Le polizze assicurative erano occulte e inutili. Tribunale dice no a vendita dell’immobile
Vi ricordate i terribili pasti in albergo durante le gite scolastiche?
Talvolta lo staff della cucina ricorreva al trucco della pasta al sugo per smaltire le più svariate rimanenze di cibo. La data di scadenza finiva così per essere un dettaglio trascurabile, e chi, ingenuamente, trangugiava quello che gli veniva messo nel piatto, rischiava vere e proprie maratone in bagno.
I mutui rappresentano spesso qualcosa di simile a quei famigerati intrugli, e, se gli ignari clienti non realizzano in tempo di essere finiti in trappola, pagano conseguenze ben più gravi della semplice intossicazione alimentare.
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Nel caso specifico, l’affilata tagliola è costituita dalle polizze assicurative che, suo malgrado, il cliente della banca viene costretto a sottoscrivere per ottenere il finanziamento.
Fortunatamente però, laddove i tribunali verifichino lo scorretto comportamento dell’istituto, il mutuatario può vedere tutelati i propri diritti. È successo nei giorni scorsi a Lecce, dove il giudice della Sezione Commerciale ha bloccato la vendita giudiziaria dell’immobile di residenza acquistato da una coppia.
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Circa dieci anni fa i due avevano chiesto e ottenuto un finanziamento di 150mila euro per l’acquisto della prima casa da una delle principali banche italiane. Fino al 2015 le scadenze di pagamento sono state rispettate, ma la situazione è precipitata dopo che il marito ha perso il lavoro.
Saldare le rate è diventata un’impresa, e l’istituto di credito ha proceduto al pignoramento dell’immobile. Dal canto suo la coppia ha contattato Adusbef (Associazione Difesa Utenti Servizi Bancari e Finanziari) e ricevuto assistenza legale da Massimo Todisco.
A seguito di controlli, l’organizzazione ha constatato che alla coppia erano state imposte, a sua insaputa, due polizze assicurative dall’importo complessivo di circa 9mila euro. Una cifra, questa, che di fatto era stata decurtata dalla somma inizialmente accordata.
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I tassi d’interessi applicati, peraltro, si erano rivelati più alti di quelli pattuiti.
Come se non bastasse, la polizza più “pesante” era stata, sostanzialmente, inutile, in quanto connessa all’eventualità di perdere il posto di lavoro a tempo indeterminato in qualità di dipendente. Il mutuatario, invece, era un rappresentante inquadrato come libero professionista.
L’oculatezza del giudice del tribunale di Lecce ha reso quindi possibile scongiurare l’asta giudiziaria, e le sue disastrose conseguenze.