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Coronavirus: rinvii pagamenti quasi certi. Riapertura attività? Chissà

Sono ore con il fiato sospeso, per imprenditori e autonomi

Rinvio-pagamento-IvaIl 31 maggio, infatti, scade il termine per i pagamenti in sospeso di IVA e contributi previdenziali ed assistenziali relativi a marzo, aprile e maggio. Però, considerando che molti ancora non sono potuti tornare al lavoro, difficilmente il primo giugno saranno in condizione di versare il dovuto. Così il ministro dell’Economia Gualtieri ha ipotizzato un ulteriore rinvio al 16 settembre prossimo. Le aziende interessate sarebbero quelle con ricavi entro due milioni di euro.

Potrebbero slittare anche i termini di pagamento delle cartelle esattoriali scadute dal 2 marzo in poi, o in scadenza al 31 maggio. Una decisione, questa, auspicata anche da Ruffini, Direttore di Agenzia delle Entrate Riscossione, il quale ha recentemente dichiarato che, altrimenti, entro dicembre dovrebbero essere notificati circa 30 milioni di accertamenti.

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Il rinvio non dovrebbe comprendere l’Irpef poiché questa risulterà già alleggerita: l’acconto, infatti, sarà calcolato in base ai redditi effettivamente incassati nell’anno in corso.

Niente di definito, invece, per quel che riguarda le riaperture anticipate di alcune attività commerciali; il premier Conte, però, in un’intervista al Fatto Quotidiano ha dichiarato che l’ipotesi è al vaglio, sulla base delle specifiche situazioni delle varie aree geografiche.

Tuttavia, prima del 18 maggio difficilmente ci saranno novità, in quanto il monitoraggio del Ministro Speranza ancora non è concluso, e le nuove linee guida relative ad attività di ristorazione, centri estetici e parrucchieri sono attese tra l’11 e il 14 maggio.

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Covid19 e buoni spesa: chi fa da sè...

Dacci oggi il nostro pane quotidiano?

Buoni-spesa-Covid19Ogni giorno un italiano si alza, e deve compiere due missioni quasi impossibili: schivare il contagio da Covid19,  e portare qualcosa a tavola, per sé e per la propria famiglia.

Non tutti, infatti, hanno avuto la fortuna di continuare a lavorare da casa, senza colpo ferire, dopo il lockdown iniziato il 9 marzo. Molti hanno subito una drastica riduzione di ore e quindi di stipendio…e tanti altri sono rimasti, “semplicemente”, disoccupati. Questo ha moltiplicato i problemi legati a gesti quotidiani che si davano per scontati. Andare a fare la spesa, pagare le bollette…

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Nelle scorse settimane il governo aveva annunciato un’iniziativa in tal senso. Vale a dire, un poderoso stanziamento di fondi destinati alla concessione di buoni spesa di singoli o nuclei familiari in serie difficoltà economiche.

Poi…il silenzio. La notizia sembrava essere stata risucchiata da un vortice di glaciale indifferenza, dalle istituzioni, e dai canali di informazione nazionali. Volete sapere perché è successo questo? Perché lo Stato ha demandato ai Comuni il compito di smistare le risorse destinate ai buoni spesa, e quindi stabilire i relativi criteri e le modalità di presentazione delle domande.

Una parola riassume, da sola, il quadro delle azioni messe in campo dagli enti locali: caos. Già, perché questi si sono mossi con tempistiche diverse, in ordine sparso…praticamente frammentato. E spesso, i nuclei più bisognosi sono rimasti a bocca asciutta perché le “maglie” di selezione a cui sono stati sottoposti si sono rivelate talmente rigide da risultare scollate dalla realtà del territorio.

Un esempio? Alcuni Comuni hanno assegnato i buoni spesa solo dopo aver effettuato dei colloqui con i richiedenti, in altri casi, invece, ogni domanda presentata ha avuto in automatico esito positivo; talvolta sono stati interpellati anche gli assistenti sociali. Per quanto riguarda le modalità di erogazione, si passa dal bonifico su IBAN, ai buoni pasto classici, fino alla consegna a domicilio di beni alimentari.

Inevitabile, quindi, porsi una domanda: mangiare è un’esigenza primaria. Come si può condizionarla alle lungaggini burocratiche o alla discrezionalità di un funzionario pubblico? Lo stomaco, purtroppo o per fortuna, non sente ragioni…

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Decreto Liquidità: cos'è il preammortamento?

Hai intenzione di richiedere i 25mila euro previsti dal Decreto Liquidità?

Fai attenzione al pre-ammortamento.

Decreto-Liquidita-AmmortamentoInfatti, se il finanziamento ti sarà concesso, per i primi due anni è tuo diritto rimborsare solo gli interessi, e, a partire dal 25esimo mese, il capitale. A stabilirlo è il primo comma dell’articolo 13 del Decreto. Perché questa scansione? Per attutire l’impatto economico della rata sul bilancio familiare.

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Che fine ha fatto il Decreto Aprile?

In tal modo, si spera, sarà scongiurato uno scenario da più parti evocato nelle scorse settimane. Ovvero, che questi finanziamenti vengano, in prima battuta, utilizzati dagli istituti di credito per chiudere prestiti precedentemente aperti e rimasti in sospeso, o per ripianare conti in rosso.

Ipotesi che si rivelerebbe estremamente svantaggiosa, per i beneficiari del finanziamento, in quanto il rimborso della quota capitale partirebbe ben prima della fatidica 25esima rata.

Inoltre, secondo le linee guida diffuse da Abi, i finanziamenti derivanti dall’emergenza Covid19 NON dovranno intervenire su fidi pregressi su cui sono già intervenuti altri contributi statali. 

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