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Notizie

Debiti con lo Stato: come pagarli senza dover tirare fuori il portafoglio

Buone notizie per imprenditori e liberi professionisti

Compensazione-debiti-PAÈ stata infatti prorogata di un anno la possibilità di compensare (vale a dire, estinguere) eventuali cartelle esattoriali emesse dall’Agenzia delle Entrate con crediti commerciali maturati nei confronti della Pubblica Amministrazione.

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Qual è il “match” perfetto tra carico iscritto a ruolo e credito?

Usufruire della misura è possibile se si verificano in simultanea due condizioni: tanto per cominciare, il debito deve essersi originato entro il 31 dicembre del 2017. Inoltre i crediti, documentati da apposita certificazione, non devono essere prescritti, bensì certi, liquidi ed esigibili. Questi ultimi devono essere connessi a forniture, servizi, somministrazione ed appalti relativi ad aziende e liberi professionisti.

I crediti devono essere provati secondo la procedura indicata nei DM Economia del 22 maggio 2012 e 25 giugno 2012, e l’ammontare della (o delle ) cartella esattoriale deve essere minore o uguale.

Gli interessati possono ottenere la certificazione dei crediti accedendo alla Piattaforma dei Crediti Commerciali tramite il portale della Ragioneria Generale dello Stato.

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Il riferimento di legge

La proroga della compensazione è stata sancita dal DL 87/2018 (articolo 12-bis) noto come Decreto Dignità. La novità rispetto al passato è l’immediata operatività della misura: stavolta per beneficiarne non bisogna aspettare che venga emanato un decreto di attuazione ministeriale.

I precedenti

La compensazione ha fatto la sua comparsa per la prima volta nel 2014, in riferimento alle cartelle notificate entro il 31 marzo di quell’anno.

La redazione

 


 

 

4mila euro di cartelle esattoriali da pagare in giornata. Quando l’INPS dà i numeri

Le temperature sono impazzite…e anche la burocrazia accusa il colpo

Ravvedimento-operosoNei giorni scorsi, infatti, sui commercianti si è scatenata una raffica di cartelle esattoriali. L’INPS li ha sollecitati a effettuare il ravvedimento operoso, vale a dire sanare di propria spontanea volontà l’omesso o insufficiente versamento di imposte, ed eventuali ulteriori irregolarità fiscali. Tuttavia si trattava di un macroscopico errore di calcolo, in quanto i pagamenti non erano dovuti, in virtù del Jobs Act.

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Venti cartelle in un colpo solo…e con scadenza immediata

Il Secolo d’Italia ha raccontato nelle scorse ore la vicenda di una commerciante del Rione Monti di Roma che, nell’arco di una giornata, è stata letteralmente tempestata dagli avvisi di pagamento. Nell’arco di 24 ore avrebbe dovuto pagare circa 4mila euro relativi alla posizione contributiva del suo unico dipendente. Comprensibile quindi, il mix di sconcerto e angoscia che ha colpito la donna: fortunatamente, però, prima di cadere in preda allo sconforto ha contattato il commercialista e chiesto chiarimenti. È così emerso che l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, non tenendo conto degli sgravi fiscali connessi al Jobs Act, aveva chiesto a lei come a molte altre persone in una situazione analoga, di procedere al ravvedimento operoso.

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Quando la riscossione dei tributi si trasforma in rapina

Ricostruire i fatti non è stato difficile, dopo aver raccolto la spiegazione del commercialista e i racconti di alcuni postini che hanno dichiarato di aver recapitato nell’arco di qualche ora numerose raccomandate tutte simili tra loro.

Tutto è bene quel che finisce bene? Sicuramente dopo aver interpellato il professionista con cui collabora la commerciante si è tranquillizzata, ma la vicenda è comunque emblematica della scarsa efficienza che caratterizza spesso la burocrazia. “Inoltreremo una comunicazione ad hoc all’INPS per chiarire l’errore, ma chi mi assicura che in seguito tutto filerà liscio? Posso solo augurarmi di non incappare nuovamente in macroscopiche anomalie del genere”.

La redazione

 


 

 

Quando la casa finisce all’asta, spesso comincia il dramma

Uno sfratto ha il potere di stravolgere la vita di un’intera famiglia

TSfrattoale odiosa procedura è diventata sempre più frequente, a seguito della crisi economica che ha colpito l’Italia a partire dal 2011. In molti hanno perso un lavoro che garantiva entrate regolari e sufficienti al pagamento delle spese e a concedersi qualche “extra”. Così, le alternative sono state due: restare disoccupati, o accontentarsi di piccoli incarichi precari. Ad ogni modo far fronte a mutui e finanziamenti precedentemente contratti è stato spesso praticamente impossibile, e questo ha determinato la perdita dell’alloggio.

Lo scorso anno sono stati oggetto d’asta circa 600 immobili ogni giorno, e la quasi totalità di questi aveva natura residenziale.

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Si può scongiurare la svalutazione dell’immobile?

Tempi di espletamento della procedura di vendita giudiziaria patologicamente dilatati, prezzi che calano drasticamente per ogni tentativo d’asta non andato a buon fine. Queste sono solo alcune delle disastrose conseguenze che si abbattono sul debitore dal momento in cui si mette in moto la macchina burocratica dello sfratto.

Il Decreto Banche del 2016, che è intervenuto a disciplinare la materia, ha comunque trascurato alcuni aspetti di particolare importanza, tra questi, le tempistiche relative all’ordine di liberazione. Dunque, a oggi, i diritti del creditore godono di una tutela prioritaria rispetto all’esigenza del debitore di pagare pur preservando la propria dignità economica e umana.

Non tutti sanno che il Codice Civile contiene un articolo finalizzato ad arginare la svalutazione dell’immobile a seguito di molteplici e infruttuosi tentativi di vendita. Dunque, l’iter può essere congelato anticipatamente, se c’è il rischio che si concluda in modo non conveniente per le due parti. L’applicazione di tale principio richiede comunque un’analisi approfondita e diversificata dei fattori in gioco (condizioni dell’alloggio, valore di mercato…)

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Dover lasciare casa può essere l’inizio della fine

Altro aspetto spinoso è quello legato allo sgombero dell’immobile oggetto di sfratto. Ad oggi il cosiddetto ordine di liberazione scatta come una tagliola ben prima dell’effettiva aggiudicazione o dell’assegnazione, con tutti i problemi pratici che ne conseguono, e che sono correlati alla necessità di trovare un nuovo alloggio. Basti pensare che anche solo sottoscrivere un contratto d’affitto è praticamente quasi impossibile, se ci sono pregressi problemi economici. Peraltro, ammesso che questo step non si riveli difficoltoso, la questione si ripropone per farsi intestare le utenze. L’ospitalità di amici e parenti generosi consente di aggirare l’ostacolo, ma spesso pone comunque davanti alla necessità di dividere la famiglia per motivi di spazio.

Un tema, quello degli sfratti, che risulta complesso, perché caratterizzato dal confronto di interessi di segno diverso, che andrebbero ricomposti scegliendo la via del buonsenso indicata dal compromesso. In tal senso, è auspicabile che i dispositivi contenuti nella legge sul sovra-indebitamento vengano recepiti su vasta scala dai Tribunali, e organicamente incorporati tra gli strumenti adottati per risolvere i problemi con le banche e il Fisco.

La redazione

 


 

 
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