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Dopo quanto tempo si prescrivono i debiti?

Chi ha avuto a che fare almeno una volta con Equitalia/Agenzia delle Entrate Riscossione lo sa

Prescrizione-cartella-esattorialeSpesso in un unico faldone vengono accorpate anche cartelle esattoriali ormai scadute perché prescritte. Il problema scaturisce dal fatto che purtroppo tali pagamenti inesigibili non vengono cancellati in automatico. Ecco di seguito qual è “l’anzianità massima” di ciascun tipo di debito.

Non paghi la tassa sull’auto? Sei al riparo dalle cartelle dopo tre anni

Se hai dimenticato di versare il bollo nell’anno in corso, a partire dal primo gennaio successivo si calcolano i 36 mesi di “vita” della pendenza.

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Qual è la scadenza delle imposte comunali e dei contributi previdenziali?

Imu, Tasi e Tari, come pure i contributi dovuti a INPS e INAIL e le multe derivanti da infrazioni al Codice della Strada si prescrivono dopo cinque anni.

Nel caso dell’IRPEF e dell’IVA, il termine ultimo entro cui l’agente di riscossione può bussare alla tua porta per riscuotere il credito è di dieci anni dalla notifica della cartella o dalla ricezione dell’intimazione di pagamento.

 

Come tutelarti in caso di debito ormai prescritto? 

Puoi procedere all’impugnazione davanti al giudice per ottenere la cancellazione. Prima di intraprendere le vie legali, però, verifica che non ti sia stata notificata un’intimazione di pagamento o un preavviso di fermo o ipoteca. Questi infatti interrompono l’arco di tempo trascorso ai fini della prescrizione e fanno partire daccapo il computo.

Hai tempo 60 giorni per rivolgerti al giudice, a partire dal momento in cui l’atto ti è stato recapitato. Per farlo, inoltre, devi individuare qual è la figura competente, in riferimento alla natura del debito originario.

Nello specifico, se l’atto è scaturito da imposte, devi tenere come riferimento la Commissione Tributaria Provinciale. In caso di sanzioni derivanti da infrazioni al Codice della Strada il tuo interlocutore è invece il giudice di pace. Puoi rivolgerti al tribunale ordinario (sezione lavoro) in riferimento ai contributi previdenziali.

D’altra parte, se è stato già intrapreso un pignoramento deve essere interpellato il giudice dell’esecuzione del tribunale ordinario. Solo dopo l’eventuale “congelamento” della cartella puoi rivolgerti al giudice competente.

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Cassazione stoppa servizio Seguimi per comunicazioni di AER

Le cartelle esattoriali? Devono essere recapitate al domicilio fiscale scelto dal contribuente

Servizio-SeguimiUn principio, questo, che potrebbe apparire banale. Scontato, forse. Il quotidiano braccio di ferro tra Agenzia delle Entrate Riscossione e cittadini dimostra che le cose stanno diversamente. Succede così che una raccomandata contenente importanti informazioni fiscali venga consegnata a un indirizzo diverso, magari quello indicato per il servizio di Poste Italiane “Seguimi”, determinando ripercussioni tutt’altro che irrilevanti…

La Corte di Cassazione (ordinanza n.31478 del 3 dicembre 2019) si è pronunciata a proposito della vicenda di un imprenditore a cui non erano state recapitate una serie di cartelle scaturite dal mancato pagamento dell’IVA. AER aveva dichiarato che la notifica era stata eseguita all’indirizzo riportato in corrispondenza del servizio “Seguimi”. Gli Ermellini hanno ribaltato le pronunce scaturite dai due precedenti gradi di giudizio, definendo inefficace questa procedura di consegna.

La decisione della Corte di Cassazione si fonda sui dettami enunciati all’interno di un Decreto del Presidente della Repubblica del 1973. Questo stabiliva che, a eccezione dei casi in cui l’atto viene recapitato nelle mani del destinario, l’indirizzo da utilizzare debba essere quello del domicilio fiscale indicato dall’interessato. Può trattarsi di una persona fisica o di un ufficio all’interno del comune in cui si è domiciliati.

Gli Ermellini hanno quindi definito nulla la notifica all’indirizzo relativo al servizio “Seguimi”, in quanto questo non riguarda gli atti giudiziari.

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Quali sono i limiti oltre cui il creditore non può spingersi?

Minacce, offese, e violazione di privacy

Minacce-recupero-creditiSono queste le coordinate entro cui spesso si muovono le società di recupero crediti. Se ci hai già avuto a che fare, probabilmente, ti sarai chiesto qual è il confine tra lecito e illecito. La linea di demarcazione è tutt’altro che labile ma, pur di rastrellare velocemente denaro, qualcuno, disposto a tutto, finge di non vederlo. E così le persone vengono trattate come carne da macello.

Cosa si può definire molestia?

L’articolo 660 del Codice Penale introduce questo reato, correlandolo a un atteggiamento di insistenza determinato da opinabili ragioni, che sfocia nella fastidiosa e sistematica invasione dell’altrui sfera privata.

Obblighi del creditore che affida la riscossione al recupero crediti

I dati che possono essere ceduti a terzi sono esclusivamente quelli inerenti il processo di recupero del credito. Dunque, le generalità del debitore, l’indirizzo, i contatti e ciò che attiene la pendenza (tipologia di debito,  modalità di pagamento...)

Inoltre il creditore deve indicare chiaramente i soggetti deputati al recupero crediti nell’informativa consegnata in fase di stipula di contratto.

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Quali regole deve rispettare la società di recupero crediti?

Questa non deve condividere con terzi (colleghi, familiari, amici) le informazioni inerenti il debitore e il debito, ed  è tenuta ad astenersi dal raggiungere il loro domicilio o luogo di lavoro.

Bandite, inoltre, le telefonate di sollecito preregistrate, l’invio di plichi recanti scritte riconducibili al recupero crediti, e l’affissione di avvisi di mora sulla porta del domicilio del debitore che siano visibili a terzi.

I poteri concretamente a disposizione della società di recupero crediti sono inerenti i contatti telefonici, l’invio di lettere di diffida e l’avvio di una procedura di saldo e stralcio. Queste invece non possono ricorrere al giudice né ottenere un decreto ingiuntivo.

Quali sono i diritti del debitore?

Tanto per cominciare, chiedere e ottenere il numero di telefono da cui lo ha contattato la società di recupero crediti, come pure nome e cognome dell’operatore con cui sta parlando, e del soggetto per conto del quale è stato chiamato.

Il debitore, inoltre, non deve subire chiamate insistenti ed in orari diversi da quelli di ufficio, né è tenuto ad aprire la porta al soggetto che bussa presentandosi come esattore della società di recupero crediti. Questo infatti non è un pubblico ufficiale.  

Cosa fare se la società lede il diritto alla privacy?

Rivolgersi all’apposito Garante consente l’adozione di sanzioni economiche, ma per ottenere il risarcimento danni è necessario coinvolgere il giudice civile.

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