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Notizie

In pensione a 64 anni? La risposta potrebbe arrivare a settembre

Quale futuro per la Riforma Fornero?

Quota-100-PensioniIl governo Lega - Cinque Stelle ha promesso di mettere mano al sistema pensionistico. L’ipotesi allo studio è quella della Quota 100, che permetterebbe a chi ha lavorato 36 anni e ne ha almeno 64 di smettere di godersi il meritato riposo.

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Tutti contenti? Non esattamente

Un cambio in tal senso del metodo di calcolo dell’età pensionabile non soddisfa però tutti. In linea generale, infatti, si “guadagnerebbe” qualche anno rispetto a quanto sancito dalla Riforma Fornero, ma a perderci sarebbero i lavoratori precoci. Questi infatti hanno iniziato presto a “macinare” contributi e a oggi sono relativamente giovani. L’ipotesi della Quota 41 (o 42), che avrebbe consentito di andare in pensione prima a loro e a chi poteva riscattare gli anni di studio, sembra essere stata definitivamente accantonata. Il motivo? I costi troppo elevati da sostenere, a fronte dei 12 miliardi già previsti per tamponare l’aumento dell’IVA.

A chi converrebbe la Quota 100?

La categoria sociale che beneficerebbe maggiormente della riforma sarebbe quella di chi ha un’età compresa tra 55 e 65 anni. Il cosiddetto target “dei diritti quasi acquisiti”, il cui peso elettorale è considerevole, essendo in grado di spostare numerosi voti.

D’altra parte introdurre la Quota 100 non sarebbe a costo zero per gli italiani, anzi. La spesa prevista, ma che viene ritenuta fin troppo ottimistica, è di 4 miliardi di euro.

Secondo Affaritaliani, però, al momento la riforma delle pensioni sarebbe congelata. Voci provenienti da ambienti politici, infatti, avrebbero reso noto che per quest’anno il Governo Conte non intenderebbe intervenire in materia. Non sembra comunque probabile che Luigi Di Maio accetti questo “immobilismo”.

L’ipotesi del contributo di solidarietà

La Lega avrebbe proposto di applicare un’aliquota sulle pensioni più alte per reperire i fondi necessari ad attuare la Quota 100. La percentuale di contributo richiesta sarebbe proporzionale al reddito percepito: si partirebbe con una quota dello 0,35% (per cifre superiori a 2mila euro) per arrivare al 15%.

Conferme e smentite concrete alle indiscrezioni trapelate finora arriveranno comunque a breve, volgendo ormai al termine la pausa estiva.

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Le cartelle erano talmente datate che interessi e sanzioni superavano le imposte originarie

Iscrizione-ipotecaria-EquitaliaQuesta la paradossale situazione in cui si è trovata una famiglia di Scafati (Salerno), che si era vista addebitare svariate cartelle esattoriali per un ammontare di 100mila euro. Assistita dallo Sportello Tutela Aziende e Cittadini (STAC) di Scafati ha però presentato ricorso e lo ha vinto, ottenendo la cancellazione di una parte cospicua della somma (70mila euro). Si è posta così la parola fine a tre anni caratterizzati da ansia e incertezza, in cui perdere tutto sembrava un’ipotesi destinata ad acquistare concretezza.

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Un incubo causato da debiti vecchi più di 20 anni

Tutto comincia nell’ottobre 2015, quando alla famiglia viene notificata l’imminente iscrizione ipotecaria da parte di Equitalia. Lo sconcerto è inevitabile: l’importo è infatti considerevole, e dunque difficile da gestire quando, come in questo caso, c’è una sola fonte di reddito. Peraltro le cartelle emesse dall’agente di riscossione risalgono al 1995.

Dopo un più attento esame, però, emerge che “non tutto è perduto”

La famiglia, avvalendosi del supporto dell’avvocato Valentina Vitaglione, che collabora con lo STAC, scopre che la maggior parte delle cartelle è prescritta, come pure, in alcuni casi, interessi e sanzioni. Si ricorre quindi alle vie legali per contestare il preavviso di iscrizione ipotecaria, ma la Commissione Provinciale di Napoli non emette il verdetto sperato.

