Quando scatta il pignoramento della pensione
Può un debito verso la banca trasformarsi in un ergastolo?
La risposta, per quanto crudele, è sì. E il rischio è in agguato anche quando il correntista crede di aver rimborsato l’istituto integralmente, e poter dare inizio a una nuova fase della sua vita. L’ultima testimonianza in tal senso è arrivata attraverso la email di Lucio, un nostro lettore. Questo il suo sfogo:
Negli anni Novanta sono stato cliente di un importante gruppo bancario, sia in veste di privato che di amministratore di una società a responsabilità limitata. Dopo che questa è fallita è stato congelato anche il mio conto personale, e per chiudere i conti ho anche venduto numerosi beni di proprietà mia e di mia moglie. A quel punto ero convinto che tutto fosse finito, e che potessimo finalmente tornare a dormire sonni tranquilli.
I fatti, purtroppo, hanno dimostrato una verità diversa.
Tre mesi fa viene notificato un atto di precetto a mia moglie; l’importo preteso circa 45mila euro. Oggi, dopo più di 25 anni dalla conclusione dei miei rapporti con la banca, lei deve subire il pignoramento del quinto della pensione.
Com’è possibile che si siano fatti vivi solo adesso? E soprattutto, cosa implicherà in concreto tale provvedimento?
Il pignoramento della pensione rientra nei cosiddetti espropri presso terzi, in quanto la fonte di reddito del debitore viene aggredita dal creditore quando è ancora nella disponibilità dell’ente previdenziale erogante, o dopo che è stato depositato sul conto corrente.
Questo provvedimento è regolamentato dall’articolo 543 del Codice di Procedura Civile
La pensione non può essere pignorata integralmente. Il diritto del creditore a essere rimborsato deve infatti essere conciliato con la tutela del pensionato. A quest’ultimo va garantito il cosiddetto minimo vitale, e cioè l’importo necessario alle spese mensili di prima necessità, calcolate in misura equivalente all’assegno sociale aumentato della metà.
L’eventuale differenza tra l’ammontare iniziale della pensione e il minimo vitale può essere aggredita entro il limite di un quinto.
Per il 2019 l’assegno sociale dell’INPS ammonta a 458, perciò il minimo vitale corrisponde a 687 euro.
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La redazione