Messa in mobilità, la banca usuraria pretende anche il suo Tfr
20.01.2015 09:41
Essere vittima di usura, e vedersi negare anche i propri diritti di lavoratrice. Un incubo nell’incubo, insomma. E’ successo ad Adriana Curatola, dipendente in mobilità dell’azienda Tecno Spa di Gualtieri (Reggio Emilia), a cui nei giorni scorsi è stata recapitata una raccomandata da Barclays. Senza troppi giri di parole, la banca ha infatti dichiarato il suo diritto a incassare il trattamento di fine rapporto della donna, fino al rimborso completo del credito vantato nei suoi confronti.
«I conti non tornano»
Adriana Curatola ha lavorato per anni alle dipendenze della ditta emiliana, fino a quando è stata messa in mobilità «a causa del perdurare della negativa situazione di mercato». Intanto però, aveva iniziato a rimborsare il prestito ricevuto da Barclays, nonostante questo non fosse propriamente a norma di legge. Al contrario, spiega Wally Bonvicini, (presidente e fondatrice di Federitalia) questo era stato stipulato a «condizioni vessatorie e usurarie».
Molte le anomalie riscontrate. «Intanto la somma finanziata dalla banca era di 32.000 euro, ma ne sono stati erogati solo 21.000 perché il resto era per le spese. Ad oggi, poi, Angela Curatola ha restituito 19.851 euro di capitale e 5.981 di interessi. Nonostante la signora abbia già restituito 25.000, però, Barclays afferma che dovrà darne altri 17.000. Non ci vuole un esperto in matematica finanziaria per capire che questi calcoli sono da usurai».
Così, l’istituto di credito è stato denunciato per usura e tentata estorsione, ed al’azienda è stato chiesto di non cedere a questo il Tfr della donna. Peraltro, se lo facesse, sarebbe responsabile per gli stessi capi d’imputazione.
«Nei mesi scorsi denunciata un’altra importante banca per gli stessi reati»
A ottobre scorso Angela Curatola e il marito avevano rischiato di vedersi pignorare la casa dopo aver interrotto il rimborso di un mutuo acceso con un altro istituto. Anche in quel caso i tassi praticati si erano rivelati illegittimi.
«Ricordandosi quell’esperienza –prosegue Wally Bonvicini – è corsa subito da noi e, dopo averci esposto il suo problema, è uscita di qui molto serena. Il suo pensiero, tuttavia, è andato a tutti quelli che non sanno che esistono strumenti per opporsi alle banche. Spero che in tanti leggano la sua storia e che il passaparola possa aiutare chi, come Adriana e suo marito, è vessato ingiustamente dalle banche».