Le ferie sono ormai finite, e tutto sta tornando, gradualmente, alla normalità. Così, chi aveva richiesto e ottenuto prima dell’estate la definizione agevolata dei debiti ha iniziato il conto alla rovescia in attesa di liberarsene, verificando, contestualmente, quale impatto avranno le rate residue sul proprio budget. In molti, però, erano rimasti a bocca asciutta, venendo tagliati fuori dalla procedura di rottamazione. Tuttavia, all’orizzonte potrebbe prospettarsi una seconda occasione. A darne notizia è stato Il Sole 24 Ore nei giorni scorsi.
La Legge di Bilancio 2018 potrebbe infatti riaprire le porte della definizione agevolata per 400mila contribuenti. Il Governo avrebbe bisogno di una cifra compresa tra 13 e 15 miliardi di euro per realizzare alcuni obiettivi tra cui la riduzione del cuneo fiscale per i giovani, il consolidamento del fondo finalizzato al contrasto alla povertà, e l’attuazione di mini-correttivi alle pensioni.
Le cifre della “prima puntata” della definizione agevolata
La rottamazione delle cartelle esattoriali richiesta attraverso il modulo DA1 a oggi ha fatto incassare allo Stato circa 2 miliardi di euro. L’iniziativa, che ha interessato i contribuenti destinatari di avvisi di pagamento notificati entro il 31 dicembre 2016, si concluderà nel 2018, e complessivamente dovrebbe portare un gettito di 7,2 miliardi di euro.
La definizione agevolata ha consentito di risparmiare su sanzioni e interessi di mora. Qui di seguito le prossime scadenze da tenere d’occhio:
- entro il 15 dicembre i contribuenti dovranno pagare il 70% dell’importo totale del debito;
- entro settembre 2018 andrà saldato il 30% residuo.
La rottamazione dei debiti con la vecchia Equitalia è qualcosa in cui molti contribuenti ripongono grandi aspettative, alimentate dalla speranza di potersi liberare delle proprie pendenze con un colpo di spugna e tornare a dormire sonni tranquilli. Tuttavia, laddove, come nel primo caso, il numero massimo di rate sarà limitato, gli interessati dovranno decidere con cautela e lungimiranza il da farsi, per evitare di farsi carico, ancora una volta, di una spesa difficilmente sostenibile nel lungo periodo.
Rottamazione cartelle esattoriali
Le ferie sono ormai finite, e tutto sta tornando, gradualmente, alla normalità.
Così, chi aveva richiesto e ottenuto prima dell’estate la definizione agevolata dei debiti ha iniziato il conto alla rovescia in attesa di liberarsene, verificando, contestualmente, quale impatto avranno le rate residue sul proprio budget.
In molti, però, erano rimasti a bocca asciutta, venendo tagliati fuori dalla procedura di rottamazione. Tuttavia, all’orizzonte potrebbe prospettarsi una seconda occasione. A darne notizia è stato Il Sole 24 Ore nei giorni scorsi.
La Legge di Bilancio 2018 potrebbe infatti riaprire le porte della definizione agevolata per 400mila contribuenti. Il Governo avrebbe bisogno di una cifra compresa tra 13 e 15 miliardi di euro per realizzare alcuni obiettivi tra cui la riduzione del cuneo fiscale per i giovani, il consolidamento del fondo finalizzato al contrasto alla povertà, e l’attuazione di mini-correttivi alle pensioni.
Le cifre della “prima puntata” della definizione agevolata
La rottamazione delle cartelle esattoriali richiesta attraverso il modulo DA1 a oggi ha fatto incassare allo Stato circa 2 miliardi di euro. L’iniziativa, che ha interessato i contribuenti destinatari di avvisi di pagamento notificati entro il 31 dicembre 2016, si concluderà nel 2018, e complessivamente dovrebbe portare un gettito di 7,2 miliardi di euro.
La definizione agevolata ha consentito di risparmiare su sanzioni e interessi di mora. Qui di seguito le prossime scadenze da tenere d’occhio:
- entro il 15 dicembre i contribuenti dovranno pagare il 70% dell’importo totale del debito;
- entro settembre 2018 andrà saldato il 30% residuo.
La rottamazione dei debiti con la vecchia Equitalia è qualcosa in cui molti contribuenti ripongono grandi aspettative, alimentate dalla speranza di potersi liberare delle proprie pendenze con un colpo di spugna e tornare a dormire sonni tranquilli.
Tuttavia, laddove, come nel primo caso, il numero massimo di rate sarà limitato, gli interessati dovranno decidere con cautela e lungimiranza il da farsi, per evitare di farsi carico, ancora una volta, di una spesa difficilmente sostenibile nel lungo periodo.
