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Agenzia delle Entrate Riscossione ti “perseguita” ingiustamente? Deve risarcirti il danno da stress

Le cartelle esattoriali sono come la peperonata 

Cartella_EsattorialeIl rischio più che concreto è il loro riproporsi, anche a dispetto dell’eventuale prescrizione, del saldo del debito, o della loro decadenza. Se canti vittoria troppo presto contro Agenzia delle Entrate Riscossione, il risveglio potrebbe essere particolarmente duro, e assumere le sembianze di una testata contro una vetrata apparentemente invisibile. Infatti, anche solo per un “mero” errore tecnico, c’è l’eventualità che l’ente torni alla carica, esigendo un qualche credito, sebbene tu abbia in precedenza chiarito la tua posizione.

Dover ingaggiare un’ulteriore battaglia legale nei confronti di Agenzia delle Entrate Riscossione, con annessa trafila burocratica, implica, inevitabilmente, dei costi. Parliamo di tempo ed energie investite, come pure delle ricadute in termini di stress e frustrazione. Il Giudice di Pace di Napoli è intervenuto sul punto nei giorni scorsi, emettendo la sentenza n.13537/2017.

Detta pronuncia ha precisato che un contribuente sottoposto a un’ulteriore richiesta di pagamento, nonostante il debito iniziale sia stato annullato, ha diritto al risarcimento del danno da stress. Nel caso specifico, al professionista coinvolto sono stati riconosciuti 250 euro a titolo di rimborso.

Gli effetti negativi subiti sono in re ipsa

Come ha stabilito la sentenza, ovvero derivanti dal tempo che l’interessato ha dovuto sottrarre alle proprie abituali attività per dimostrare che l’originaria cartella esattoriale era stata annullata. Specularmente, la responsabilità di Equitalia era connessa al fatto di non aver proceduto a cancellare il ruolo. L’azione del Giudice di Pace di Napoli è in linea con quanto sancito ex articolo 615 c.p.c.

La sentenza

Che ha preso le mosse da una vicenda riguardante due cartelle esattoriali, conclusasi poi con pronuncia passata in giudicato, ha inoltre precisato che l’estratto di ruolo può essere contestato. Quest’ultimo infatti rappresenta la riproduzione parziale del ruolo, che ha carattere impugnabile. 

La redazione 

 


 
 

Quando puoi opporti a un pignoramento?

Hai subito l’esproprio forzato dello stipendio o della pensione dall’Agenzia delle Entrate Riscossione?

Pignoramenti

La misura potrebbe risultare nulla. A pronunciarsi in tal senso è stata la Cassazione Civile, con la sentenza n. 26519 del 9 novembre 2017.

La Suprema Corte ha chiarito infatti che, essendo il pignoramento un atto esecutivo, si configura come di parte e quindi, a differenza dei provvedimenti pubblici, non beneficia della presunzione di veridicità fino all’eventuale presentazione di querela di falso.

I pignoramenti diretti eseguiti da Agenzia delle Entrate Riscossione presso terzi sono regolamentati ex articolo 72-bis d.P.R. n. 602 del 1973. La recente pronuncia della Corte di Cassazione sancisce la loro inefficacia, se questi contengono la generica indicazione di “importi relativi a tributi/entrate”. È infatti fondamentale che il contribuente sia messo al corrente della natura del debito contestato (sanzioni amministrative, contributi Inps, multe).

Il cittadino ha il diritto di conoscere tutti i dettagli relativi agli importi da saldare, e in tal senso fanno fede principalmente cartelle di pagamento e avvisi di mora. Dunque, un atto di pignoramento correttamente redatto deve riportare perlomeno gli estremi attraverso cui risalire a questi, secondo quanto stabilito dall’articolo 543 del Codice di Procedura Civile.

 

Ufficiale giudiziario: una figura per due ruoli diversi

All’origine della sentenza n. 26519 del 9 novembre 2017 ci sono le differenti prerogative di cui gode questo profilo, connesse alle peculiari attività svolte.

La notifica dell’atto di pignoramento rientra tra le attribuzioni tipiche del pubblico ufficiale, dunque, in tal caso l’ufficiale giudiziario dispone dei poteri correlati alla fidefacienza contemplati dagli articoli 2699 e 2700 del Codice Civile.

