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Posta elettronica certificata: quando è annullabile la cartella di pagamento?

Posta elettronica certificata

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La tecnologia ha notevolmente esemplificato svariati aspetti della quotidianità. Ad esempio, indubbiamente ci consente di risparmiare tempo e fatica (si pensi, ad esempio, agli acquisti online); l’altra faccia della medaglia, però, è rappresentata dal fatto che, mancando l’interazione fisica, faccia a faccia, tra persone, si sono resi necessari nuovi e suppletivi meccanismi di tutela

Purtroppo non sempre questi vengono effettivamente garantiti, e finora far valere in sede legale le ragioni dei contribuenti non è stato facile, trattandosi di una materia di nascita recente, per cui quindi è difficile trovare precedenti da far valere.

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D’altra parte negli ultimi anni i tribunali hanno dimostrato un lodevole sforzo volto a tenere il passo con i mutamenti tecnologici. Così, si sta formando una consistente schiera di pronunce relative al tema della posta elettronica certificata. A quali condizioni la notifica tramite PEC di una cartella esattoriale può considerarsi valida? Facciamo il punto.
La Commissione Tributaria Provinciale di Salerno, riprendendo un orientamento già definito, ha recentemente dichiarato che, laddove il file attraverso cui il contribuente viene informato del debito sia in formato .pdf e non in .p7m, la procedura è illegittima. Il credito dell’Agenzia delle Entrate Riscossione risulta quindi annullabile. 
L’estensione .p7m e .pdf sono tra loro equivalenti, a eccezione di un dettaglio alquanto rilevante. Il primo file, a differenza del secondo, include la firma digitale, che, da Codice di Procedura Civile, è stata imposta all’ufficiale giudiziario nei casi in cui utilizzi la PEC per notificare avvisi di pagamento. 
 
Premesso che, in base alla legge, l’impiego della posta elettronica certificata per recapitare avvisi di pagamento è ammesso solo se il destinatario è un professionista (ad es: commercialista) o il proprietario di un’azienda, per visualizzare correttamente un documento .p7m è necessario disporre di un apposito software. Quest’ultimo consente di provare l’autenticità del nome del mittente e la sua firma. D’altro canto numerosi tribunali hanno precisato che l’estensione .pdf  equivale a una fotocopia, quindi non offre garanzie circa l’attendibilità del documento. 

D’altra parte negli ultimi anni i tribunali hanno dimostrato un lodevole sforzo volto a tenere il passo con i mutamenti tecnologici. Così, si sta formando una consistente schiera di pronunce relative al tema della posta elettronica certificata. A quali condizioni la notifica tramite PEC di una cartella esattoriale può considerarsi valida? Facciamo il punto.

La Commissione Tributaria Provinciale di Salerno, riprendendo un orientamento già definito, ha recentemente dichiarato che, laddove il file attraverso cui il contribuente viene informato del debito sia in formato .pdf e non in .p7m, la procedura è illegittima. Il credito dell’Agenzia delle Entrate Riscossione risulta quindi annullabile.

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L’estensione .p7m e .pdf sono tra loro equivalenti, a eccezione di un dettaglio alquanto rilevante. Il primo file, a differenza del secondo, include la firma digitale, che, da Codice di Procedura Civile, è stata imposta all’ufficiale giudiziario nei casi in cui utilizzi la PEC per notificare avvisi di pagamento.

La redazione

 


 

 

In arrivo l’estensione a dieci anni dei termini di prescrizione delle cartelle esattoriali?

In arrivo l’estensione a dieci anni

Prescrizione_cartelle_esattoriali

Se nel corso della tua vita hai ricevuto almeno una cartella esattoriale, prossimamente l’ente riscossore potrebbe tornare a bussare alla tua porta. Nella bozza della Legge di Bilancio è infatti contenuto un emendamento che, se approvato, porterebbe a dieci anni i termini di prescrizione di tutti gli avvisi di pagamento.

Il provvedimento, che avrebbe peraltro efficacia retroattiva, “abbraccerebbe” una vastissima quantità di tributi: dalle multe stradali al bollo auto passando per Imu, Tasi, contributi Inps e Inail. La prima e più immediata conseguenza sarebbe che il Fisco avrebbe una finestra temporale incredibilmente estesa, per procedere a un pignoramento o mettere le ganasce a un veicolo.

