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Stipendio: quando può essere pignorato più (o meno) del 20%

Il metodo per calcolare la quota aggredibile è differenziato

Pignoramento-stipendioIl tetto massimo di un quinto, infatti, rappresenta un’indicazione di massima, vale a dire teorica. In molteplici, specifiche, casistiche, infatti, il creditore può pignorare una quota diversa dello stipendio del debitore.

Basti pensare all’assegno di mantenimento dovuto ai figli in caso di separazione: il genitore insolvente può subire un esproprio pari ad un terzo del suo reddito mensile.

Qualora il creditore sia Agenzia delle Entrate, il pignoramento può avvenire entro il 10% dello stipendio, se questo è inferiore o uguale a 2.500 euro. La quota massima aggredibile è invece del 7% per importi entro 5mila euro, e del 20% se il reddito mensile supera 5mila euro.

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…e se c’è più di un creditore?

Vengono soddisfatti uno dopo l’altro, se appartengono alla medesima tipologia; in caso di eterogeneità, invece, le pratiche possono svolgersi in contemporanea.

Le tre principali categorie di creditori sono: privati, agenzie pubbliche/territoriali di riscossione, ed ex coniugi cui spettano l’assegno di mantenimento. La cifra complessivamente pignorata, in questo caso, non può eccedere il 50% dello stipendio.

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La redazione

 

 


 

Come liberare il conto corrente in caso di debiti?

Il pignoramento presso terzi può compromettere definitivamente la vita del debitore

Conto-corrente-e-debitiL’impossibilità di disporre del proprio conto corrente incide non solo sulla quotidianità del privato cittadino, ma può determinare anche un contraccolpo professionale, nel caso di un imprenditore. L’iscrizione in Centrale Rischi equivale infatti a ricevere una sorta di lettera scarlatta, in quanto polverizza istantaneamente la credibilità riconosciuta dagli istituti di credito. Ne consegue la paralisi produttiva.

L’imperativo per il debitore è quindi agire tempestivamente per sbloccare il conto corrente. Le opzioni disponibili sono due: la conversione o la transazione con il creditore.

Traslocare il pignoramento per ottenere la “liberazione” immediata del conto

Questo, in breve, implica la procedura di conversione. Il debitore si rivolge al giudice per pattuire lo svincolo in tempi rapidi del proprio conto, impegnandosi a rispettare una serie di regole.

Il correntista trasferisce il pignoramento su un importo da depositare su un libretto ad hoc intestato alla procedura esecutiva e tenuto in consegna dalla Cancelleria del Giudice dell’Esecuzione.

L’ammontare della cifra da corrispondere è determinato dall’autorità giudiziaria, e deve comprendere oltre al capitale le spese e gli interessi.

In caso di pagamento rateale, dopo l’ultimo versamento l’intera somma viene trasferita al creditore. A questo punto si perfeziona lo svincolo del conto.

È necessario presentare la domanda per accedere a tale strumento prima che l’autorità giudiziaria assegni al creditore l’importo depositato sull’IBAN.

Transazione mediante scrittura privata

Si tratta di un accordo bonario stipulato tra debitore e creditore e finalizzato a liberare il conto corrente in tempi stretti, a seguito del parziale e immediato saldo della pendenza.  Dopo questo l’eventuale differenza può essere corrisposta a rate.

Solitamente, ricorrendo alla transazione, l’importo da corrispondere al creditore risulta inferiore a quello che sarebbe stato fissato mediante conversione.

A ciò si aggiunge il fatto che il creditore rientra in possesso dei propri soldi – o quantomeno di una parte cospicua di questi – con estrema rapidità. Non deve quindi attendere il pagamento dell’ultima tranche per disporre materialmente della liquidità.

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Lucca: fideiussione capestro cancellata e pignoramento immobile scongiurato

Fare da garante per un mutuo si rivela spesso un’arma a doppio taglio

Fideiussione-mutuoInfatti, sottoscrivere una fideiussione per permettere a  qualcun altro (partner, amico, figlio…) di ricevere liquidità NON è una mera formalità, anche se, dimostrando una certa superficialità, è così che i diretti interessati tendono a presentarla.

Così, può capitare che, dopo una manciata di rate saltate dal mutuatario, il fideiussore venga chiamato in causa per rimborsare la pendenza. E, che in caso di rifiuto, questo rischi che i propri beni vengano intaccati.

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Fortunatamente, però, in questi giorni è arrivata una buona notizia dalla Toscana: una fideiussione capestro (caratterizzata, cioè, da condizioni particolarmente rigide e pesanti) risalente e 13 anni fa è stata cancellata, salvando l’immobile di proprietà del sottoscrittore. L’uomo si era inizialmente impegnato per un importo di circa 120mila euro, che già dopo un anno erano diventati quasi 200mila.

Nel frattempo il conto corrente a cui era agganciata la fideiussione veniva chiuso rilevando uno scoperto di 130mila euro; la banca cedette il credito ad un altro istituto, avvalendosi del metodo della cartolarizzazione.

Dopo anni fu emesso un decreto ingiuntivo, ma la società di proprietà del debitore non esisteva più, e quindi il provvedimento fu “trasferito” in capo al fideiussore. Questo si opponeva appellandosi alla violazione della normativa antitrust del 1990, e il giudice del Tribunale di Lucca ha accolto le sue ragioni annullando il pignoramento e obbligando la banca a pagare le spese processuali.

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