Al contrario, laddove redige l’atto di pignoramento, l’ufficiale giudiziario agisce come operatore privato, e dunque effettua un’attività processuale di parte.

La stesura del provvedimento non beneficia dunque del principio di fede pubblica. Così, nel caso in questione la Corte di Cassazione ha rilevato che il fatto che all’atto di pignoramento fosse allegato l’elenco dei debiti originari non costituiva alcuna garanzia. Detti documenti, infatti, non erano corredati da timbri di unione, e presentavano una data successiva. 

La redazione

 


 

 

Se perdi un decreto ingiuntivo è possibile sapere quanto hai sul c/c per un eventuale pignoramento?

Potere ai creditori

debitiIl tema relativo ai poteri dei creditori, in caso di somme pendenti, è ampio e caratterizzato da svariate ricadute. Questo, infatti, non riguarda solo la persona contro cui il Giudice abbia emesso un decreto ingiuntivo, bensì tutti i destinatari di un titolo esecutivo, ovvero il procedimento che consente di agire nei confronti del debitore che non abbia spontaneamente adempiuto agli obblighi di pagamento.

Ebbene, tra le varie forme di esecuzione forzata, quella del pignoramento presso terzi ed, in particolare, del pignoramento del conto corrente aperto dal debitore presso un qualsiasi istituto bancario, costituisce quella considerata più efficace e meno costosa per il creditore.

 

Il rispetto della privacy

Ciononostante, gli interessi legittimi di quest’ultimo incontrano, da sempre, il limite del rispetto del diritto alla privacy del debitore. Inevitabilmente il margine d’azione del legislatore e degli intermediari finanziari risulta limitato, dovendo contemperare esigenze derivanti da diritti contrapposti.

Dunque, se da un lato le recenti novelle legislative hanno fortemente incrementato gli strumenti a disposizione del creditore per il recupero forzoso delle somme vantate, dall’altro il legislatore non si è, finora, spinto oltre un certo punto, nella previsione di deroghe alla tutela della privacy del debitore.

Ma se il creditore è lo Stato?

Quanto sopra vale, sostanzialmente, laddove i crediti siano di natura privata, ovvero non derivanti dall’evasione di imposte e tasse o altri tributi a favore dello Stato. In quest’ultimo caso, invece, si è assistito recentemente ad un forte incremento delle capacità investigative dell’Agenzia delle Entrate, spesso oltre i paletti previsti a livello europeo in materia di privacy.

La Corte di Giustizia Europea ha infatti espresso principi quali quello della non eccedenza e pertinenza nella gestione delle banche dati, che non sempre sembra sufficientemente garantito, laddove lo Stato Italiano è impegnato nella lotta all’evasione fiscale.

Possono sapere il saldo sul conto?

conto_correnteAltro discorso è, invece, quello che qui ci interessa, ovvero il potere di un qualsiasi creditore privato a richiedere dati ed informazioni utili sul debitore, così da recuperare la somma pendente.

In tal senso risulta per certi versi rivoluzionaria la recente riforma del processo esecutivo, in quanto consente al creditore di accedere, dietro apposita autorizzazione giudiziaria, ai dati relativi al debitore contenuti nella cosiddetta Anagrafe Tributaria, nonché in quella dei Rapporti Finanziari. I limiti sono invece stringenti per quel che concerne la conoscenza anticipata dell’eventuale saldo del conto corrente del debitore da sottoporre ad esecuzione forzata.

Infatti, sebbene l'accesso alle suddette banche dati, ad oggi, permetta al creditore di risalire, ancor prima di intraprendere qualsiasi procedimento esecutivo, a notizie inerenti la fiscalità dei debitori e agli eventuali rapporti di natura finanziaria avviati da questi, quantificare l’effettiva giacenza esistente sul conto corrente, è possibile solo dopo aver avviato l’azione.

Per intenderci, solo dopo aver individuato il conto intestato al debitore ed averlo pignorato, il creditore potrà ottenere informazioni dettagliate, magari scoprendo che la controparte è quasi a ‘secco’ o, nella peggiore delle ipotesi, che il c/c è stato già chiuso.

Ad ogni modo, in caso di momentanea assenza di saldo sul conto pignorato, il Giudice assegnerà al creditore, nei limiti dell’importo consentito per legge, eventuali somme successivamente depositate, e fino alla concorrenza riconosciuta come dovuta.

Avvocato Valentina Esposito 
Foro di Napoli