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Lo sfratto non guarda in faccia nessuno. Neanche anziani e disabili

Qualunque controversia – soprattutto se assume connotazioni legali – equivale alla cosiddetta “gatta da pelare”

Tuttavia, se il contrasto coinvolge amici stretti o parenti, la sgradevolezza e gli strascichi si moltiplicano a dismisura.

SfrattoEssere costretti ad abbandonare la casa in cui si è vissuti per anni, soprattutto se questi hanno coinciso con un periodo cruciale della propria vita, rappresenta uno strappo, come veder recidere di netto le proprie radici. Un dolore, questo, foriero spesso di gravi ripercussioni, fisiche e psicologiche. Perciò, se lo sfratto riguarda anziani e/o disabili, il danno umano si rivela incalcolabile.

A Partanna Mondello (Pa), in casa Lucido l’arrivo delle feste e la loro conclusione non è stata minimamente avvertita. Daniela, i genitori Mariano e Filippa e la sorella, infatti, avevano (e hanno) ben poco di cui stare allegri.

Dopo un tira e molla burocratico durato anni, il 20 gennaio prossimo la famiglia dovrà infatti lasciare la casa che rappresenta un pezzo significativo del suo passato.

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Il custode giudiziario ha rinviato di quindici giorni lo sfratto, inizialmente previsto per il 5 gennaio scorso, ma i margini di speranza sono ben pochi. Anche se il 17 marzo dovrebbe svolgersi l’eventuale giudizio di merito.

Le condizioni in cui versa la famiglia sono oggettivamente complesse. Padre e madre sono infatti ultraottantenni e invalidi al 100% mentre una delle figlie è inabile al 76% a causa di una patologia degenerativa. L’unica entrata, derivante dal lavoro di insegnante di Daniela, non è comunque fissa, in quanto la donna è precaria.

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Una storia, quella dei Lucido, crudele e assurda al tempo stesso. La casa, a seguito di un’asta, è stata acquistata da alcuni parenti e, a causa di alcuni contrasti consolidatisi negli anni, questi non hanno esitato a procedere allo sfratto. All’origine di tutto, un pignoramento intrapreso anche a dispetto del tentativo della famiglia di chiedere la rateizzazione del proprio debito di 20mila euro.

Com’è possibile, si starà forse chiedendo il lettore, che l’autorità giudiziaria abbia avallato lo sfratto di persone anziane e praticamente immobilizzate a causa di patologie conclamate? Secondo il medico legale il problema non sussisterebbe, in quanto i due potrebbero essere spostati con il semplice (?) ausilio di barelle.

Bizzarra e malvagia, quella società in cui sempre più persone si occupano ossessivamente del benessere dei propri animali e/o di non ingerire alimenti ottenuti esercitando una violenza su mucche, pecore e maiali, ma che invece assiste con indifferenza ai quotidiani soprusi inferti a categorie di persone particolarmente vulnerabili.

Quando sei a rischio sfratto?

Una premessa è doverosa: non sono previste disposizioni specifiche e/o dedicate alle casistiche in cui sono coinvolte persone invalide. Dunque, il principio generale è che lo sfratto può concretizzarsi anche dopo una mensilità non saldata, o, seppure il pagamento dell’affitto è regolare, qualora il debito riguardi le spese condominiali per un ammontare equivalente ad almeno due canoni.

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Il proprietario dell’immobile ha diritto ad agire al termine dei 20 giorni seguenti l’ultimo giorno utile per il pagamento. Dunque, se non è stato corrisposta la mensilità di giugno, a partire dal 20 luglio.

Tuttavia, il locatario può saldare il debito anche dopo l’intimazione di sfratto, o addirittura in occasione dell’udienza davanti al giudice. Peraltro, può ottenere dal magistrato l’opportunità di fruire del termine di grazia, corrispondente a 90 giorni, per mettersi in regola con i pagamenti.

A seguito della conclusione di questa ulteriore finestra temporale, il giudice convoca una nuova  udienza dopo almeno 10 giorni. Da qui in avanti però, eventuali conti in sospeso comporteranno lo sfratto da parte dell’ufficiale giudiziario. In presenza di un’esplicita richiesta da parte del proprietario dell’immobile, è contemplato anche l’intervento della forza pubblica. 

