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Attenzione ai tassi di interesse da usura sul prestito

Tassi di interesse da usura sul prestito Tassi_di_Usura_sul_Prestito

Il ricorso al prestito sta diventando una necessità sempre più impellente non solo a livello aziendale, ma anche e soprattutto a livello di famiglie e privati. 
 
La difficoltà di far fronte alle spese di tutti i giorni, spinge inesorabilmente a livelli altissimi la domanda di prestiti
 
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Dal canto loro le finanziarie rispondono a questa tendenza ampliando notevolmente le varie tipologie di prestito, proponendo soluzioni per ogni esigenza (a tal proposito si pensi ai prestiti per arredare casa, piuttosto che a quelli dedicati alla riqualificazione energetica dell'azienda o dell'abitazione in un'ottica di rispetto ambientale).
 
Tuttavia, causa la sempre maggiore frequenza di situazioni in cui il richiedente non riesce a ripagare il prestito, le banche impongono paletti sempre più stringenti in fatto di garanzie, sollecitando i clienti a stipulare polizze assicurative che garantiscano il rimborso del prestito all'istituto di credito in caso di inadempienza da parte del debitore
 
In questo quadro di difficoltà generale, tuttavia, si sta verificando sempre più spesso una spiacevole situazione, quella dei prestiti a tassi di interesse talmente alti, da identificarli come tassi di interesse da usura
 
Ma quando si può parlare di tasso di interesse di usura? Prima di dire ciò va detto come la situazione di usura può verificarsi contestualmente all'erogazione del prestito (usura preventiva) o durante il periodo di rimborso del prestito (usura sopravvenuta).
 
Si ha usura preventiva quando il TAEG o il tasso di mora sono maggiori del tasso soglia (TSU) ossia il tasso medio dei prestiti incrementato di una percentuale definita dalla legge. L'usura sopravvenuta, a sua volta, si verifica quando i tassi di interesse, variando nel corso del periodo di rimborso, superano il tasso soglia.
 
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Da redazione 
 


 
 

Per l' anatocismo e il massimo scoperto, la prescrizione decorre dalla data di chiusura del c/c

Un’importante sentenza della Corte di Cassazione, la 4518/14, pubblicata ieri 26 febbraio chiarisce che solo dal momento della chiusura del conto corrente scatta il termine di prescrizione per il correntista che vuole rivalersi delle commissioni di massimo scoperto e degli interessi anatocistici, entrambi illegittimi, applicati senza titolo dalla banca. 
 
La prima sezione civile della Suprema Corte ricorda, infatti, che il contratto fra le parti è di durata e soltanto alla fine si definiscono con certezza i rispettivi crediti e debiti.Nel caso di specie, è stato accolto il ricorso di un’impresa che aveva stipulato un contratto di conto corrente ordinario acceso «per anticipazioni salvo buon fine». 
 
Per i giudici di legittimità dev’essere censurata la sentenza del tribunale, in qualità di giudice dell’appello che sostiene che la prescrizione del diritto di ripetizione in capo al correntista decorrerebbe da ciascun addebito trimestrale sul rilievo che l’indebito si perfeziona con l’annotazione degli interessi anatocistici, atto che farebbe scattare il decorso del termine. 
 
Ad onor del vero il contratto di conto corrente dà luogo a un unico rapporto giuridico che si estrinseca in una pluralità di atti esecutivi, mentre le singole operazioni di addebito e accredito costituiscono soltanto esecuzioni frazionate di una sola obbligazione e, dunque, devono essere considerate nel loro complesso: soltanto con il saldo finale si definiscono i crediti e i debiti tra le parti.
 
Ma ancora: i versamenti che il correntista esegue durante l’esplicamento del rapporto con l’istituto di credito hanno normalmente la funzione di ripristinare la provvista, che risponde allo schema causale tipico del contratto e non determinano uno spostamento patrimoniale dal solvens all’accipiens: una diversa finalizzazione dei singoli versamenti (o di alcuni di essi) deve essere in concreto provata da parte di chi intende far decorrere la prescrizione dalle singole annotazioni delle poste relative agli interessi passivi anatocistici; nella fattispecie, peraltro, non risulta dedotta né provata una destinazione dei versamenti in deroga all’ordinaria utilizzazione dello strumento contrattuale.
Peraltro, non vi è nessun dubbio, sulla ripetizione delle somme relative al massimo scoperto: non sussiste una previsione contrattuale ad hoc né è configurabile alcuna clausola d’uso.
Per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” ancora un’importante decisione a tutela degli utenti e dei consumatori che lascia ben sperare circa le numerose azioni in merito già avviate dall’associazione.

Mutui e tassi usurari: non si pagano gli interessi se si rispettano le regole

Non si pagano gli interessi se si rispettano le regole Mutui_e_Tassi_Usurai

Aumenta di giorno in giorno il numero di consumatori, titolari di contratto di mutuo o di finanziamento, che si rivolgono alla Confconsumatori per ricevere informazioni in merito alla propria posizione alla luce della sentenza della Corte di Cassazione con la quale è stato sancito l’importante principio che, qualora nel contratto di mutuo siano stati convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi
 
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Confconsumatori ha, quindi, inoltrato, numerose diffide dopo aver riscontrato la non conformità a tale principio della documentazione in possesso di alcuni associati.
 
Al fine di offrire uno strumento utile a tutti i consumatori, la Confconsumatori ha, oltre ad essere come sempre a disposizione per ogni informazione e chiarimento, ha redatto un piccolo vademecum:
 

MUTUI E TASSI USURARI

 
Il consumatore, al fine di valutare, se nella singola fattispecie sia possibile applicare il principio sancito dalla Corte di Cassazione, dovrà:
  • essere in possesso del contratto di mutuo;
  • se non è in possesso del contratto di mutuo, chiedere copia dello stesso alla banca e/o al notaio rogante;
  • valutare il tasso concretamente e complessivamente applicato dalla Banca/finanziaria (per i mutui a tasso variabile, con cap, e/o per i finanziamenti è consigliabile già in questa fase una perizia tecnica da parte di un dottore/ragioniere commercialista);
  • confrontare il tasso complessivamente pattuito con i c.d. “tassi soglia”;
  • qualora il tasso di interesse contrattualmente previsto, dovesse essere superiore al c.d. tasso soglia, il consumatore dovrebbe inoltrare una formale diffida all’Istituto di credito, chiedendo l’applicazione del principio sancito dalla sentenza della Corte di Cassazione;
  • qualora la vicenda non dovesse risolversi bonariamente, è opportuno effettuare (se non è stata già effettuata) una perizia relativa all’intero rapporto volta a determinare l’esatto dare – avere tra banca e cliente prima di promuovere un giudizio.
 
«Abbiamo redatto un piccolo vademecum - afferma l’avv. Emilio Graziuso, componente del Consiglio Direttivo Nazionale di Confconsumatori - per offrire una risposta rapida alle tante domande che ogni giorno pervengono alle nostre sedi relativamente alla problematica mutui ed usura. Per conto di nostri associati abbiamo, comunque, già inviato le prime diffide nei confronti degli istituti di credito e delle società finanziarie, i cui contratti sembrano non rispettare i principi sanciti dalla Suprema Corte. La nostra speranza è che si riesca ad addivenire ad un componimento bonario delle singole vicende senza, quindi, la necessità dell’instaurazione di azioni legali per vedere riconosciuti i diritti dei singoli consumatori».
 
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Da redazione