Prestiamoci, social lending…ma non troppo
Tante speranze (e interesse) sta suscitando il social lending
Non sempre però, la realtà è all’altezza delle aspettative, come vi avevamo anticipato qui. Abbiamo perciò raccolto la testimonianza di Michele Novelli (CEO Prestiamoci) per rispondere ai dubbi che ci hanno espresso molti dei nostri lettori.
«Prestiamoci è nato alcuni anni fa, ma di fatto è rimasto in sordina fino a novembre scorso, quando io e altri soci abbiamo rilevato il progetto rilanciandolo. Quello che è cambiato radicalmente è il concetto di social, che inizialmente era condiviso e accettato solo dai prestatori», spiega Novelli. «In passato hanno ottenuto finanziamenti anche persone che in banca non li avrebbero ricevuti; alcuni poi non li hanno poi restituiti, perciò è stato necessario selezionare in modo più accurato».
Quindi, per non scontentare i prestatori la scrematura è diventata più selettiva e stringente. Il principio di fondo è quello per cui far parte di una community, come in questo caso, offre dei vantaggi … ma bisogna guadagnarseli rispettando standard piuttosto elevati.
Ad oggi, i progetti ritenuti idonei e finanziati sono circa il 10% del totale. «Stiamo lavorando per ampliare il nostro target, inglobando un numero crescente di potenziali richiedenti affidabili». Già, perché, per essere accolti nella community, appartenere alla categoria dei buoni pagatori è condizione necessaria (ma non sufficiente).
«Accade sempre più spesso che persone entrate in Prestiamoci come richiedenti, dopo aver rimborsato il proprio debito, cambino ruolo, diventando prestatori su altri progetti. E’ questo, insomma, il vero aspetto social del nostro network. Senza contare che, chiaramente, aumentando i prestatori, scendono anche i tassi».
Attualmente il TAEG medio d’ingresso è comunque già molto competitivo: si parte infatti dal 6,32% per i richiedenti più virtuosi, per arrivare all’8% della seconda fascia, a fronte dell’11-12% applicato dalle banche.
Insomma, per i fortunati che rientrano tra i buoni pagatori i vantaggi non mancano (tassi relativamente contenuti, rapidità del processo on line, possibilità di risparmio).
Tuttavia un aspetto lascia perplessi: può definirsi effettivamente social un meccanismo selettivo al punto tale da lasciar fuori, inevitabilmente, una parte consistente della collettività?
Leggi anche
Prestiti personali, basta banche. Arriva il social lending!
Da redazione