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Conti e cassette di sicurezza: ci si può fidare delle banche?

Che succede ai miei soldi dopo che li deposito su IBAN o libretto?

Depositare-soldi-bancaLa domanda ti sembra stupida? E’ solo perché non hai letto le mail e i commenti che riceviamo quotidianamente in posta elettronica e su Facebook. O perché, forse, non essendo (ancora) mai stato cliente di un istituto di credito, non hai dovuto – letteralmente – mettere nelle mani dei suoi impiegati i tuoi risparmi. In tutti gli altri l’amletico dubbio sarà riaffiorato – in forma più o meno marcata – ogni volta che all’orizzonte si è profilata la crisi di una o più banche. Per l’imperizia di chi le gestiva, per un sistema economico in affanno…o per problemi sanitari su vasta scala, come nel caso dell’odierna pandemia di Coronavirus.

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La buona notizia è che l’importo che diamo in gestione alla banca DEVE esserci restituito, al netto di interessi e commissioni, in corrispondenza allo scadere del contratto. E se la banca fallisce prima? Fino a 100mila euro di deposito sei tutelato – e quindi risarcito – attraverso un Fondo Interbancario ad hoc.

Scenario diverso se la banca detiene tuoi oggetti di valore in cassette di sicurezza. In questo caso, infatti, è obbligata a restituirteli senza alcuna modifica, neanche la sostituzione con oggetti identici (e quindi di medesimo valore). Ciò invece avviene sistematicamente, ed è perfettamente lecito, nel caso in cui svincoli i risparmi da un IBAN allo scadere del contratto: ovviamente le banconote che riceverai NON saranno le stesse che avevi depositato.

Le cassette di sicurezza non possono essere aperte dall’istituto di credito, a meno che non sia tu a richiederlo, e ad assistere all’operazione.  Quel che è certo è che, se depositi dei beni, sei in una…botte di ferro: li perdi solo se si verifica un incendio o una calamità naturale che distrugge fisicamente la sede della banca.

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La redazione



 
 




 

Fermo amministrativo: abolita imposta bollo

Ogni giorno un automobilista si alza e deve affrontare una corsa ad ostacoli

Imposta-bollo-fermoManutenzione e utilizzo del veicolo, infatti, costano. Assicurazione, collaudo e bollo sono SOLO alcuni tra gli oneri da assolvere periodicamente. Dimenticarne uno può significare ganasce, e quindi il blocco (a tempo indeterminato). Con inevitabili conseguenze su lavoro, routine quotidiana e rapporti sociali. Finora, però, non era sufficiente saldare il debito con Agenzia delle Entrate Riscossione per voltare pagina, perché anche il sacro altare della burocrazia esigeva un sacrificio (pecuniario), vale a dire l’imposta di bollo, per la modica cifra di 32 euro. Dal 5 marzo scorso, però, la cancellazione del fermo amministrativo non implica più questo ulteriore pagamento.

Clicca qui per verificare se sulla tua auto è stato iscritto un fermo amministrativo

La modifica procedurale è stata resa possibile da un’interpellanza dell’Aci che ha sbloccato una norma ad hoc contenuta nella Legge di Bilancio 2020.

Il Dlgs 98/2017 all’articolo 2 (comma 7) stabilisce che la cancellazione del fermo amministrativo venga comunicata dall’agente riscossore al titolare del pubblico registro automobilistico; il contribuente che ha saldato il debito, quindi, non è più tenuto a inoltrare relativa domanda. Ciò fa decadere l’imposta di bollo.

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La redazione 

 



 
 


Cassazione: Aer può controllare (e pignorare) anche i conti cointestati

“Nella buona e nella cattiva sorte…finchè il Fisco non vi separi”

Conto-cointestatoOggi anche davanti ad Agenzia delle Entrate Riscossione marito e moglie, loro malgrado, costituiscono un fronte comune (indipendentemente dalla solidità del loro sentimento). A stabilirlo è l’ordinanza numero 4681 del 21 febbraio 2020 della Cassazione Civile. Quindi, se uno dei due ha dimenticato di pagare Imu, Tasi, o bollo auto l’eventuale conto cointestato può essere passato al setaccio.

Ma c’è di più: il Fisco ha diritto a procedere anche al pignoramento integrale della somma ivi depositata, e non fa differenza che la maggior parte di questa appartenga al coniuge non indebitato (sentenza numero 29079 del 3 luglio 2019, Corte di Cassazione).

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Agenzia delle Entrate Riscossione può effettuare accertamenti anche su conti intestati a terzi connessi alla condizione reddituale del contribuente indebitato. I conti cointestati rientrano in questa categoria.

I controlli del Fisco possono riguardare sia le imposte dirette che l’IVA.

Il contribuente ha comunque diritto a difendersi e presentare prove che lo scagionino.

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