Avere un debito e non essere in grado di estinguerlo integralmente equivale a essere seduti su una bomba a orologeria. La disperazione, infatti, è una pessima consigliera e rischia di condurre a decisioni estreme e assolutamente inefficaci. Così, quando ci si sente strangolati dalla morsa dei creditori, può capitare di pensare al suicidio, di cadere vittima di attività illecite, e di rivolgersi agli usurai.
Un circolo vizioso, questo, in cui sono rimasti intrappolati in molti, a seguito della crisi. Così, proprio quando questa era arrivata al culmine, è stata varata una legge, la numero 3 del 2012, finalizzata a consentire a un’ampia fascia di cittadini di liberarsi dei debiti anche se impossibilitati a saldarli per intero. In che modo? Corrispondendo ai creditori un importo proporzionato alle proprie risorse.
Parliamo dell’esdebitazione, ovvero la procedura che consente di estinguere le pendenze residue ed essere riabilitati, attraverso la cancellazione del proprio nominativo dai cosiddetti registri dei cattivi pagatori. Sì, perché uno degli effetti collaterali dell’indebitamento è che banche e burocrazia non ci pensano due volte a far terra bruciata intorno all’interessato, compromettendo spesso definitivamente anche il suo futuro. Insomma, attraversare un periodo di difficoltà finanziarie rischia di avere effetti più devastanti di una condanna all’ergastolo.
Piano Debiti è una startup a vocazione sociale nata nel 2015 che offre supporto a chi vuole uscire da una situazione di sovraindebitamento accedendo a una delle procedure previste dalla legge numero 3 del 2012. Abbiamo chiesto al suo staff di spiegare in dettaglio cosa prevede la normativa e chi ne può beneficiare.
Quali debiti sono interessati e come liberarsene?
Il provvedimento può essere applicato in riferimento a pendenze verso banche, finanziarie, privati ed enti pubblici, e consente ai cosiddetti “soggetti non fallibili” (aziende agricole, pensionati, consumatori, dipendenti, professionisti iscritti all’albo e imprese con fatturato inferiore a 200mila euro) di sottoporre ai creditori un piano di ristrutturazione.
La legge numero 3 del 2012 non fissa un importo minimo al di sotto del quale non è possibile beneficiare dell’esdebitazione, tuttavia, affinchè il soggetto non fallibile riscontri un sostanziale alleggerimento della propria condizione, è necessario che l’esposizione finanziaria iniziale sia almeno di qualche decina di migliaia di euro.
“Riconoscere il diritto a un fresh start”
Detta espressione, rileva lo staff di Piano Debiti, viene utilizzata nei paesi anglosassoni per indicare le procedure di ristrutturazione delle pendenze destinate a chi è sovraindebitato. Un iter, questo, ormai consolidato all’estero.
Fresh start significa nuova partenza, e rappresenta la possibilità, per i soggetti non fallibili, di archiviare una fase particolarmente buia e critica della propria vita, professionale ma anche privata, e ricominciare, appropriandosi nuovamente del diritto a una vita dignitosa e serena. Il che, tradotto in termini spiccioli, significa, ad esempio, poter aprire un conto corrente e disporre di una carta di credito, dopo che il piano di ristrutturazione è stato accolto.
Esdebitazione: come si perfeziona?
Gli strumenti introdotti dalla legge numero 3 del 2012 sono:
-il Piano del Consumatore (generalmente accolto senza particolari problemi da Comuni e Agenzia delle Entrate);
-la Liquidazione del Patrimonio;
-l’Accordo con i Creditori (riservato alle imprese, prevede un piano che diventa operativo se soddisfa almeno il 60% del debito).
Per beneficiare di uno di questi è necessario presentare apposita documentazione inerente la propria situazione personale e patrimoniale, unitamente a un’istanza ad hoc destinata al tribunale. Spetta poi all’Organismo di Composizione della Crisi verificare che questa sia veritiera e sostenibile.
L’OCC può essere costituito in due modi: attraverso nomina da parte del giudice, o tramite designazione degli organismi che fanno capo agli Ordini Professionali.
La legge sul sovraindebitamento funziona, ma è migliorabile. È questo il commento dello staff di Piano Debiti. Per migliorare la situazione servirebbe un approccio ancora più metodico e rigoroso, che consenta di sistematizzare la procedura di lavorazione della pratica.
