Quali sono le reali intenzioni del Governo Meloni in materia di RdC?
Lungamente atteso, accolto con grandi speranze, a distanza di pochi anni dalla sua introduzione questo sussidio economico ha visto colare a picco la sua “credibilità” da parte della classe politica. Dopo una prima ondata di modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio 2022, il prossimo anno potrebbe introdurre ulteriori limitazioni e un assottigliamento della platea di beneficiari. Ma andiamo con ordine.
Cos’è il Reddito di Cittadinanza e com’è cambiato nel 2022
Si tratta di un sussidio erogato su base mensile, ed il cui ammontare, compreso tra 400 e 840 euro, viene calcolato in base al numero di componenti del nucleo familiare. I percettori di età compresa tra 18 e 64 anni hanno l’obbligo di intraprendere un percorso di reinserimento lavoratori.
Attualmente il Reddito di Cittadinanza è destinato alle famiglie il cui ISEE non supera 9.360 euro annui.
La Legge di Bilancio 2022 ha ridotto da tre a due il numero di offerte di lavoro che il beneficiario può rifiutare prima che venga decada il diritto a godere del sussidio.
Il requisito di congruità delle offerte lavorative è stato esteso anche a luoghi distanti da quello di residenza.
Contestualmente la scorsa Legge di Bilancio ha sollecitato un maggior numero e frequenza dei controlli sulla fedina penale dei componenti del nucleo familiare. Inps e Ministero della Giustizia cooperano in tal senso all’integrazione dei dati.
A partire da quest’anno, inoltre, è possibile monitorare anche l’eventuale presenza di patrimoni esteri.
Reddito di Cittadinanza: i possibili scenari del 2023
Il Governo Meloni ha già reso noto che il sussidio NON sarà cancellato. L’intento di fondo sarebbe invece concentrare le risorse economiche relative a questa misura per il sostegno ai cittadini impossibilitati a (ri) entrare nel mercato del lavoro (a causa dell’invalidità, o per la necessità di occuparsi dei minori della famiglia).
Secondo i dati dell’ANPAL sarebbero attualmente 600mila i destinatari del Reddito di Cittadinanza teoricamente occupabili. La stragrande maggioranza di questi (75%) vive al Sud, due su tre hanno come unico titolo di studio la licenza media ed il 50% circa ha più di 40 anni.
Sarà concretamente possibile far rientrare nel mercato del lavoro categorie così particolari e poco “attrezzate” in termini di curriculum?
La redazione