Quando il giudice decide di vendere i tuoi immobili
Un debito “sedimentato” è spesso il primo passo verso l’asta
Questa procedura è la necessaria risposta alle esigenze del creditore, ma non equivale automaticamente all’estinzione della pendenza. Può anzi rivelarsi mero palliativo per entrambe le parti, se non addirittura crudele beffa per il più debole. Proviamo a capire perché.
Cos’è l’asta immobiliare?
Questa rappresenta l’atto del giudice esecutivo finalizzato a congelare il godimento da parte del debitore dei beni immobili di proprietà. La procedura si concretizza con la vendita a chi presenta la migliore offerta.
L’asta può essere con incanto o senza incanto. Nel primo caso gli aspiranti acquirenti si candidano tramite offerta in busta chiusa, il cui ammontare non deve essere inferiore del 10% a quello proposto da chi vende.
L’asta con incanto viene indetta, invece, se quella senza incanto si conclude con un nulla di fatto.
Fissata la data della vendita giudiziaria viene indicata la “finestra temporale” (solitamente tra 90 e 120 giorni) entro cui devono essere inoltrate le offerte d’acquisto.
E se l’asta giudiziaria si rivela un buco nell’acqua?
La rivista Panorama ha recentemente pubblicato un articolo che rileva gli scoraggianti effetti della legge 132/2015, originariamente finalizzata ad accelerare lo svolgimento delle aste ed esemplificare il recupero delle somme dovute alle banche. I dati di settore, infatti, indicherebbero che, a seguito della riforma, il prezzo di vendita di un immobile sarebbe sceso da 55mila a 35mila euro.
Il quadro è stato ulteriormente complicato dalla legge n.119 del 30 giugno 2016 che ha fissato un numero massimo di tentativi di vendita in riferimento ai beni mobiliari: nessun “tetto”, invece per case, appartamenti e palazzi. Per questi ultimi la novità più rilevante è rappresentata dal fatto che il giudice può modificare condizioni di vendita e forme di pubblicità abbassando fino al limite di un quarto il prezzo base e, seguito di tre aste deserte, fino al 50%.