Quando l’asta giudiziaria è una roulette russa
Nessuna certezza per chi ha un debito
Poco importa che questo sia stato contratto per conclamati problemi lavorativi o spese sanitarie impreviste e improrogabili. Il minimo comun denominatore è rappresentato dal fatto che neppure possedere una casa, spesso frutto di sacrifici pluriennali, garantisce una copertura economica adeguata, una sorta di paracadute in grado di attutire il contraccolpo.
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Quando il debitore imbocca il “tunnel” delle aste giudiziarie, il finale risulta, sostanzialmente, già scritto. L’epilogo, nella stragrande maggioranza dei casi, è all’insegna della speculazione da parte dei potenziali acquirenti, e culmina con la svendita dell’immobile.
Il deprezzamento a cui questo viene sottoposto raggiunge percentuali da capogiro, a cui si arriva un passo per volta. Ogni asta conclusa con un nulla di fatto costituisce, in pratica, un ulteriore gradino verso l’inferno.
L’ex imprenditore 75enne Antonio Marocco, nei giorni scorsi, ha visto liquidare la sua casa di Parona (Pavia) per circa 30mila euro. Una cifra, questa, che equivale a un decimo del valore di mercato, inizialmente stimato in 320mila euro dal perito del tribunale e successivamente ridotto a 260mila euro per effetto di sostanziose detrazioni.
Quando l’asta è una goccia nel mare
Ad aggravare una situazione già drammatica, considerando che nell’immobile venduto oltre ad Antonio Marocco e alla moglie vivevano anche figlia e nipotini, si è aggiunto il fatto che i 30mila euro non basteranno comunque a pagare i creditori. Così, quasi certamente l’ex imprenditore sarà costretto a contrarre ulteriori debiti, finendo impegolato in un circolo vizioso.
A gettare un’ombra sull’intera vicenda, peraltro, c’è l’indagine per corruzione a carico del tribunale intrapresa dalla Procura di Brescia.
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Come può un debito di 10mila euro diventare una bomba a orologeria?
All’origine della paradossale vicenda, un mutuo di 200 milioni di lire acceso da Antonio Marocco nel 1994 per ristrutturare l’immobile. L’uomo onora con puntualità tutte le scadenze, fino a quando la sua azienda fallisce. Così, nel settembre 2009 si ritrova con un debito di circa 10mila euro (pari all’11% dell’importo finanziato).
A distanza di neanche un anno, per una sorta di crudele effetto domino, la pendenza è lievitata, sfiorando i 50mila euro. La banca mutuante cede il suo credito, definito non performing loan (ovvero, che non genera reddito), a un altro istituto, e questo a sua volta adotta la tecnica dello scaricabarile, finché si arriva al quinto passaggio.
L’ultima banca coinvolge nella controversia il tribunale, per ottenere il saldo del credito tramite la vendita della casa.
“Perché il giudice non ha bloccato questo gioco al massacro?”
L’iter connesso alle aste si è rivelato uno stillicidio, come fa notare Antonio Romano, legale di Antonio Marocco. La riforma del processo civile prevede che dopo tre tentativi di vendita conclusi con un nulla di fatto, al quarto sia consentito procedere tramite prezzo libero; qualora poi nessuno si dimostri interessato, il pignoramento decade.
In questo caso, inspiegabilmente, si è arrivati all’ottava asta, e il giudice non solo ha rigettato la richiesta di sospensione, ma ha anche valutato proporzionato un prezzo base di circa 25mila euro.
“Anche per difendere i propri diritti servono soldi”
Così, rileva Antonio Romano, si stanno raccogliendo fondi per sostenere l’ex imprenditore. Nei prossimi giorni l’anomalo epilogo della procedura sarà infatti oggetto di un esposto indirizzato al Consiglio Superiore della Magistratura e al Tribunale di Brescia. Contestualmente, si ipotizza un’azione contro la banca per il reato di usura.
Si riuscirà a suscitare l’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica su un tema scottante e particolarmente sentito nella provincia lombarda quale quello delle aste? Si stima che a Pavia, nei primi quattro mesi del 2018, gli immobili oggetto di vendita giudiziaria saranno circa 1.400.
La redazione
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