Così, chi magari non aveva inoltrato domanda per accedere alla definizione agevolata confidando nella possibile prescrizione del debito resterà, presumibilmente a bocca asciutta. E rischia anzi di avere un’amara sorpresa.

Cosa succederà in concreto?

Finora Equitalia aveva sempre portato avanti, nelle aule di tribunale, l’assunto secondo cui una cartella di pagamento, se non impugnata entro due mesi dalla notifica, diventava equiparabile a una sentenza passata in giudicato, ovvero definitiva e quindi operativa in tutti i suoi effetti. I termini di prescrizione per questa categoria di atti sono decennali, e quindi facilmente gestibili dall’ente riscossore.

Dal canto suo, recentemente la Cassazione, attraverso una pronuncia delle Sezioni Unite (23395/16), ha specificato che, anche laddove non siano state impugnate nei 60 giorni previsti, le cartelle rimangono atti amministrativi e la loro efficacia è determinata dal tipo di tributo che le ha originate. Così, la prescrizione si perfeziona dopo 5 anni nel caso di contributi Inps e Inail e in tre anni per quanto riguarda il bollo auto.

 

La norma presente in Legge di Bilancio, definita di interpretazione autentica, fissa la prescrizione a dieci anni per tutte le cartelle esattoriali emesse fino al 31 dicembre 2017. Quelle “nate” a partire dal 1° gennaio 2018 ricadrebbero invece nella giurisdizione della pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione.

Le reazioni delle associazioni dei consumatori non si sono, ovviamente, fatte attendere. L’Aspes, ad esempio, ha dichiarato che il provvedimento inserito in Legge di Bilancio consolida la posizione dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione rendendo, specularmente, sempre più vulnerabile il contribuente.  

La redazione

 


 
 

Imposte: che succede se ti chiedono di pagare quando vivi all’estero?

che succede se ti chiedono di pagare quando vivi all’estero?

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Ci hai pensato a lungo. Hai soppesato pro e contro, valutato quali opportunità ti avrebbe offerto il mercato del lavoro, e alla fine ti sei deciso. Hai lasciato l’Italia e ti sei trasferito all’estero

Magari appartieni anche tu alla nutrita schiera di compatrioti insediati in Germania e Regno Unito o, al contrario, hai colto “l’azzardo” e preferito l’Australia con i suoi territori sconfinati.  

Tuttavia, dopo poco tempo il Belpaese, attraverso Equitalia, ha bussato alla tua porta e preteso il pagamento di una manciata di estratti di ruolo. Un vero e proprio fulmine a ciel sereno in quanto precedentemente non avevi ricevuto alcuna comunicazione in tal senso, e comunque avevi regolarmente notificato all’AIRE il cambio di residenza.

Come muoversi in questi casi?

In primo luogo è necessario chiarire a quali condizioni l’ente ha facoltà di esigere il credito. I termini che deve rispettare sono due: decadenza e prescrizione.  Il primo si riferisce alla “finestra temporale” entro cui va notificata la cartella esattoriale, mentre il secondo riguarda il limite entro cui riscuotere la somma pendente (solitamente si parla di dieci anni).

 

Come verificare quando “scocca” il termine di decadenza?

Le casistiche sono tre:

- somme sottoposte ad accertamenti d’ufficio: 31 dicembre del secondo anno a partire dalla data in cui il provvedimento si è perfezionato;

- importi relativi ad attività di liquidazione: 31 dicembre del terzo anno seguente la presentazione della comunicazione;

- cifre maturate a seguito di controlli formali: 31 dicembre del quarto anno dopo che lo stesso è avvenuto.

Fatte queste premesse, passiamo a chiarire a quale indirizzo si perfeziona la notifica della cartella esattoriale. Gli italiani residenti all’estero mantengono il domicilio fiscale là dove il reddito è stato prodotto. Dunque, se in loco il destinatario non dispone nè di un’abitazione, né di un ufficio né di un’impresa, la comunicazione si considera correttamente notificata dopo 8 giorni dall’affissione presso l’albo del Comune in cui l’avviso è stato depositato.

Ne consegue che l’unica azione che i residenti all’estero possono intraprendere, nel caso in cui venga richiesto il pagamento di una cartella esattoriale mai notificata, è la verifica dei termini di prescrizione e decadenza. 

La redazione