Usura bancaria: la Cassazione dà ragione a un’azienda vittima di fallimento
Usura bancaria
Subire tassi d’interesse al di sopra del limite di legge è particolarmente odioso, per privati e imprese. Peraltro, rappresenta una doppia sconfitta per la comunità, in quanto, incappare nel fenomeno dell’usura bancaria mina non solo la fiducia dei singoli nel sistema, ma può rallentare fino alla paralisi lo sviluppo del comparto produttivo. Perciò la pronuncia della Cassazione sul tema (ordinanza n.23192/17), emessa nei giorni scorsi, è particolarmente significativa, e potrebbe rivelarsi foriera di ripercussioni profonde e durature.
La sentenza ha sancito che, ai fini della valutazione del fatto che gli interessi applicati su un contratto di mutuo superino il cosiddetto valore soglia, ai sensi dell’articolo 1 della legge 108/96, possono essere sommati quelli corrispettivi e quelli moratori.
Un cambio di rotta emblematico, se si pensa che in precedenza la Cassazione aveva dichiarato che da tale addizione sarebbe scaturito un “tasso creativo” completamente infondato, in quanto non realmente applicato al mutuatario. Dal canto suo anche Bankitalia aveva negato che gli interessi moratori giocassero un qualche ruolo, nella verifica dell’ipotesi di usura.
L’ordinanza n.23192/17 ha inoltre chiarito che, laddove siano illeciti (e quindi usurari) solo gli interessi moratori previsti dall’iniziale contratto, il cliente dell’istituto non deve pagare neppure quelli corrispettivi.
Come si traduce, in concreto, questa pronuncia? Se un correntista, dopo aver pagato regolarmente per anni la rata mensile del mutuo (comprensiva di una quota capitale e di una parte relativa agli interessi corrispettivi) realizza che, da contratto, il tasso che gli verrebbe applicato in caso di ritardo (ovvero, quello moratorio) è inspiegabilmente alto, può ricorrere al giudice. Dal canto suo la banca si può difendere dichiarando che il valore ritenuto usurario non è mai stato applicato, e che quindi la controparte non ha subito alcun danno concreto.
Tuttavia, in base a quanto sancito dalla Cassazione, ad avere ragione è il correntista. Vengono infatti classificati come usurari gli interessi che oltrepassano la soglia fissata dalla legge al momento in cui gli stessi sono stati promessi o comunque convenuti in contratto, indipendentemente da quando sono materialmente corrisposti.
La pronuncia della Cassazione ha riguardato il caso di una banca che si era contrapposta a un’azienda vittima di fallimento. La CTU aveva poi dimostrato che, in fase di sottoscrizione del contratto, gli interessi moratori avevano sforato il tetto limite stabilito dalla legge. Si era quindi parlato di usura originaria e non sopravvenuta, come invece sostenuto dall’istituto di credito.
La redazione