REATO DI USURA: L’INCERTEZZA NORMATIVA ESCLUDE LA COLPA DEI DIRETTORI DI FILIALE

Non costituisce reato ex art.644 cp la condotta dei direttori di filiale degli istituti di credito che abbiano concesso finanziamenti a tassi rivelatisi usurari, ma determinati in misura conforme alle prescrizioni periodicamente impartite dai decreti ministeriali in materia di individuazione del tasso-soglia antiusura, per mancanza dell’elemento soggettivo.
 
Se, da una parte, è condivisibile l’orientamento espresso dalla Cassazione circa la possibilità, per ciascun operatore bancario di livello e in posizione verticistica, di rilevare la palese la contrarietà alla legge (per l'esattezza al disposto normativo di cui all'art.644 4 comma c.p.) della norma extrapenale (Istruzioni della banca d'Italia) che individuava, all’epoca dei fatti di causa, il metodo per la determinazione del tasso soglia senza computare la CMS, d’altro canto, non sarebbe neppure logicamente e concretamente esigibile affermare che, a fronte di espliciti decreti ministeriali che andavano periodicamente ad integrare il precetto della norma incriminatrice i singoli organi apicali delle Banche e ancor più i singoli direttori di filiale preposti alle sedi periferiche degli Istituti di credito, potessero mettere in discussione tali modalità di computo.
 
Come peraltro osservato dalla Suprema Corte, potrebbe ritenersi che fosse addirittura preclusa la possibilità, per i singoli direttori di filiale, anche i più attenti alla ratio della norma incriminatrice del quinto comma dell’art.644 cp, di discostarsi dai criteri predeterminati dai sistemi operativi centralizzati delle varie banche, strutturati su conteggi conformi alle direttive della Banca d’Italia.
 
Esprimendo tali principi di diritto, il Giudice per l’Udienza Preliminare presso il Tribunale penale di Arezzo, con sentenza del 29 gennaio 2013, n.519, ha emesso provvedimento di proscioglimento nei confronti di alcuni dirigenti di vertice di istituti di credito, chiamati a rispondere, nella qualità di  direttori di sede o di filiale, del reato di usura in riferimento ad alcune operazioni di finanziamento, per le quali sarebbero state pattuiti interessi superiori ai limiti previsti dalla legislazione antiusura.
 
In particolare è accaduto che, relativamente ad alcuni prestiti concessi ad una società da tre istituti di credito, i dirigenti di sede o di filiale di questi ultimi sono stati indagati per il reato di cui all’art.644 cp, sulla scorta di un conteggio del tasso d’interesse effettivamente praticato che contemplasse anche la clausola anatocistica e la commissione di massimo scoperto, oneri che, sebbene connessi all’erogazione del credito, non erano stati inclusi nel tasso d’interesse effettivo, come pubblicizzato.
 
All’esito delle indagini preliminari, sulla base della valutazione di una prima consulenza tecnica, il P.M. aveva richiesto l’archiviazione per insussistenza dell’elemento soggettivo, stante il minimo sforamento del “tasso soglia” antiusura.
 
La richiesta era stata però disattesa dal GIP, che aveva disposto un supplemento di perizia, ritenendo la prima erronea nella parte in cui aveva conteggiato separatamente  la CMS e la clausola anatocistica, dando istruzione al consulente di ricostruire un solo TEG, comprensivo di entrambe le voci di spesa.
 
Svoltosi il nuovo accertamento tecnico, era emerso lo sforamento del tasso soglia per tutti e tre gli istituti di credito, onde la richiesta di rinvio a giudizio da parte del PM.
 
Per valutare la posizione degli imputati, il GUP ha ritenuto, anzitutto, di dover ricostruire l’evoluzione della normativa antiusura (di cui si è ampiamente parlato su questa rivista; cfr. "USURA BANCARIA : ECCO LE REGOLE"), partendo dall’assunto che l’art.644 cp è, nella sua peculiare configurazione, una norma penale “in bianco”, il cui precetto è destinato periodicamente ad essere integrato da quanto previsto dai decreti ministeriali trimestrali di rilevazione dei tassi medi effettivi globali, sulla cui base viene ricalcolato il “tasso soglia”.
 
