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Illeciti bancari: scattano i controlli della Guardia di Finanza

Ispezione_banche_anatocismoIlleciti bancari e Anatocismo

Non accennano a spegnersi i riflettori sul tema dell’anatocismo. Nei giorni scorsi i funzionari dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato hanno ispezionato le sedi di alcuni tra i principali istituti di credito (Bnl, Intesa San Paolo, UniCredit). 

L’operazione, resa nota attraverso un comunicato pubblicato sul sito dell’organizzazione, ha visto l’intervento congiunto del Nucleo Speciale della Guardia di Finanza.

Le banche si sarebbero rese responsabili di pratiche commerciali scorrette in quanto sarebbero ricorse alla capitalizzazione degli interessi fino al 2016, sebbene la Legge di Stabilità del 2014 la vietasse esplicitamente

Dopo l’entrata in vigore dell’articolo 17 bis del Decreto 18 dello scorso anno, che ha confermato il bando della pratica a meno che l’utente non l’abbia preventivamene autorizzata, avrebbero quindi adottato tecniche aggressive per estorcere il permesso necessario a effettuare l’addebito.

 

In quali casi è consentito l’anatocismo oggi?

Come precisato, i requisiti necessari sono che il consumatore sia stato informato al momento della firma del contratto (anche se non è chiaro perché dovrebbe dare il via libera) e che gli interessi siano scaduti da almeno sei mesi.

L’importo incassato dalle banche sfruttando questa pratica, dal 1 gennaio 2014 al 30 settembre 2016, è stato impressionante

Si parla di una cifra compresa tra 6,7 e 7,8 miliardi di euro. A questa si aggiungono gli interessi capitalizzati nel periodo compreso tra il 30 settembre e il 30 dicembre 2016, e quelli di mora a partire dal 1 marzo.

In passato erano comunque già state spiccate alcune ordinanze e condanne nei confronti di ING, BPM, Deutsche Bank, Banca Antonveneta e BancaRegionale Europea. Cariparma e Banca del Piemonte avevano invece dimostrato la propria estraneità.

La reazione delle associazioni dei consumatori

Adusbef (Associazione Difesa Consumatori ed Utenti Bancari, Finanziari e Assicurativi) ha salutato con favore l’iniziativa dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. 

Peraltro, già a inizio marzo aveva inoltrato a 15 procure della Repubblica alcuni esposti – denunce destinati a istituti di credito e Bankitalia. Contestualmente aveva reso disponibile sul proprio sito un facsimile per procedere in autotutela allo scopo di evitare il blocco dei conti correnti. 

da redazione



Quello che devi sapere se stai pensando di rottamare i tuoi debiti

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Ci siamo. La definizione agevolata arriva al rush finale. Migliaia di italiani hanno fatto richiesta, sperando di vedere alleggerita la propria posizione nei confronti del Fisco. 

Eppure, alcuni aspetti del provvedimento hanno suscitato perplessità da parte degli addetti ai lavori

Uno di loro, l’avvocato Franco Muratori, esperto in materia fiscale, è stato intervistato da Adnkronos. Ecco gli elementi che ha evidenziato.

La definizione è davvero agevolata solo per debiti di modesta entità

Partendo da questa considerazione risulta chiaro che aderire alla misura, ovvero cominciare a pagare, ha senso solo se gli importi sono sostenibili in relazione al proprio bilancio familiare, e si ha quindi la certezza di poter onorare tutte le rate. 

A tal proposito bisogna ricordare che il tempo massimo di cui dispone il contribuente per estinguere il debito sono 14 mesi e cinque scadenze. Il 60% del totale va sborsato nei primi tre mesi.

Anche un mancato o ritardato versamento comporta il decadimento dalla rottamazione e il ripristino del credito originario dell’Ente di Riscossione. Il provvedimento è in grado di incidere significativamente sulla condizione economica del contribuente solo se l’importo complessivo da saldare è contenuto, al netto di sanzioni e interessi di mora decurtati.

Il paradosso dei debiti più “vecchi”

Se le pendenze risalgono agli anni intorno al 2000 potrebbero determinare una situazione contraddittoria. Infatti solitamente in questi casi la definizione agevolata si rivela conveniente, ma contestualmente potrebbe già essere intervenuta la prescrizione.

Non sono rari, a oggi, i casi in cui Equitalia ha effettuato proposte di rottamazione riguardanti posizioni ormai estinte e ciò perché sono mancate verifiche a monte. (Ne avevamo parlato qui)

Rottamazione tradizionale: cos’è e quando conviene

giustiziaIl contribuente può chiedere di pagare in tranche il proprio debito nei confronti dell’Agenzia di Riscossione se sta attraversando una situazione finanziaria critica (rateazione ordinaria in massimo 72 rate mensili), o se i problemi economici esulano dalla propria volontà e hanno a che fare con il contesto in cui opera (rateazione straordinaria: fino a 120 rate mensili).

