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Conto in rosso e segnalazione in Crif

“Transazione rifiutata”

Conto-rossoSei in un negozio o alla cassa del supermercato, intento a comprare qualcosa. Tiri fuori dal portafoglio la carta, la porgi al commesso e sul display del POS compare questo messaggio. Che tradotto significa: non hai abbastanza soldi per pagare.

In casi del genere l’imbarazzo, la vergogna e l’amaro stupore costituiscono il minore – nel senso del meno grave – dei problemi che si profilano all’orizzonte.  Ciò di cui dovresti preoccuparti, invece, è che il tuo conto sia in rosso, e che ciò possa determinare la tua iscrizione nella lista dei cattivi pagatori del Crif o di altre Centrali Rischi private.

Clicca qui per verificare se sei stato iscritto in Crif

Cosa significa, in concreto, avere un conto in rosso? Che hai utilizzato più denaro di quanto effettivamente disponibile sul tuo IBAN. E la causa è una di queste:

- la banca di cui sei cliente ti ha concesso un fido, ovvero ti ha messo a disposizione un importo superiore a quello presente sul tuo conto. Esempio: sull’IBAN ci sono 2mila euro, ma puoi spenderne 3mila perché godi di un ulteriore credito di mille euro. Se effettui operazioni per un totale di 3.500 euro, vai in rosso di 500, e sei tenuto a restituire tempestivamente la differenza. Ciò non ti salva comunque dal rischio di revoca del fido;

-spendi una cifra di poco superiore a quella disponibile sulla tua carta di credito; l’istituto di credito ti avvisa, e ti invita a effettuare il rimborso;

-sei titolare di un conto che non usi ormai da un po’ e su cui rimangono solo poche decine di euro. Periodicamente la banca ti trattiene la cifra corrispondente ai costi di gestione…finchè il saldo non diventa negativo.

L’iscrizione in Crif in caso di conto in rosso avviene se lo scoperto supera la soglia d’allerta (300 euro), e a condizione che l’istituto di credito PRIMA chiuda il conto e richieda tramite raccomandata A/R il rimborso, informando che, in caso di inadempienza, si procederà alla segnalazione in black list.

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Come funziona il pignoramento telematico dei beni?

Che succede quando l’ufficiale giudiziario suona alla porta?

Pignoramento-telematicoIl debitore è tenuto a collaborare, consentendogli di accedere ai locali di sua proprietà e verificare l’esistenza di beni dal valore commerciale apprezzabile, la cui vendita può essere espletata in tempi rapidi. Può trattarsi di mobili, gioielli, veicoli, che restano in custodia al privato senza poterli utilizzare. In un secondo momento i beni vengono presi in consegna dall’Istituto Vendite Giudiziarie e diventano oggetto di un’asta ad hoc.

Tale procedura sulla carta è ineccepibile, ma nella pratica spesso risulta di difficile attuazione, in quanto il debitore nasconde altrove i beni di sua proprietà, simulando una situazione vicina all’indigenza. Così il DL 83/2015 ha introdotto una seconda opzione, vale a dire il pignoramento telematico.

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Nel mirino di Aer i conti delle più importanti banche?

L’ufficiale giudiziario, senza muoversi dalla propria scrivania e dietro autorizzazione del Tribunale, può consultare l’Anagrafe Tributaria prendendo visione dei beni nella disponibilità del debitore e scegliendo quelli da pignorare. Viene così disposto l’obbligo, per questo, di consegnarli entro 10 giorni unitamente ai documenti che ne certificano la proprietà, all’IVG di competenza.

Il creditore può comunque scegliere di ricorrere all’assegnazione diretta del bene - o dei beni – di proprietà del debitore. Presentando un’istanza di assegnazione entro 45 giorni dall’iscrizione a ruolo. Spetta comunque al Tribunale decidere se accogliere la richiesta o meno, a seguito della comparazione tra il valore di questi e la somma pendente.

Come evitare il pignoramento dei beni?

Se l’ufficiale giudiziario ricorre alla procedura telematica è praticamente impossibile. Se invece viene seguito il canale consueto, il debitore può tentare di stabilire un accordo con il creditore entro 90 giorni dalla ricezione dell’atto.

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Anatocismo bancario: rimborsati 300mila euro a imprenditore molisano

Hai aperto uno o più conti correnti prima del 2000?

Anatocismo-bancarioLa banca deve rimborsarti gli interessi illegittimamente addebitati, che configurano il reato di anatocismo, vale a dire la capitalizzazione trimestrale degli interessi che deve pagare il correntista, e la capitalizzazione annuale di quelli a cui ha diritto.

Una nuova sentenza si è inserita in questo solco nelle scorse settimane. Ad emetterla è stato il Tribunale di Campobasso, che ha richiesto ad uno dei principali istituti di credito italiani di restituire circa 300mila euro ad un imprenditore molisano. La pronuncia ha ribaltato la situazione iniziale, caratterizzata da un presunto debito del correntista.

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I correntisti devono essere risarciti degli interessi a debito maturati entro giugno 2000 e nel periodo compreso tra marzo 2014 e giugno 2016. Spesso è possibile recuperare anche quelli pagati tra il 2000 ed il 2014. A patto che la richiesta sia stata inoltrata entro 10 anni dalla chiusura del conto.

Come verificare se hai diritto al rimborso?

E’ necessario controllare il contratto relativo all’apertura del conto, gli estratti conto contenenti scalare e formula di calcolo delle competenze.

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