Ti è arrivata una cartella esattoriale ma sai per certo che c’è un errore?
Magari sei esonerato dal versamento, oppure l’importo realmente dovuto è più basso. In entrambi i casi puoi chiedere l’annullamento (vale a dire, lo sgravio) della cartella o dell’avviso. Le opzioni disponibili sono tre: contattare direttamente l’ente pubblico titolare del credito (Inps, Comune), rivolgerti all’Agenzia delle Entrate Riscossione, che solitamente viene da questi delegata a incassare, o chiamare in causa il giudice.
Cos’è l’autotutela?
Si tratta dell’istanza di sgravio inoltrata al soggetto a cui dovresti pagare il tributo: in caso di accoglimento il debito è cancellato, e ne viene data comunicazione all’agente di riscossione. Specularmente Inps e Comuni possono annullare l’importo di propria spontanea volontà.
In casi straordinari, caratterizzati dall’inerzia dell’ufficio pubblico direttamente coinvolto, può subentrare la relativa direzione regionale o compartimentale.
Qualora invece l’agente incaricato della riscossione non riceva comunicazione di sgravio, il debito va pagato.
Non sono previsti termini temporali entro cui presentare istanza di autotutela ma, seguendo un principio di buonsenso, meglio non rimandare. Come si suol dire, “chi ha tempo non aspetti tempo”.
Che succede in caso di cartelle pazze?
La Legge di Stabilità 2013 ha previsto particolari garanzie per i contribuenti a cui viene richiesto il pagamento di somme prescritte, già versate, o cancellate dal Tribunale.
Infatti, in tali casi, se l’errore dell’ente pubblico viene provato, la presentazione dell’istanza di autotutela congela istantaneamente l’iter di riscossione. Dunque, a prescindere dall’esame della richiesta di sgravio.
Se il contribuente non riceve risposta entro 220 giorni, la cartella decade, e, venendo meno la somma pendente, l’agente di riscossione non ha più alcun potere. Qualora invece l’istanza di autotutela abbia esito negativo, non è possibile inoltrarla nuovamente.
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