La banca ti costringe a subire anatocismo? Rivolgiti alle associazioni dei consumatori
In linea teorica sono tutti d’accordo: la capitalizzazione degli interessi è una pratica illecita e odiosa. Nei fatti però, combatterlo sembra una sorta di missione impossibile.
Lo scorso anno il D.L. 18 è intervenuto a modificare la disciplina del settore; nello specifico, l’articolo 17-bis ha apportato delle variazioni all’articolo 120 del TUB. Questo ha stabilito che, dal primo ottobre scorso, interessi attivi e passivi debbano essere calcolati annualmente al 31 dicembre e non più ogni tre mesi, ciò per evitare la capitalizzazione infrannuale; le somme maturate diventano esigibili a partire dal 1 marzo successivo.
Come avevamo già spiegato, una parte del nuovo testo ha visto sollevarsi dubbi e perplessità da parte degli addetti ai lavori. Infatti, d’ora in poi spetta al correntista decidere se saldare gli interessi tramite addebito diretto sul conto corrente, accettando che questi diventino sorte capitale (e che quindi producano ulteriori interessi) oppure pagarli individualmente, presumibilmente in contanti o tramite bonifico bancario.
Ogni servizio ha un prezzo da pagare…
Il nuovo dettato comincia a produrre i primi effetti. A darne notizia, in questi giorni, è stata SpazioConsumatori.tv, testata giornalistica che fa riferimento all’associazione Codici, Centro per i diritti del cittadino. Gli utenti hanno infatti segnalato che, accedendo alla sezione home banking di BNL, è necessario autorizzare l’addebito sul conto degli interessi per lo scoperto per effettuare qualunque operazione.
“Il cittadino deve poter scegliere se accettare o meno quanto stabilito dal decreto del 2016, senza che questo limiti il suo accesso ai servizi offerti”. Così Codici, che ha deciso di segnalare il caso all’AGCM, riservandosi la possibilità di intraprendere un’azione inibitoria nei confronti di BNL.
Cosenza: una sentenza che riconosce i diritti dei consumatori
Nel frattempo, dal sud arriva una pronuncia che potrebbe costituire un importante precedente per gli utenti. L’elemento di novità introdotto riguarda la possibilità, in caso di illeciti bancari accertati, di chiedere e ottenere un risarcimento anche in presenza di conti correnti aperti. Risaliva al 2010 una sentenza delle Sezioni Unite che andava in direzione opposta.
All’origine della recente pronuncia, una vicenda cominciata nel 2001, quando un imprenditore tortorese si era visto chiudere improvvisamente le linee del credito. Contestualmente, Carime gli aveva addebitato un importo di circa 60 milioni di lire. L’uomo aveva contestato la somma dimostrando di essere stato vittima di illeciti bancari e di aver diritto addirittura a un rimborso.
La prima sentenza a favore dell’imprenditore era arrivata nel 2004, ma nel 2011 l’istituto di credito si era limitato al pagamento delle spese legali. Ora è stato riconosciuto l’obbligo di versargli ulteriori 17mila euro, ma nel frattempo è stato necessario procedere a un pignoramento.