I contribuenti procedono comunque al ricorso e vedono i loro sforzi premiati. La Commissione Tributaria Regionale della Campania decurta una quota sostanziosa del debito iniziale, e impone a Equitalia il pagamento delle spese processuali.

Venuta meno la spada di Damocle del debito, e al netto dell’ovvio sollievo per l’epilogo della vicenda, viene spontaneo chiedersi: chi pagherà per i danni psicologici subiti dalla famiglia in tre anni? Chi risarcirà loro le notti insonni e il logorio mentale determinato dall’attesa e dall’incertezza?

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Crisi finita? Intanto i suicidi continuano

Torino piange

Suicidi-TorinoNelle scorse ore, infatti, si sono tolti la vita due uomini, un artigiano edile di 40 anni e un ex imprenditore di 60. Il minimo comun denominatore, i gravi problemi economici; in entrambi i casi il dolore di familiari e amici è acuito dal riserbo tenuto fino all’ultimo dai diretti interessati. Si intuiva infatti che ci fosse qualcosa che non andava, ma, evidentemente, condividere con le persone più vicine il proprio fardello emotivo risultava impossibile. Il pudore misto al senso di dignità, come pure il timore di essere fonte di delusione per gli altri, portano anche a questo.

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Campiglione Fenile, una ditta individuale edile sprofondata nel nulla

Alessandro Davicino aveva 41 anni, una moglie e due bambine, e lavorava come muratore. Prima di togliersi la vita con un colpo di pistola, di proprietà del padre, ha lasciato loro una lettera in cui ha spiegato le radici della sua disperazione. A togliergli il fiato e la voglia di vivere è stato l’abbraccio mortale delle cartelle esattoriali e dei debiti con gli istituti di credito. I sensi di colpa lo avranno tormentato, se ha sentito il bisogno di chiedere scusa per quanto stava per fare.

Sebbene la madre avesse notato un cambiamento umorale da parte dell’uomo, negli ultimi tempi, nessuno sapeva esattamente cosa stesse succedendo. Un dramma nel dramma, considerando che l’arma utilizzata è stata reperita in casa, e quindi con una certa facilità, da Alessandro Davicino. Chi avrebbe potuto immaginare che la passione e il lavoro del padre si sarebbero tramutati in un boomerang?

Lo stillicidio di una caduta libera durata due anni

Il 60enne Gaetano Saviotti era il titolare dell’azienda Nuova Demolizione di Rivoli, operante nel settore automobilistico (smontaggio e riparazione di automezzi). Nei giorni scorsi l’uomo si è tolto la vita lanciandosi giù dal tetto di uno dei capannoni che erano di sua proprietà; dopo il fallimento e l’interruzione dell’attività, era intervenuta un’azienda di Fermo acquistando per circa centomila euro tutta la strumentazione esistente ed in buone condizioni.

Fino al 2016 la Nuova Demolizione godeva di buona salute, basti pensare che aveva dato lavoro a 50 persone. Gaetano Saviotti l’aveva messa in piedi pezzo dopo pezzo, è proprio il caso di dire, e, con caparbietà e passione, era riuscito a tamponare “l’emorragia” occupazionale seguita alla crisi. Al momento del tracollo al suo fianco, infatti, c’erano ancora 30 operai.

Due anni fa il meccanismo si inceppa. L’uomo si ammala ed è costretto ad abbandonare temporaneamente la gestione della Nuova Demolizione, cominciano i problemi finanziari, e a gennaio scorso si verifica un infortunio sul lavoro. Per un perverso effetto domino si sono sommati mesi di affitto non pagati, stipendi saltati e controversie con le banche, e i libri contabili sono approdati in tribunale. L’epilogo è stata la procedura fallimentare.

Nonostante il sostegno concreto di alcuni amici Gaetano Saviotti non riusciva a intravede alcun barlume di speranza. Era finito anche il matrimonio con la donna che gli aveva dato la terza figlia a cui, dicono, era legatissimo. Probabilmente da mesi conviveva con la depressione. “I debiti non erano tali da provocare il tracollo. Se ci fosse stata una volontà in tal senso, si sarebbe potuto scongiurare il fallimento”. Così qualcuno. L’unica certezza, però, è il cumulo di disperazione che la vicenda lascia dietro di sé.

La redazione 

 

 


 

 
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