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Fermo amministrativo: se e quando è possibile evitarlo

Debito insoluto NON significa in automatico paralisi (anche letterale)

Uno degli spettri peggiori, per il contribuente che non può estinguere le pendenze tributarie fiscali (bollo, multe, Rc Auto, Tari…) è il sequestro/congelamento dei beni. Una misura, questa, che costituisce l’anticamera del blocco della vita, professionale, personale, familiare e relazionale.

Un esempio? Il pignoramento del conto corrente – e contestuale iscrizione nel registro dei cattivi pagatori – impedisce l’utilizzo del denaro, e quindi preclude l’opportunità di far fronte a qualunque spesa individuale, ed anche a investimenti finalizzati ad una crescita lavorativa.

L’esproprio dei beni mobili, inoltre, ostacola considerevolmente la quotidianità, propria e di eventuali familiari e congiunti/conviventi. E le difficoltà si amplificano ed esasperano, in caso di pignoramento di immobili (di residenza).

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Il fermo amministrativo del veicolo, poi, determina un vero e proprio blocco. Ci si sente tagliati fuori, neutralizzati rispetto alla possibilità di contribuire alla risoluzione dei problemi familiari, di frequentare la propria cerchia di amicizie, e di portare avanti i propri impegni lavorativi.

Fortunatamente però, l’iscrizione del fermo amministrativo non comporta necessariamente l’indisponibilità materiale del mezzo. A patto di muoversi tempestivamente.

In genere l’iter relativo all’applicazione delle ganasce fiscale richiede circa un mese, ma può essere bloccato se il contribuente dimostra che il mezzo pignorato è indispensabile all’esercizio della professione, al mantenimento dell’azienda, o allo spostamento di congiunti disabili.

Inoltre, se il contribuente che subisce il fermo documenta di aver venduto il veicolo PRIMA che il provvedimento venisse avviato, non è tenuto a estinguere la pendenza.

Ultimo, ma non meno importante, NON possono essere apposte le ganasce fiscali, se il contribuente ha richiesto, ottenuto la rateizzazione del debito e pagato la prima tranche. Il fermo, però, verrà cancellato solo DOPO il versamento dell’ultima rata.

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La redazione



 


Arianna Manzo: niente risarcimento ancora, e e pignoramento sempre più vicino

Dolore e umiliazione. Quando la burocrazia diventa un mostro mitologico

Arianna-ManzoHa un che di paradossale la situazione in cui si trova oggi la famiglia di Arianna Manzo, adolescente campana tetraplegica, sorda e ipovedente dall’età di tre anni per un farmaco che le fu erroneamente somministrato.

La giustizia ha riconosciuto le sue ragioni, ed il diritto ad un risarcimento di 3 milioni di euro, ma non solo l’azienda sanitaria responsabile dell’accaduto non ha ancora pagato questa cifra, ma addirittura non ha neanche coperto le spese processuali (circa 80mila euro). Davanti allo Stato i Manzo devono rispondere in solido, saldando la cifra pendente, e quindi la “tempestiva” macchina fiscale si è già messa in moto, notificando il relativo pignoramento.

L’avvocato della famiglia Manzo incontrerà nei prossimi giorni il difensore dell’azienda sanitaria, e l’auspicio è che le spese processuali vengano pagate da chi di dovere. Perché altrimenti frustrazione, impotenza e solitudine potrebbero diventare una spirale senza fine. E non è quello che merita Arianna.

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La redazione 

 



 


Reddito di Cittadinanza: stangata in vista per i furbetti?

Tra i buoni propositi di una legge e la sua applicazione, c’è di mezzo un oceano…tempestoso

Pignoramento-Reddito-di-CittadinanzaIn molti avevano sinceramente guardato con fiducia e speranza al varo di una misura quale il Reddito di Cittadinanza. Buona parte dell’opinione pubblica era convinta che questo strumento sarebbe stato la chiave di volta per contrastare la povertà diffusa e silenziosa che si annidava tra le pieghe della società. Sarebbe stato possibile, finalmente, potersi sostentare grazie all’aiuto statale in attesa di rientrare nel mondo produttivo, confrontandosi nuovamente, ed in modo attivo e dignitoso, con il mercato del lavoro.

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Posso pagare il bollo tramite il Reddito di Cittadinanza?

Purtroppo, cronache e prime pagine dei giornali, negli ultimi due anni, ci hanno spesso restituito una realtà ben diversa. Una realtà fatta di gente che percepiva il Reddito di Cittadinanza senza averne bisogno. O che, dopo un’iniziale fase di necessità, trovava nuovamente un’occupazione (stabile), ma decideva di (man) tenere il piede in due staffe. Sommando allo stipendio il sussidio, sostanzialmente sottratto a qualcuno che ne avrebbe avuto realmente diritto.

Nei giorni scorsi è stata resa nota una sentenza emessa in merito dalla Corte di Cassazione; gli Ermellini hanno condannato una donna a restituire le somme indebitamente percepite a titolo di Reddito di Cittadinanza in quanto, contestualmente, percepiva uno stipendio in qualità di lavoratrice dipendente. È stato quindi deciso il pignoramento del conto corrente.

Intanto, il Governo Draghi prepara delle modifiche alla disciplina del Reddito di Cittadinanza: le maglie dovrebbero stringersi per garantire che i percettori si impegnino concretamente per reinserirsi nel mondo del lavoro attraverso costanti contatti con il Centro per l’Impiego di riferimento.

In pratica, chi riceve il sussidio dovrebbe recarsi frequentemente presso il proprio Centro per l’Impiego in modo da essere informato in tempo reale sulle offerte di lavoro pertinenti al suo profilo.

Tuttavia, sebbene sulla carta questo criterio appaia utile ed efficace, potrebbe presentare degli elementi di criticità. Infatti, anche ammettendo che i diretti interessati si dimostreranno tempestivi nel raccogliere le informazioni dal Centro dell’Impiego, e seriamente intenzionati a ricominciare a lavorare, potrebbe manifestarsi un problema di sovraccarico di compiti e carenza di personale da parte di queste agenzie territoriali. Infatti, a gennaio i cosiddetti navigator verranno mandati a casa.

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