I cittadini sono stremati, costretti tra l’incudine e il martello. Da una parte un sistema creditizio che minaccia di strangolarli con una corda chiamata usura bancaria, e dall’altra la voglia (e il bisogno) di tenere in piedi le proprie attività, il più delle volte costruite in anni di fatiche e rinunce. Così, a volte l’unica “arma” che resta loro da usare, per bucare il muro d’indifferenza, è lo sciopero della fame.
L’ultimo in ordine di tempo a farlo è stato ieri Michele Satriani, imprenditore lucano cinquantenne che ha deciso di smettere di mangiare nella speranza di attirare l’attenzione del Palazzo di Giustizia di Potenza. L’intento dell’uomo è sollecitare le istituzioni, a occuparsi organicamente di fenomeni quali l’usura bancaria, l’anatocismo e l’indebitamento, controllando l’operato delle banche e perseguendole laddove necessario.
L’odissea di Michele Satriani inizia circa 20 anni fa, quando avvia la Socitel,azienda operante nel settore delle telecomunicazioni che in passato è riuscita a costruirsi una posizione di tutto rispetto in questa fetta di mercato. Nel 1996 l’imprenditore presenta una domanda di mutuo, e undici anni dopo è costretto al fallimento a causa di interessi illegittimi.
Michele Satriani ha intrapreso lo sciopero della fame per ottenere il controllo dei tassi applicati a suo tempo in quanto, sottolinea l’uomo, a volte gli istituti di credito approfittano volutamente del labile confine tra tasso soglia e vera e propria usura. E per questo già alcuni mesi fa l’imprenditore aveva stilato un dossier, diramato alle autorità locali e nazionali, ma evidentemente, di fatto, caduto nel vuoto.
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