Pignoramento presso terzi: l’iter da seguire
Come può tutelarsi il creditore, se i soldi presenti sul conto del debitore non sono sufficienti a risarcirlo?
È possibile procedere anche al pignoramento di una parte dello stipendio o della pensione. A stabilirlo, con una recente ordinanza che si muove in direzione diversa rispetto all’orientamento pre-esistente, è stato il Tribunale di Roma. Questo ha infatti spiegato che, se la quota incamerata dal creditore non basta a coprire la pendenza originaria, si può intervenire anche su altri fonti finanziarie del debitore.
L’ordinanza è scaturita da un caso caratterizzato dall’iniziale pignoramento di 200 euro dallo stipendio. Il Tribunale aveva sottolineato che in tal modo sarebbe dovuto trascorrere fin troppo tempo prima che il creditore si vedesse rimborsare i 30mila euro erogati. Così ha autorizzato un contestuale prelievo anche dal conto corrente del debitore.
Pignoramento dello stipendio: le regole da seguire
Il creditore può aggredirlo a patto di non superare la soglia relativa al minimo vitale, il cui ammontare varia annualmente in rapporto all’assegno sociale, nel caso in cui il prelievo segue l’accredito in banca.
Qualora invece il pignoramento sia effettuato “alla fonte”, i limiti cui attenersi restano invariati di mese in mese. Nello specifico, il tetto massimo è di 1/5 del totale, da calcolare non sul lordo ma sul netto, se questo supera 5mila euro. La quota scende invece a 1/10 dello stipendio, se questo è inferiore a 2.500 euro, e 1/7 entro 5mila euro.
Tale pratica prende il nome di pignoramento presso terzi, ed è disciplinata dall’articolo 543 del Codice Civile.
Leggi anche
Pignoramento: non è a rischio soltanto lo stipendio
La redazione