Chi rottama può comunque avvalersi della possibilità di presentare successivamente ricorso, compatibilmente con i termini indicati dalla legge. Questo perché la Cassazione, con sentenza n. 3347/2017, ha stabilito che “spezzettare” in più soluzioni un debito non equivale ad ammettere lo stesso. Infatti la dilazione può essere stata richiesta per ovviare al fermo dell’auto e procedere con calma all’impugnazione.

Per quanto riguarda il blocco amministrativo del veicolo, per tornare a circolare è sufficiente esibire la ricevuta del primo versamento allo sportello dell’Agenzia di Riscossione, e portare al PRA la quietanza rilasciata. Il fermo sarà comunque cancellato solo dopo che il debito verrà integralmente estinto.

Anche un eventuale pignoramento in corso è “congelato” a seguito del versamento della prima tranche; d’altra parte, in caso di procedura presso terzi non è più possibile far nulla in caso sia già pervenuta la dichiarazione del terzo pignorato.

Quali sono gli svantaggi se rottami?

Rateizzare non annulla l’ipoteca già iscritta. Questa infatti viene cancellata solo dopo aver pagato integralmente il debito. Inoltre, dilazionare significa doversi accollare anche gli interessi legali, che in genere sono una voce cospicua.

Per concludere, si pone il problema dei termini di prescrizione. Chiedendo di poter beneficiare della rottamazione questi vengono interrotti? Secondo la Corte di Appello di Roma sì, e questo significa che, in caso il contribuente dopo aver ottenuto la dilazione si accorga che il debito era “scaduto”, non potrà più far valere questa motivazione. 

da redazione



Più facile per i crediti trasformarsi in pignoramenti

Hai un debito con il Fisco? 

Decreto_Legge_Pignoramenti

Nel futuro prossimo potrebbe essere più facile perdere la casa e vederla assegnare a questo. 

Infatti nei giorni scorsi il Consiglio dei Ministri ha varato un decreto legge che, sommandosi all’ultima Legge di Bilancio, costituisce una sorta di una manovra correttiva e ha fissato a 120mila euro il tetto minimo necessario a procedere tramite pignoramento immobiliare.

Qual è l’attuale disciplina della materia?

A oggi non è possibile per l’Agenzia di Riscossione iscrivere l’ipoteca su un immobile se il credito vantato non raggiunge 20mila euro. Inoltre, per procedere al vero e proprio esproprio devono essere decorsi sei mesi, e la cifra, come pure il valore dell’immobile da pignorare, al netto delle passività, deve essere maggiore o uguale a 120mila euro.

Non può essere pignorata (ma comunque ipotecata) la prima casa, ovvero l’unico luogo di proprietà del debitore, se è registrata come abitazione civile.

Cosa cambia con la manovra correttiva 2017

Da qui in avanti basterà che il totale dei beni immobili posseduti, sia maggiore o uguale a 120mila euro per effettuare l’esproprio. Insomma, di fatto è stata abbassata la soglia che consente al Fisco di intervenire, in quanto il tetto previsto non riguarda più il singolo bene.

Quando il pignoramento scatta anche se sei in regola…

giustiziaLe norme più stringenti in materia non tutelano, comunque, automaticamente il cittadino neppure nel caso in cui questo saldi tutti i propri debiti. 

Un nuovo, sconcertante, in tal senso, episodio di cronaca arriva da Latina, dove, nei giorni scorsi, una coppia di Sezze, Anna e Paolo, si è incatenata presso il Palazzo del Giudice di Pace. Per i due si prospetta la vendita all’asta della casa in cui vivono in quanto la concessionaria presso cui avevano acquistato un’auto è fallita e ora i creditori vogliono recuperare la cifra già da loro pagata a una finanziaria.

Il debito contestato ad Anna e Paolo ammonta a circa 2.000 euro, importo relativamente modesto se si pensa che per questo rischiano di vedersi portare via una casa di tre piani con annesso terreno su cui si trova un frutteto. E al danno si aggiunge la beffa, dato che l’auto era stata, nel frattempo, restituita alla concessionaria, in quanto non era stato possibile perfezionare il passaggio di proprietà.

La coppia possiede i bollettini che certificano gli avvenuti pagamenti, ma nonostante ciò, nel 2015, il Giudice di Pace li ha condannati a versare nuovamente i 2.000 euro, maggiorati di interessi e spese accessorie. Ciò ha consentito al curatore fallimentare di ottenere un decreto ingiuntivo, diventato operativo nelle scorse settimane.

Anna e Paolo hanno inoltrato ricorso, e il responso è atteso per il 17 maggio.  Nel frattempo però i due non escludono altre azioni per sensibilizzare chi è chiamato a decidere sull’assurdità della vicenda

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