calcio, è stato costretto a imbarcarsi in una guerra contro le banche. È lui stesso a raccontare quello che gli è successo.
«La mia azienda, prima in via Riva e poi in via Strozzi - spiega Santini - è arrivata ad avere anche più di 50 dipendenti. Dal 2009, in piena crisi, è calato il fatturato e abbiamo rimesso in ordine i conti.
Come tutti, compravo pagando a 30/60 giorni e riscuotevo a 120. Come tutti ho sempre fatto ricorso al credito per tenere in equilibrio l’azienda. Nel luglio 2011 ho chiesto un finanziamento a un’importante banca cittadina per 500mila euro, con la garanzia di FidiToscana e un immobile del valore di oltre un milione, ma l’hanno tirata per le lunghe e sono stato costretto a mettere l’azienda in liquidazione».
L’avvocato dell'imprenditore ha citato in giudizio la banca, chiedendo danni per un milione e 400mila euro. Nell’esposto si ricorda che gli incaricati della banca si sono fatti vivi solo nel novembre 2011 e poi a parole avrebbero detto che era tutto a posto, ma nei fatti il finanziamento non è stato concesso. Nel frattempo è aumentato il debito verso i fornitori e Riccardo Santini è stato costrett a mettere la filatura in liquidazione (per poi chiedere il concordato nel marzo di quest’anno). L’imprenditore non si lamenta tanto del fatto che la banca non abbia concesso il credito, ma che non abbia parlato chiaro, nonostante le sue ripetute insistenze, facendo passare il tempo e di fatto rendendo impossibile un piano B.
La vicenda si innesta in una più complessiva guerra alle banche di Santini, che tramite l’avvocato Nicola Stiaffini di Livorno dice di aver fatto controllare i conti bancari con cinque istituti al momento della chiusura e di aver scoperto che gli erano stati applicati tassi superiori a quello di usura.
Solo negli ultimi 5/6 anni è stato costretto a versare qualcosa come 200mila euro di interessi e spese non dovute. Le diagnosi certificate lo hanno confermato. Per questo sono partite azioni legali con le banche, due delle quali hanno transato, mentre le altre tre non hanno intenzione di farlo.
Invece di correre ai ripari l'imprenditore è costretto a tornare in Tribunale per recuperare quanto gli è dovuto!