Chi contrae debiti, generalmente, è in una situazione di difficoltà economica
Così, può capitare che, ad un certo punto, riceva aiuto da parte dello Stato (reddito di cittadinanza, assegno di disoccupazione). Che succede, allora? Il creditore è legittimato a rivalersi nei confronti del debitore pignorando una quota di questi importi?
La risposta in linea teorica è sì, ma devono sussistere determinate condizioni. La legge, infatti, come contraltare al diritto del creditore di essere risarcito, stabilisce il diritto del debitore a condurre un’esistenza dignitosa, che consiste nel soddisfacimento dei bisogni primari. Questi ultimi sono legati a doppio filo all’assegno sociale, il cui ammontare viene ricalcolato ogni anno in base alle variazioni del costo della vita (attualmente è di 468 euro).
L’assegno di disoccupazione Naspi (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) può quindi essere espropriato, ma senza intaccare il cosiddetto limite vitale. Ecco in che modo si calcola.
Se il pignoramento è successivo all’accredito della Naspi, il creditore può pignorare solo l’eventuale eccedenza rispetto al triplo dell’assegno sociale, vale a dire ciò che resta dopo aver decurtato idealmente 1.400 euro.
Qualora invece la richiesta di pignoramento sopraggiunga prima dell’accredito della Naspi, la quota intoccabile è pari ad una volta e mezzo l’assegno sociale (700 euro circa)
La redazione