Notizie

Dopo quanto si prescrive un decreto ingiuntivo?

Se non paghi nei termini previsti un debito, il creditore busserà alla tua porta

Prescrizione-decreto-ingiuntivoE lo farà attraverso il decreto ingiuntivo, documento emesso dal tribunale a seguito del deposito di un ricorso, che vincola il debitore a saldare la pendenza entro 40 giorni dall’avvenuta notifica per scongiurare il pignoramento di beni mobili e immobili.

Il recapito del decreto ingiuntivo, però, può essere perfezionato in una finestra temporale relativamente lunga, e cioè 60 giorni, l’equivalente di due mesi circa.

Ti potrebbe interessare

Azienda fallita: quanto dura la segnalazione a cattivo pagatore?

Dopo averne preso visione, il debitore ha davanti a sé tre alternative: pagare il dovuto, non pagare, o effettuare una contestazione.

Il decreto ingiuntivo si prescrive in 10 anni, ma nel caso in cui il creditore notifichi nuovi e successivi atti al debitore, il computo viene resettato. E si riparte da zero.

Un esempio pratico: se a distanza di tempo dall’emissione del decreto ingiuntivo, il creditore richiede un atto di precetto (l’ultima chance concessa al debitore per estinguere la pendenza ENTRO 10 giorni), il periodo già trascorso ai fini prescrittivi si cancella. E il calcolo dei fatidici 10 anni ricomincia.

Clicca qui per ricevere assistenza e pagare i tuoi debiti in base alle tue possibilità

La redazione 



 


Notifica debito illegittima se PEC mittente non registrata

Il Fisco può mandare via email le cartelle?

Sì, ma deve qualificarsi. Se la comunicazione arriva da un indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) non contenuto negli appositi registri, la cartella risulta affetta da vizio formale e quindi decade. A stabilirlo è stata la Commissione Tributaria Provinciale di Roma (CTP), che ha visto avvalorare la sua tesi dall’omonimo organo calabrese.

Dunque, se il contribuente riceve una cartella esattoriale per email da Agenzia delle Entrate Riscossione, prima di precipitarsi a pagare (o di entrare nel panico) deve verificare se l’indirizzo email del mittente è presente nell’Indice delle Pubbliche Amministrazioni (IPA), Reginde o Inipec. Vale a dire, gli elenchi in cui sono annotati tutti gli indirizzi PEC di privati, delle aziende, e degli enti pubblici.

L’orientamento delle due commissioni tributarie prende le mosse dalla necessità di tutelare i contribuenti dai rischi connessi al fenomeno del phishing. Una pratica illecita, questa, finalizzata a carpire dati sensibili camuffando un messaggio attraverso una veste istituzionale. Così, grazie ad una email inviata dal sedicente servizio assistenza di Poste Italiane, il malcapitato può vedere svuotato il proprio conto corrente o clonata la propria carta d’identità. Ecco perché è fondamentale controllare l’indirizzo da cui la email proviene (e NON limitarsi a leggere il nome che il mittente gli ha associato) e, in caso di dubbio, NON aprire gli allegati né cliccare su eventuali link.

Leggi anche

Possibile impugnare cartelle indipendentemente da decadenza

La redazione 

 



 


Bologna: operai ricomprano azienda con indennità disoccupazione

La fine di un progetto non è necessariamente una sconfitta

Reno-FonderiePuò rivelarsi, al contrario, una ripartenza. Basta cogliere l’opportunità di mettersi in gioco, accettando l’imponderabile quota di rischio ed incognita che ciò comporta.

Si può riassumere così l’odissea a lieto fine ( o meglio, a coraggioso nuovo inizio) della LEM di Porretta Terme, società nata nel secondo dopoguerra, e specializzatasi nella pressofusione di leghe leggere. Dopo aver chiuso i battenti tre anni fa ed essere stata sottoposta ad esercizio provvisorio, è stata rimessa in piedi da 18 dei 30 dipendenti che, riuniti in cooperativa, l’hanno comprata all’asta utilizzando le proprie indennità di disoccupazione. Nasce così Reno Fonderie.

Ti potrebbe interessare

Denaro contante: nuovi limiti (e multe per i trasgressori)

La solidità finanziaria della LEM iniziò a scricchiolare intorno al 2000, a seguito del passaggio di consegne dal fondatore ai figli, della crisi del 2008, e del fallimento di due tra i principali clienti. A nulla servì il dimezzamento dell’organico (80 dipendenti nel 2011, 40 nel 2018).

La svolta si è avuta quando il curatore fallimentare ha suggerito ai lavoratori restanti la possibilità di ricorrere all’esercizio provvisorio, che è stata colta avvalendosi del sostegno di Legacoop Bologna e Legacoop Produzione e Servizio.

La redazione