Questi gli aspetti che potrebbero essere suscettibili di perfezionamento:
-l’ampliamento della platea delle aziende interessate, rivedendo il tetto dei 200mila euro di fatturato;
-far sì che anche gli enti pubblici concorrano alla formazione degli OCC;
-controllare i soggetti che operano nel settore delle consulenze, impedendo speculazioni e strumentalizzazioni (c’è chi chiede anche 8mila euro per istituire una pratica).
puoi ricorrere alla legge sul sovraindebitamento
Avere un debito e non essere in grado di estinguerlo integralmente equivale a essere seduti su una bomba a orologeria. La disperazione, infatti, è una pessima consigliera e rischia di condurre a decisioni estreme e assolutamente inefficaci. Così, quando ci si sente strangolati dalla morsa dei creditori, può capitare di pensare al suicidio, di cadere vittima di attività illecite, e di rivolgersi agli usurai.
Un circolo vizioso, questo, in cui sono rimasti intrappolati in molti, a seguito della crisi. Così, proprio quando questa era arrivata al culmine, è stata varata una legge, la numero 3 del 2012, finalizzata a consentire a un’ampia fascia di cittadini di liberarsi dei debiti anche se impossibilitati a saldarli per intero. In che modo? Corrispondendo ai creditori un importo proporzionato alle proprie risorse.
Parliamo dell’esdebitazione
Ovvero la procedura che consente di estinguere le pendenze residue ed essere riabilitati, attraverso la cancellazione del proprio nominativo dai cosiddetti registri dei cattivi pagatori. Sì, perché uno degli effetti collaterali dell’indebitamento è che banche e burocrazia non ci pensano due volte a far terra bruciata intorno all’interessato, compromettendo spesso definitivamente anche il suo futuro. Insomma, attraversare un periodo di difficoltà finanziarie rischia di avere effetti più devastanti di una condanna all’ergastolo.
Piano Debiti è una startup a vocazione sociale nata nel 2015 che offre supporto a chi vuole uscire da una situazione di sovraindebitamento accedendo a una delle procedure previste dalla legge numero 3 del 2012. Abbiamo chiesto al suo staff di spiegare in dettaglio cosa prevede la normativa e chi ne può beneficiare.
Quali debiti sono interessati e come liberarsene?
Il provvedimento può essere applicato in riferimento a pendenze verso banche, finanziarie, privati ed enti pubblici, e consente ai cosiddetti “soggetti non fallibili” (aziende agricole, pensionati, consumatori, dipendenti, professionisti iscritti all’albo e imprese con fatturato inferiore a 200mila euro)di sottoporre ai creditori un piano di ristrutturazione.
La legge numero 3 del 2012 non fissa un importo minimo al di sotto del quale non è possibile beneficiare dell’esdebitazione, tuttavia, affinchè il soggetto non fallibile riscontri un sostanziale alleggerimento della propria condizione, è necessario che l’esposizione finanziaria iniziale sia almeno di qualche decina di migliaia di euro.
“Riconoscere il diritto a un fresh start”
Detta espressione, rileva lo staff di Piano Debiti, viene utilizzata nei paesi anglosassoni per indicare le procedure di ristrutturazione delle pendenze destinate a chi è sovraindebitato. Un iter, questo, ormai consolidato all’estero.
Fresh start significa nuova partenza, e rappresenta la possibilità, per i soggetti non fallibili, di archiviare una fase particolarmente buia e critica della propria vita, professionale ma anche privata, e ricominciare, appropriandosi nuovamente del diritto a una vita dignitosa e serena. Il che, tradotto in termini spiccioli, significa, ad esempio, poter aprire un conto corrente e disporre di una carta di credito, dopo che il piano di ristrutturazione è stato accolto.
Esdebitazione: come si perfeziona?
Gli strumenti introdotti dalla legge numero 3 del 2012 sono:
-il Piano del Consumatore (generalmente accolto senza particolari problemi da Comuni e Agenzia delle Entrate);
-la Liquidazione del Patrimonio;
-l’Accordo con i Creditori (riservato alle imprese, prevede un piano che diventa operativo se soddisfa almeno il 60% del debito).
Per beneficiare di uno di questi è necessario presentare apposita documentazione inerente la propria situazione personale e patrimoniale, unitamente a un’istanza ad hoc destinata al tribunale. Spetta poi all’Organismo di Composizione della Crisi verificare che questa sia veritiera e sostenibile.
L’OCC può essere costituito in due modi: attraverso nomina da parte del giudice, o tramite designazione degli organismi che fanno capo agli Ordini Professionali.
