Sovraindebitamento: storica decisione del Tribunale di Napoli
Può una legge segnare un punto di svolta culturale e di mentalità?
Sì, perché ogni provvedimento è frutto anche – anzi, soprattutto – del contesto storico in cui nasce. E da cui, inevitabilmente, dipendono, almeno in parte, temi e questioni reputati prioritari dalla classe politica. Non è un caso, quindi, che la legge sul sovraindebitamento, anche detta legge salvasuicidi, abbia visto la luce all’indomani di due periodi di profonda crisi economica e produttiva. Rispettivamente, quella del 2008 e del 2011.
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Una delle conseguenze più visibili “a occhio nudo”, e senz’altro una delle più importanti anche sul piano pratico, è rappresentata dal fatto che oggi chi si è indebitato non viene più stigmatizzato, colpevolizzato e messo fuori dal mercato del lavoro e dai rapporti sociali. Il “cuore” della legge n.3 del 2012, infatti, è costituito dal principio per cui deve essere garantito il rimborso dei creditori in proporzione alle possibilità economiche del debitore. Viene quindi sancito il dovere a pagare, e contestualmente il diritto a farlo in modo commisurato alle risorse di cui si dispone.
Nei primi dieci di vita, la legge sul sovraindebitamento è stata applicata in un numero crescente di casi, grazie alla sensibilizzazione di svariati tribunali italiani. L’ultima pronuncia, in ordine cronologico, arriva dal Tribunale di Napoli, che ha approvato (in termini tecnici: omologato) un piano del consumatore di durata ventennale.
Cos’è il piano del consumatore?
È un piano finalizzato a rinegoziare il debito originario tramite un accordo tra le parti, che consente al debitore di rientrare in rapporto ai soldi di cui effettivamente dispone. Questo strumento è stato introdotto dalla legge n.3 del 2012.
Il piano del consumatore è dedicato esclusivamente ai privati che si sono indebitati per motivi diversi da quelli lavorativi.