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La redazione 

 


 
 

Fermo amministrativo e pignoramento dei beni per chi non paga la retta scolastica

Diritti e doveri in democrazia sono due facce della stessa medaglia

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Usufruire di un servizio di pubblica utilità implica un patto che vincola due parti. L’erogatore deve garantire affidabilità, puntualità e professionalità nell’esercizio delle sue mansioni, mentre il beneficiario è tenuto a corrispondere l’importo necessario a r
ipagare la prestazione ottenuta e salvaguardarne la continuità. Quando l’ingranaggio s’inceppa, le conseguenze negative si manifestano rapidamente e “a cascata” compromettendo l’intero sistema. 
 
Nella maggior parte delle famiglie lavorano entrambi i genitori, e dunque bisogna avvalersi di un servizio esterno che garantisca la cura e il supporto educativo ai bambini. Spesso gli enti locali s’impegnano direttamente in tal senso, fornendo attività ad hoc in fasce orarie predete
rminate. Che succede però quando una vasta platea di nuclei non corrisponde la retta prevista per un medio-lungo periodo?
 
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Inevitabilmente il servizio viene compromesso, in quanto nel “motore” del soggetto erogatore viene a mancare la “benzina” necessaria ad innescare il “movimento”. Così, saltano gli stipendi degli operatori scolastici, bisogna rinunciare alla manutenzione degli edifici … e chiudere un occhio (a volte anche due) sulla qualità del cibo disponibile in mensa.
 
Questo lo scenario che sta cercando di scongiurare il Comune di Sedriano (Milano), sebbene il metodo scelto abbia suscitato le perplessità di qualcuno. Secondo la ricostruzione de Il Giorno, il sindaco Angelo Cipriani ha infatti annunciato che, le famiglie che non salderanno le rette scolastiche ormai scadute, subiranno la procedura coattiva di recupero dell’importo pendente. L’ente preposto, ovvero Area Riscossioni di Cuneo, sarà infatti autorizzata a intervenire apponendo le ganasce ai veicoli dei debitori, che quindi subiranno il fermo amministrativo, e, in ultima ipotesi, mediante il pignoramento dei beni. 
 

Un credito diventato una voragine

Le rette scolastiche non incassate nel periodo compreso tra il 2006 e il 2017 ammontano a circa 140mila euro. L’importo fa riferimento alle attività pre e post lezioni e al servizio di mensa. L’amministrazione comunale di Sedriano ha reso noto che già in precedenza le famiglie che non avevano pagato erano state raggiunte da molteplici solleciti, e il recupero forzoso era stato intrapreso 9 anni fa, per poi continuare durante la fase di commissariamento dell’ente. 
 
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Visti i deludenti risultati registrati da Equitalia, il servizio di recupero dei crediti pendenti era stato affidato alla società Duomo; dopo che questa è stata messa in liquidazione, l’amministrazione di Sedriano ha indetto un nuovo bando, che si è aggiudicatovinto da Area Riscossioni.  
Inevitabilmente i continui passaggi di consegne hanno influito non solo sulle tempistiche necessarie a calcolare a quanto ammontasse effettivamente il credito dell’ente, ma anche sulla scelta degli strumenti tramite cui intervenire.
 

“Non tutti i debitori sono uguali”

L’amministrazione di Sedriano ha dichiarato di essere ormai materialmente impossibilitata a continuare a garantire i servizi scolastici in assenza dei fondi corrisposti dalle famiglie. Tuttavia, precisa l’Assessore al Bilancio Elisabetta Alì, le procedure di riscossione coattiva non verranno intraprese indistintamente e meccanicamente. 
 
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Il Comune starebbe infatti operando congiuntamente con i servizi sociali per individuare quali siano i nuclei costretti loro malgrado a non pagare la retta. “Tutti gli altri”, conclude Elisabetta Alì, “dovranno pagare, fermo restando che cercheremo di venire loro incontro. Potranno infatti spalmare l’importo complessivo su più rate”. 
 