La legge sul sovraindebitamento funziona, ma è migliorabile. È questo il commento dello staff di Piano Debiti. Per migliorare la situazione servirebbe un approccio ancora più metodico e rigoroso, che consenta di sistematizzare la procedura di lavorazione della pratica.
Questi gli aspetti che potrebbero essere suscettibili di perfezionamento:
-l’ampliamento della platea delle aziende interessate, rivedendo il tetto dei 200mila euro di fatturato;
-far sì che anche gli enti pubblici concorrano alla formazione degli OCC;
-controllare i soggetti che operano nel settore delle consulenze, impedendo speculazioni e strumentalizzazioni (c’è chi chiede anche 8mila euro per istituire una pratica).
Spesso una cosa per essere percepita come reale deve produrre effetti concreti, tangibili, o avere ripercussioni su qualcosa di materiale, che ci appartiene. È indubbiamente questo il modo più immediato per “toccare con mano” quello che succede.
Un impatto, questo, particolarmente sentito e doloroso in caso di debiti: generalmente, i primi “sintomi” che qualcosa di irrevocabile potrebbe accadere sono l’evocazione di concetti come ipoteca e pignoramento. Le sole parole sono infatti in grado di evocare scenari cupi e angoscianti. Tuttavia, si tratta di situazioni distinte e diverse, che non necessariamente si sovrappongono. Proviamo a fare ordine … e sgomberare il campo da timori superflui.
L’ipoteca rappresenta una garanzia nei confronti del creditore, che si tutela dall’eventuale insolvenza della controparte e acquisisce una priorità rispetto ad altri creditori. Esempio: accendi un mutuo per comprare casa, e la banca iscrive un’ipoteca sull’immobile. L’istituto di credito si mette così al riparo dal rischio che una o più rate non vengano pagate potendo rivendicare la proprietà della casa.
Questa misura precede il pignoramento, e non impedisce comunque di disporre dei beni interessati, ad esempio vendendoli.
Pignoramento ed esproprio sono invece sinonimi, e indicano la procedura, regolamentata dagli articoli 483 e 604 del codice civile, con cui i beni vengono forzatamente sottratti dal debitore. Quest’ultimo non può quindi può disporre degli stessi.
Il pignoramento è il passaggio preliminare per monetizzare il valore di beni mobili e immobili e saldare i crediti secondo un criterio di priorità. L’espropriazione immobiliare può riguardare, oltre all’immobile, le sue pertinenze, i frutti pendenti e i mobili contenuti all’interno.
Inoltre, secondo l’articolo 2911 del codice civile, se il creditore ha ipotecato un immobile, deve procedere all’esproprio dello stesso, prima di pignorarne altri.
Differenza tra pignoramento e ipoteca
Spesso una cosa per essere percepita come reale deve produrre effetti concreti, tangibili, o avere ripercussioni su qualcosa di materiale, che ci appartiene. È indubbiamente questo il modo più immediato per “toccare con mano” quello che succede.
Un impatto, questo, particolarmente sentito e doloroso in caso di debiti: generalmente, i primi “sintomi” che qualcosa di irrevocabile potrebbe accadere sono l’evocazione di concetti come ipoteca e pignoramento.
Le sole parole sono infatti in grado di evocare scenari cupi e angoscianti. Tuttavia, si tratta di situazioni distinte e diverse, che non necessariamente si sovrappongono. Proviamo a fare ordine … e sgomberare il campo da timori superflui.
L’ipoteca rappresenta una garanzia nei confronti del creditore, che si tutela dall’eventuale insolvenza della controparte e acquisisce una priorità rispetto ad altri creditori. Esempio: accendi un mutuo per comprare casa, e la banca iscrive un’ipoteca sull’immobile. L’istituto di credito si mette così al riparo dal rischio che una o più rate non vengano pagate potendo rivendicare la proprietà della casa.
Questa misura precede il pignoramento, e non impedisce comunque di disporre dei beni interessati, ad esempio vendendoli.
Pignoramento ed esproprio sono invece sinonimi, e indicano la procedura, regolamentata dagli articoli 483 e 604 del codice civile, con cui i beni vengono forzatamente sottratti dal debitore. Quest’ultimo non può quindi può disporre degli stessi.
Il pignoramento è il passaggio preliminare per monetizzare il valore di beni mobili e immobili e saldare i crediti secondo un criterio di priorità. L’espropriazione immobiliare può riguardare, oltre all’immobile, le sue pertinenze, i frutti pendenti e i mobili contenuti all’interno.
Inoltre, secondo l’articolo 2911 del codice civile, se il creditore ha ipotecato un immobile, deve procedere all’esproprio dello stesso, prima di pignorarne altri.