Chi l’ha detto che la prima casa è off-limits per i creditori?
Questo rappresenta, in realtà, un luogo comune alla cui diffusione e consolidamento ha contribuito la disinformazione/esemplificazione estrema delle nozioni legali da parte dei media generalisti.
L’infondatezza di tale convinzione contribuisce talvolta ad una sorta di auto-assolvimento da parte dei debitori. Infatti, l’idea che l’immobile di residenza non possa MAI essere aggredito, può azzerare la motivazione necessaria a saldare - o quantomeno ridurre - le proprie pendenze.
La legge sancisce l’impignorabilità della prima casa solo in pochi e ben delineati casi. Partiamo dall’elencare tutti quelli in cui, invece, il creditore ha mani libere.
A fare la differenza è la tipologia di quest’ultimo: se è un privato (banca, finanziaria) non c’è alcun impedimento a rivalersi sulla prima casa: la procedura di pignoramento può essere attivata per pendenze di 100, 2.000 o 50.000 euro. Nella pratica, però, se l’importo ha meno di tre zeri, il gioco non vale la candela, considerando che portare a termine un esproprio richiede denaro e tempo (da tre a dieci anni).
La procedura di esproprio viene avviata dal creditore privato attraverso un titolo esecutivo (sentenza, cambiale, decreto ingiuntivo).
Chi NON può pignorare la prima casa (salvo alcuni casi)?
Gli enti pubblici (Agenzia delle Entrate Riscossione), a patto che siano presenti, contestualmente, tutte queste condizioni:
- il contribuente indebitato non possiede altri immobili;
- la prima (ed unica) casa non è accatastata come immobile di lusso, bensì come civile abitazione;
- l’immobile da pignorare deve essere quello in cui il debitore risiede.
Se manca anche uno di questi elementi, Agenzia delle Entrate Riscossione può intraprendere l’iter dell’esproprio se e solo se la somma pendente è superiore a 120mila euro, ed il debitore possiede beni immobili il cui valore sia uguale o maggiore a questo.
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