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Notizie

Cartelle esattoriali: ammessa la notifica da parte di servizi postali privati?

Ogni giorno un automobilista si sveglia, e sa che potrebbe pagare le conseguenze di un’infrazione al Codice della Strada

Le multe sono uno degli spauracchi più tangibili con cui deve fare i conti chi possiede un veicolo. E la portata negativa della sanzione si amplifica enormemente quando si apprende della sua esistenza in modo fortuito. Una situazione, questa, purtroppo all’ordine del giorno. Così, migliaia di persone prendono bruscamente coscienza del fatto di essere indebitate tramite estratto di ruolo, e ciò solleva leciti dubbi sulle “vie tortuose” imboccate dalla cartella esattoriale originaria.

Nei giorni scorsi un’automobilista siciliana ha vinto la sua battaglia contro l’agente di riscossione regionale. All’origine della vicenda una serie di multe “vecchie” più di 15 anni; il Giudice di Pace le ha dichiarate prescritte e ha chiesto alla controparte di pagare le spese di lite.

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La tesi dell’Unione dei Consumatori

I legali dell’organizzazione hanno basato la difesa dell’automobilista sul principio di autonoma impugnabilità degli estratti di ruolo, evidenziato recentemente dalla Corte di Cassazione. Contestualmente è stato ribadito che le notifiche effettuate da servizi postali privati sono legittime solo se precedute da un’autorizzazione ad hoc.

 

Il servizio postale tra universalità e liberalizzazione

Fino al 10 settembre 2017 Poste Italiane godeva di un vero e proprio monopolio, in riferimento alla notifica di atti giudiziari (Cassazione, ordinanza n.15347 del 21 luglio 2015).

Gli Ermellini hanno ribaltato tale orientamento con la sentenza n. 8089/2018, che ha accolto il principio di liberalizzazione introdotto dalla Legge 124/2017.

Importanti precisazioni sono giunte poi da una serie di ordinanze emesse tra la fine del 2017 (n. 23887 dell’11 ottobre) e l’inizio del 2018 (n. 2173 del 29 gennaio e n. 3010 del 7 febbraio). Queste hanno spiegato che le notifiche effettuate dai servizi postali privati, anche dopo il 10 settembre 2017, sono ammissibili solo dopo il rilascio da parte dell’AGCOM delle nuove licenze individuali.

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I crediti del Fisco? Solo una minima parte è esigibile

I politici lo sanno

Snocciolare cifre da capogiro è quasi sempre il modo migliore per stordire l’opinione pubblica, schivarne le critiche e incutere una sorta di timore reverenziale che prepara il terreno a un facile consenso. Non è un caso, quindi, che il governo Cinque Stelle – Lega, parlando di pace fiscale, abbia esibito con disinvoltura consumata gli 800 miliardi di crediti da incassare.

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Quando i numeri sono un scatola vuota

Al di là dell’ottimismo a buon mercato, da più parti sono già stati sollevati dubbi circa l’effettiva possibilità di rastrellare un importo di tale entità. L’ultima in ordine di tempo ad affrontare l’argomento è stata l’associazione Federcontribuenti.

“Appena il 15% degli 800 miliardi stimati è rappresentato da cartelle esattoriali realmente esigibili. La restante parte riguarda debiti ormai prescritti, e persone decedute o materialmente impossibilitate a pagare”.

A tale dato si somma lo sconfortante bilancio della definizione agevolata: finora infatti sono stati incassati 9 miliardi in meno del previsto.

Le criticità della giustizia tributaria

Federcontribuenti mette poi in un luce un problema strutturale, e cioè l’abuso dello strumento del ricorso. A oggi ce ne sono più di 11mila pendenti davanti alla Corte di Cassazione. Più volte però, in passato, gli Ermellini hanno spinto nella direzione di una riforma, e dello snellimento delle controversie in materia fiscale.

Come se non bastasse il 60% dei ricorsi presentati alle commissioni tributarie riguarda debiti ormai prescritti. Per i contribuenti, quindi, al danno si somma la beffa: la cartella, seppur decaduta, rischia infatti di tramutarsi in boomerang e comportare il pignoramento dello stipendio, della pensione, o addirittura della casa.

Dopo quanto si prescrivono i debiti?

Molteplici, in anni recenti, le sentenze in merito. A ottobre del 2017 è arrivata quella della Commissione Tributaria Regionale della Toscana (n.2224/17). Questa ha specificato che la pendenza decade dopo cinque anni, se si è “cristallizzata” unicamente attraverso cartella esattoriale, e dunque non sono intervenute pronunce da parte della giustizia fiscale.

La sentenza n.23397/2016 delle Sezioni Unite della Cassazione ha stabilito che, anche se il contribuente non fa ricorso contro la cartella nei tempi previsti dalla legge, la prescrizione permane quinquennale. Tale termine riguarda i tributi locali, le multe, i contributi INPS, l’IRPEF, l’IVA e l’Imposta di Registro. Un principio, questo, ribadito dall’ordinanza n.27390/2017, e dalla 930 e dalla 1997 del 2018.

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Ai nastri di partenza il reddito di cittadinanza?

Uno dei cavalli di battaglia dei Cinque Stelle potrebbe trasformarsi in realtà a marzo 2019

Il reddito di cittadinanza ha indiscutibilmente calamitato le simpatie e il voto di molti elettori indecisi, nella scorsa campagna elettorale. Ciò anche in considerazione del fatto che la povertà è un fenomeno assai diffuso in Italia. L’attuazione del provvedimento sarebbe stata sbloccata grazie a risorse finanziarie aggiuntive inserite nella Legge di Bilancio 2019.

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Quali sono i requisiti per accedere al reddito di cittadinanza?

Il provvedimento si concretizzerà attraverso l’erogazione di un assegno mensile di 780 euro. L’importo sarà maggiorato in caso di figli a carico.

Quanti lavorano ma percepiscono una retribuzione inferiore, riceveranno un’integrazione finalizzata al raggiungimento della suddetta soglia.

Il reddito di cittadinanza targato Cinque Stelle, che sarebbe corretto definire reddito minimo garantito, sarà destinato a chi supererà la cosiddetta prova dei mezzi. Tale iter è finalizzato a verificare che la situazione economica di una persona o di un nucleo familiare non superi una soglia prefissata, connessa a due parametri: reddito e patrimonio. Si ipotizza, a tal proposito, l’innalzamento del valore Isee richiesto, che passerebbe da 6mila a 8mila euro. Sembrerebbe inoltre che i beneficiari saranno solo cittadini italiani non proprietari di immobili.

Per usufruire del reddito di cittadinanza sarà necessario impegnarsi fattivamente al fine di reinserirsi nel mercato del lavoro. Nello specifico bisognerà dare la propria disponibilità al collocamento professionale presso i centri per l’impiego. 

Contestualmente non sarà possibile rifiutare più di tre offerte di lavoro consecutive né sostenere altrettanti colloqui con la deliberata intenzione di essere scartati.

Ultimo, ma non da ultimo, chi incasserà indebitamente il reddito di cittadinanza subirà pene molto severe. Per i “furbetti” colti sul fatto è infatti previsto il carcere.

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