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Dipendenti privati: possibile nuovo bonus fino a 600 euro

L’arrivo delle prossime bollette si avvicina inesorabilmente, e già vedi andare in fumo la tredicesima?

Fringe-Benefit-600-euroNon è ancora detta l’ultima parola. Infatti, qualora tu sia un lavoratore dipendente del settore privato e la tua azienda abbia aderito al bonus da 600 euro introdotto dal Governo Draghi, potresti evitare – o quantomeno contenere – i danni da emorragia del portafoglio.

In realtà, il nome tecnico di questa misura è fringe benefit, e si tratta di un  compenso in natura inserito nella busta paga dei lavoratori dipendenti privati per consentire loro di far fronte al pagamento delle utenze di luce e gas.

La prima, necessaria, precisazione, è che il datore di lavoro non ha ALCUN obbligo a erogare i 600 euro, bensì una libera scelta che, peraltro, non gli costerebbe nulla, in quanto l’importo è completamente deducibile dalle spese sostenute.

Come si è evoluto il bonus bollette

La misura esisteva già prima dell’emanazione del Decreto Aiuti Bis, tuttavia l’articolo 15 di questa misura ha aggiornato al rialzo l’ammontare del benefit, che è passato da 258, 23 a 600 euro.

Per il momento il fringe benefit è relativo solo al 2022, e la data ultima per riceverlo è il 12 gennaio 2023, anche facendo riferimento a fatture emesse il nuovo anno, perché originate dai consumi di questo, anno. Comunque non è escluso che il Governo decida di prorogare il bonus.

Il fringe benefit entro 600 euro non concorre alla formazione del reddito imponibile del lavoratore dipendente privato, e quindi non è sottoposto a tassazione.

Per ricevere il bonus NON è necessario presentare apposita domanda né rientrare in un ISEE prefissato. È compito del datore di lavoro che decide di erogarlo, però, conservare in azienda tutta la documentazione giustificativa del fringe benefit ai fini di eventuali controlli futuri.

La redazione



 


Comprare casa all'asta: pro e contro

Complice la pandemia di Covid19 anche le vendite all’asta si sono digitalizzate

Acquisto-immobile-asta Ciò ha comportato una esemplificazione delle procedure di partecipazione, ed un crescente interesse da parte di chi vuole comprare casa a prezzi accessibili. Vi potrebbe quindi essere capitato, negli ultimi due anni, di sentirne parlare da più di una persona della vostra cerchia di amici/conoscenti e/o in famiglia.

L’appeal delle vendite all’asta è fondato su un indubbio risparmio: si stima infatti che in questo caso l’acquirente versi il 20-40% in meno rispetto a quanto gli sarebbe costato l’immobile utilizzando i canali “tradizionali”.

Tuttavia, è bene sapere che alcuni aspetti procedurali rendono l’acquisto tramite asta impegnativo, in termini di tempo e non solo.

Aste immobili: le cose da fare PRIMA

Anche se potrebbe suonare strano o inaspettato, se si è davvero interessati ad entrare in possesso dell’immobile, è necessario muoversi con congruo anticipo. E questo perché la semplice partecipazione all’asta comporta un requisito da non sottovalutare, vale a dire il deposito preventivo presso il tribunale di un acconto. L’ammontare di quest’ultimo varia a seconda che l’asta sia senza incanto o con incanto.

Nel primo caso la somma da versare deve essere pari al 10% del prezzo offerto, e nel secondo caso, invece, pari almeno al 10% della base d’asta.

A questo punto potrebbe sorgere una (lecita) domanda: quindi chi non dispone nell’immediato di una certa liquidità si vede precludere in automatico la partecipazione all’asta? No, perché a questo punto subentrano le banche.

L’aspirante acquirente può dunque chiedere un mutuo finalizzato a partecipare all’asta, e ricevere un importo equivalente all’80% del valore stimato dell’immobile.

Attenzione, però. Se al termine dell’asta sarà qualcun altro ad aggiudicarsi il bene, la somma ottenuta andrà restituita alla banca…augurandosi che il contratto stipulato non prevedesse penali in caso di estinzione anticipata.

La redazione 

 



 


Lecce, cancellate cartelle esattoriali per 70mila euro destinate a libero professionista

Se un compenso non è stato percepito, non concorre alla formazione del reddito

Sentenza-CTG-LecceQuindi NON possono essere sottoposti a tassazione. Si è espressa in questi termini la Commissione Tributaria di Giustizia di Lecce attraverso la sentenza 1574 – 2022 ufficializzata lo scorso 11 novembre.

Il provvedimento ha sancito l’annullamento di due cartelle esattoriali relative ad IVA e IRPEF per un totale di 70mila euro.

Il difensore del contribuente, anch’egli libero professionista, ha visto riconosciuto il principio secondo cui il contraddittorio deve essere garantito anche in fase di liquidazione delle cartelle.

Inoltre, per i liberi professionisti, in riferimento alle imposte dirette (tra cui, appunto l’IRPEF) il principio di cassa prevale su quello di competenza. Ciò significa che le stesse NON devono essere versate se NON sono stati incassati gli onorari a cui sono correlate.

La pronuncia della Corte Tributaria di Giustizia ha evidenziato un altro importante principio relativo all’IVA. Vale a dire, che l’imposta si origina al momento dell’erogazione della prestazione indicata in fattura, diventando tuttavia esigibile –costituendo cioè un credito in capo all’ente riscossore – solo quando viene effettuato il pagamento (sentenza n. 8059n emessa dalla Cassazione a Sezioni Unite il 21 aprile 2016).

La redazione