Si scrive “guerra alla casta” si legge “specchietto per le allodole”
La politica vanta un indotto che non è certo secondo a quello di consolidati ed estesi comparti industriali
Sedicenti benefattori, portaborse, imprenditori desiderosi di unire l’utile (i profitti) al dilettevole (frequentazioni brillanti con annesso aumento delle “quotazioni” della propria immagine pubblica). Ce n’è per tutti i gusti.
I palazzi delle istituzioni coincidono spesso con veri e propri centri del potere, gangli nevralgici per l’approvvigionamento e la spartizione delle risorse pubbliche. Quelle che, per intenderci, sono “gentilmente offerte” dal portafoglio dei contribuenti.
Il paese di Bengodi, insomma, una sorta di gigantesco luna park in cui molti sono disposti a tutto, pur di accaparrarsi almeno un giro di giostre. Poco importa se il prezzo da pagare sia una spremuta del sangue di ignari cittadini.
L’imprenditore Sergio Scarpellini ha scalato il mercato immobiliare grazie al suo fiuto e a una certa spregiudicatezza. A “consacrarlo” è bastato quindi il matrimonio con la politica che, pur essendo condito, come molte storie, da numerosi alti e bassi (con annessi capi d’imputazione), ha costituito una sorta di golosa ciliegina su una torta già finanziariamente alquanto appetitosa.
Milano 90, la sua società che per anni ha affittato ai politici palazzi nei più suggestivi angoli di Roma, ha visto chiudersi nel 2015 i contratti siglati con la Camera Deputati. Una decisione, questa, “figlia” della “crociata” dedicata alla spending review dai parlamentari del Movimento Cinque Stelle.
Bene, direte voi, almeno sono stati parzialmente chiusi i rubinetti di Sergio Scarpellini. La realtà è però un’altra, in quanto a farne le spese sono state, ancora una volta, persone il cui stipendio medio non supera i mille euro…