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La redazione

 


 

 

Cartelle esattoriali: “capodanno estivo” indimenticabile per i cittadini

Cartelle esattoriali

Cartelle_EsattorialiLo scorso luglio Equitalia è andata in “pensione”, e a rimpiazzarla è intervenuta Agenzia delle Entrate, prontamente ribattezzata AER (Agenzia delle Entrate Riscossione). L’attività di quest’ultima rischia però di essere notevolmente rallentata, se non profondamente compromessa, dalla necessità di far fronte alle conseguenze degli errori della prima.

Omessa notifica di cartelle esattoriali, scambi di persona e bollette addebitate ai defunti. Ce n’è per tutti i gusti. La macchina burocratica di Equitalia e degli enti locali si è spesso inceppata, in anni recenti, e le ripercussioni non hanno tardato a manifestarsi. Talvolta, fortunatamente, la giustizia ha riconosciuto le ragioni dell’ignaro contribuente, in altri casi, invece, “l’odissea delle scartoffie” è diventata qualcosa di molto simile a un tunnel senza uscita.

Quando l’ipoteca è un fulmine a ciel sereno

“Come se non bastasse il contraccolpo subito dalla crisi economica e dalle delicate dinamiche connesse alla separazione dalla moglie, nel 2016 a un professionista di Firenze è stata notificata un’iscrizione ipotecaria del valore di circa 100mila euro.

La causa? Una serie di cartelle esattoriali e un preavviso di ipoteca mai ricevuti”. Così Francesco Antonio Pentone, presidente Stac (Sportello Tutela Aziende e Cittadini).

Un comportamento, quello di Equitalia, che aveva impedito al contribuente di esercitare il proprio diritto alla difesa. Questo ha quindi avanzato ricorso, avvalendosi del supporto legale di Valentina Vitaglione (professionista convenzionata con Stac), ed ha incassato il verdetto positivo della Commissione Tributaria Provinciale di Firenze. L’iscrizione ipotecaria è stata quindi rimossa e l’ex agenzia di riscossione dovrà pagare le spese processuali per un totale di 2mila euro.

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Caro estinto ti scrivo…

A Conversano (Ba) i defunti resuscitano. Non si spiega altrimenti il “fiorire” di bollette e cartelle pazze destinate a persone non più in vita.

Una vicenda, questa, che non può che rinnovare il dolore ed esasperare la frustrazione dei parenti del caro estinto. Cosa fare, infatti, quando, dopo anni trascorsi nel tentativo (inutile) di comunicare agli enti preposti il decesso di un genitore, i figli continuano a subire una “pioggia” di richieste di pagamento?

Nonostante molti cittadini del comune barese si siano mobilitati per rendere nota la paradossale vicenda, utilizzando sia i canali social che quelli istituzionali, il Comune ha mantenuto un atteggiamento granitico. Per risolvere disguidi di carattere tributario, ha spiegato, è sufficiente contattare l’ufficio Gestione Servizi.

Evidentemente, però, la matassa non è così semplice da sbrogliare, considerando che negli ultimi giorni del 2017 centinaia di residenti hanno ricevuto comunicazioni inerenti le differenze Ici del 2012 maggiorate da sanzioni e interessi. A nulla sono valse le sollecitazioni, espresse più volte nel recente passato dai consiglieri, affinché dette notifiche venissero perfezionate in tempo reale, così da evitare di “stangare” i cittadini.

Viareggio: quando ripetute segnalazioni cadono nel vuoto

Da anni, puntuali come un orologio svizzero, le richieste di pagamento dei tributi raggiungono un’ottantenne vittima di uno scambio di persona. La donna, infatti, condivide nome e cognome con una ristoratrice.

Per almeno quindici volte, sottolineano i figli, l’anziana si è vista notificare le suddette comunicazioni, sebbene l’omonimia sia stata periodicamente comunicata agli uffici dell’ente riscossore.

Anche in questo caso, all’origine di tutto ci sarebbero alcuni “bug”, alcune lacune, nel trasferimento di competenze e nella trasmissione delle informazioni tra vecchi (Viareggio Patrimonio) e nuovi organismi competenti (I Care).

La rettifica dei dati inerenti Ici, Imu e Tasi, a detta del direttore Moreno Pagnini, starebbe infatti scontando le conseguenze del mancato aggiornamento, da parte dell’ex Viareggio Patrimonio, del database relativo alle denunce e alle procedure di autotutela avanzate dai contribuenti negli anni passati.

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La redazione