Orbene, il Giudice aretino ha premesso che in tutti i Decreti Ministeriali emanati a partire dal 22.03.97 viene sempre specificato nelle premesse che "le banche e gli intermediari finanziari al fine di verificare il rispetto del limite di cui all'art.2 comma 4 L. 108/96si attengono ai criteri di calcolo stabiliti nelle Istruzioni per la rivelazione del TEG ai sensi della Legge antiusura emanate dalla Banca di Italia e dall'Ufficio Italiano dei Cambi”. In sostanza, come ha avuto modo di osservare la stessa Corte di Cassazione, Le Istruzioni della Banca d'Italia e le relative metodologie di calcolo sono state recepite dai decreti che vanno appunto ad integrare la norma penale parzialmente in bianco dell'art.644 3 comma c.p.
 
Sulla base di tale premessa, il GUP ha notato che, dando ormai per acquisito l’orientamento della Corte di Cassazione circa l’invalidità della clausola anatocistica pura e semplice (a decorrere dal 2000, infatti, le Banche hanno dovuto applicare ai conti correnti in essere la pari periodicità degli interessi a debito ed a credito, come da delibera del CICR del 02.02.2000) e circa la necessità di includere la commissione di massimo scoperto tra gli oneri rilevanti al fine del calcolo dell’usura, tuttavia, all’epoca dei fatti richiamati nei capi d’imputazione, le Istruzioni della Banca d’Italia ed i decreti ministeriali di rilevazione trimestrale espressamente escludevano la commissione di massimo scoperto dal conteggio del tasso soglia.
 
Successivamente, la Banca d’Italia ha chiarito i motivi della rilevazione separata della CMS, indicando i criteri con i quali tenere conto anche di quest’ultima, al fine di fissare una “CMS soglia” (cfr. bollettino di vigilanza del 2 dicembre 2005), ma solo a decorrere dal 2009, con la legge 28.01.2009 si è sancita la necessità di computare anche tale peculiare onere tra quelli determinanti il livello del TEGM, così rideterminando il livello del tasso soglia.
 
Tale innovazione normativa, che la Banca d’Italia ha interpretato come vigente solo “pro futuro”, è stata poi oggetto di una successiva pronuncia della Suprema Corte, che ha chiarito la necessità di prescindere dall’interpretazione dell’organo di vigilanza, in quanto stridente con il dettato normativo di fonte primaria, con la conseguenza che, anche per condotte risalenti al periodo precedente alla vigenza della norma di cui trattasi, la commissione di massimo scoperto doveva includersi nel calcolo del TEG (cfr. sent. n.12028 del 19.03.2010).
 
Nella pronuncia da ultimo richiamata, la Cassazione aveva finito per prosciogliere gli imputati per mancanza dell’elemento soggettivo, ritenendo però comunque sussistente il reato di usura, suscitando le critiche da parte di quella dottrina che aveva sottolineato come il dictum della Suprema Corte finisse per violare il principio di legalità in materia penale, posto che il legislatore stesso aveva rimesso l'integrazione della norma penale alla individuazione trimestrale dei tassi soglia, da farsi attraverso i decreti ministeriali. 
In altre parole, il corpo normativo si veniva a “completare” con le rilevazioni trimestrali del tasso.
A tali critiche si aggiungevano quelle di chi notava le possibili implicazioni retroattive di una tale interpretazione.
 
Il GUP di Arezzo, dato atto di tali critiche, non ha, però, con riferimento al caso di specie, potuto evitare di fare applicazione di analogo principio.
 
Infatti, pur considerando la palese contrarietà della norma extrapenale alla disposizione penale primaria (art.644, 4 comma cp), ragion per cui qualunque operatore bancario di livello ed in posizione verticistica avrebbe potuto rilevare tale discrasia, nel caso di specie poteva risultare di assoluta evidenza che nessuno dei direttori di filiale coinvolti in giudizio avesse la minima consapevolezza di violare scientemente il disposto dell’art. 644 cp e, di conseguenza, in capo a nessuno di essi è stato ritenuto sussistente l’elemento soggettivo del reato.
 
In sostanza, ha precisato il Tribunale, anche a voler ricostruire la fattispecie nella maniera più penalizzante per gli imputati, la ricostruzione della normativa in materia di usura ed i problemi relativi all’interpretazione di quest’ultima, nonché soprattutto alla luce della – sostanziale – vincolatività per gli operatori bancari delle indicazioni fornite dalla Banca d’Italia, alla cui vigilanza essi sono sottoposti, comunque non sarebbe stato possibile configurare in alcun modo una qualche responsabilità colpevole.
 
Per tali motivi, con una chiara, lineare ed articolata motivazione, il GUP di Arezzo ha prosciolto gli imputati, con dichiarazione di non luogo a procedere nei confronti degli stessi, “perché i fatti non costituiscono reato”.