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Notizie

Separazione dei beni: come tutelarsi dai problemi finanziari del coniuge

Quali sono le regole in materia di pignoramento immobiliare, se il debitore è sposato?

Il discrimine è rappresentato dal regime scelto per le proprietà della coppia. Ad esempio, in caso di comunione di beni, il creditore può “aggredire” non solo la quota che appartiene al debitore, ma anche il 50% del patrimonio del coniuge.

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Separazione dei beni: cosa comporta e come richiederla

Se la coppia ha scelto tale regime, in caso di debiti di uno dei due, l’immobile non può essere toccato, qualora intestato all’altro.

Nel caso in cui, invece, la casa sia di proprietà del debitore, il creditore può “aggredirla” per il totale del suo valore.

La separazione dei beni prevede che tutto ciò che è stato acquistato da un coniuge prima o dopo il matrimonio resti di sua esclusiva competenza.

Se però il bene viene acquistato congiuntamente dalla coppia, vige il principio di comunione ordinaria con comproprietà al 50%. In tal caso ciascuno di loro può chiedere in qualunque momento la divisione.

Il regime di separazione dei beni può essere messo nero su bianco prima del matrimonio tramite apposita convenzione stipulata da un notaio alla presenza di testimoni.

Se la coppia opta per un matrimonio di rito civile, può accedere alla separazione semplificata dei beni rilasciando dichiarazione all’ufficiale che celebra il rito.

Il regime di comunione può essere trasformato in qualunque momento in separazione di beni avvalendosi del supporto di un notaio. Entro un mese dalla stipula, il documento deve essere inserito a margine dell’atto di matrimonio nel registro di stato civile.

Fare il furbo può costare caro…

In caso di debiti già contratti passare improvvisamente dalla comunione alla separazione dei beni può, lecitamente, generare sospetti nella controparte.

Il creditore ha il diritto di richiedere la revocatoria di tale regime, a condizione che non siano trascorsi cinque anni dalla stipula del relativo atto notarile.

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Quale sorte per i debiti ancora pendenti con il Fisco?

La pace fiscale si è fatta spazio sulla stampa e in tv da ormai più di un mese

A questo punto è dunque lecito chiedersi quale sia lo stato di avanzamento dei lavori del governo, e quali siano i requisiti per beneficiare del provvedimento.

Le due domande preliminari

La prima importante scrematura è legata all’ammontare del debito e all’eventualità che il contribuente abbia già intrapreso un contenzioso con il Fisco.

In questi giorni viene prospettata l’eventualità di un sistema a tre scaglioni: 6, 15 e 25%, da applicare in relazione alla situazione economica del debitore. Inoltre, secondo indiscrezioni, il Movimento Cinque Stelle vorrebbe destinare la pace fiscale esclusivamente a chi ha fatto la dichiarazione dei redditi, ma poi non ha pagato.

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Fino a quale importo sarà possibile usufruire del provvedimento?

Inizialmente si parlava di 100mila euro, ma c’è stata una correzione “al rialzo”. Oggi si ipotizza un tetto massimo di 500mila, ma la Lega vorrebbe innalzarlo fino a 1 miliardo di euro.

A determinare questo cambio di rotta sarebbe il fatto che i crediti non ancora incassati dal Fisco ammontano a quasi 900 miliardi, di cui meno del 20% sarebbe riconducibile a cartelle inferiori a 100mila euro.

Per quanto riguarda lo stato di avanzamento della controversia tra contribuente e Fisco, presumibilmente non saranno considerate quelle pendenti in Cassazione (circa 10% del totale). Beneficerebbero quindi della pace fiscale quanti sono ancora in primo o secondo grado, ma ancora non è dato sapere quale data farà fede.

Quali saranno i tributi interessati?

L’Iva è soggetta a regole comunitarie, quindi potrà rientrare nella pace fiscale solo in caso di liti. Non è ancora chiaro, invece, quale sarà la “sorte” della Tari e dei contributi previdenziali.

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Irpef: nuove aliquote per famiglie e autonomi?

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Irpef: nuove aliquote per famiglie e autonomi?

Qualcosa si muove in materia di flat tax. La parola d’ordine sembra essere esemplificazione

L’attuale nota di aggiornamento al DEF (Documento di Programmazione Economica e Finanziaria) introdurrebbe gradualmente la cosiddetta tassa piatta sui redditi. I cinque scaglioni vigenti oggi verrebbero sforbiciati, passando prima a tre e poi a due nel 2021.

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Flat tax: cos’è e come cambierà

La tassa piatta, calcolata attraverso una percentuale costante, si fonda su un sistema fiscale non progressivo.

In senso stretto la flat tax riguarda aziende e famiglie, ma il governo Cinque Stelle – Lega sta estendendo l’accezione anche alle partite IVA.

Quali sono, a oggi, le regole applicate alle persone fisiche in materia di IRPEF? Gli scaglioni sono cinque: no tax area fino a 8mila euro, aliquota del 23% per redditi fino a 15mila euro, 27% entro 28mila euro, 38% fino a 55mila euro , 41% fino a 75mila euro e 43% per importi superiori.

Il progetto del governo sarebbe quello di unificare alcuni scaglioni, applicando l’aliquota del 23% ai redditi fino a 75mila euro, e il 33% a quelli più alti.

Per quanto riguarda il regime di minimi, inoltre, probabilmente verranno messi a punto due scaglioni: il 15% per chi ha introiti fino a 65mila euro, e il 20% entro i 100mila (IVA compresa).

Una strategia, questa, che mira ad ampliare il numero dei beneficiari del regime forfettario, guardando con particolare attenzione agli autonomi, target elettorale caro alla Lega.

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