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Notizie

Foggia: rinviati a giudizio per usura bancaria cinque dirigenti Mps

I “riflettori” dei tribunali si accendono nuovamente, in pochi giorni, su un’importante banca italiana

Cordisco-usura-bancariaIl GUP (Giudice Udienza Preliminare) di Foggia ha infatti chiesto il rinvio a giudizio per cinque degli otto funzionari e dirigenti del Monte dei Paschi di Siena inizialmente indagati. Tutto è partito da una denuncia presentata nel 2013 dal gruppo Cordisco, storico marchio del settore caseario originario di San Paolo di Civitate. Una consulenza aveva evidenziato che il rapporto con la banca era stato caratterizzato da anomalie di vario tipo, tra cui costi impropriamente addebitati, interessi eccessivamente alti, e impiego di swap. Questi ultimi vengono annoverati tra i derivati e corrispondono a operazioni finanziarie tra due controparti che scambiano flussi monetari. Non transitano sui mercati regolamentati e implicano un elevato grado di rischi.

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L’usura bancaria dato il colpo di grazia alla crisi di liquidità

Questa è, in breve, l’accusa mossa nei confronti di Monte dei Paschi di Siena, che avrebbe determinato artificiosamente l’indebitamento della famiglia Cordisco. La situazione critica in cui versavano i conti, e che non era riconducibile a problemi gestionali, l’ha spinta, nel febbraio 2013, a commissionare una perizia allo studio Kipling di Ostuni, che avrebbe rilevato molteplici illeciti.

A seguito della denuncia la Procura di Foggia aveva avviato le indagini e nel dicembre 2015 era stato chiesto il rinvio a giudizio per 8 alti funzionari. Il 18 luglio scorso il GUP ha fatto una ulteriore “scrematura” dei soggetti di cui andranno accertate le responsabilità, e la prima udienza si svolgerà a ottobre.

La redazione 

 


 

 

Quando la riscossione dei tributi si trasforma in rapina

Avere a che fare con i rifiuti può essere doppiamente sgradevole

Tassa-rifiutiAlla spiacevolezza della materia prima, per così dire, si può infatti sommare il disappunto determinato da un doppio pignoramento originato dal medesimo pagamento mancato.

La vicenda, a tratti fantozziana, si è verificata in Calabria ed è stata resa nota a seguito della denuncia presentata dal Codacons alla Procura della Repubblica.

Per quanto sembri incredibile, un debito iniziale di 100 euro, per una sorta di “effetto valanga” può lievitare fino a quintuplicarsi. Un meccanismo, questo, che equivale a calpestare i più elementari diritti dei cittadini.

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Nel caso specifico

Dal mancato pagamento della tassa sui rifiuti sono scaturiti due pignoramenti del medesimo importo: uno effettuato a novembre scorso, e l’altro a marzo. Interpellati sul punto, l’ufficio tributi competente e l’agenzia di riscossione incaricata del credito hanno preferito trincerarsi nel silenzio.

“Quanto accaduto è l’emblema di una situazione purtroppo generalizzata. Ovvero, il fatto che i soggetti incaricati da Province e Comuni di riscuotere i tributi sono disposti a tutto per fare cassa”. A fare il punto è Francesco Di Lieto, Vicepresidente Nazionale di Codacons.

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“Si è ormai consolidato un approccio che ha dell’assurdo. Mi riferisco al fatto che i cittadini, spesso in gravi difficoltà e quindi concretamente impossibilitati a pagare i debiti, siano bollati al pari di pericolosi criminali”. Una gestione umanamente e -finanziariamente - sostenibile della riscossione dei tributi locali implica che siano gli stessi enti locali a farsene carico. Rinunciare ad “appoggiarsi” a soggetti esterni, conclude Francesco Di Lieto, non solo alleggerirebbe province e comuni di spese impegnative, ma permetterebbe anche alla comunità di respirare. Verrebbero infatti meno elementi odiosi come gli interessi “stellari” e gli ingiustificati pignoramenti a tappeto.

La redazione 

 


 

 

Suicida a Padova un giovane. Lo sfratto dell’azienda di famiglia era imminente

Vent’anni è l’età a cui si dovrebbe pensare  solo a una cosa: godersi la vita

Purtroppo però, non sempre è possibile. Soprattutto quando ci si ritrova a far fronte a problemi familiari, e ci si sente fin troppo responsabili. Così giorni fa in provincia di Padova si è suicidato un 24enne, Ivan Vedovato.

All’origine del malessere, che evidentemente covava sotto la cenere già da un po’, un’eredità pesante, quella della Novatek, l’azienda di famiglia passata da sette mesi in mano a lui e al fratello.

La precedente gestione paterna era culminata con una serie di debiti che avevano causato un “profondo rosso” nei conti.  I fratelli Vedovato avevano tentato – invano – di risollevare la situazione, ma evidentemente l’impossibilità di cambiare le cose è risultata intollerabile per Ivan. Così, proprio a un passo dalla chiusura di un capitolo fondamentale della sua vita ha preso la drammatica e radicale decisione

Lo sfratto esecutivo dal capannone in cui aveva sede la Novatek era previsto per lunedì scorso

il giorno prima Ivan aveva appuntamento con il fratello in loco per lo sgombero. Quando lui è arrivato, però, la scena con cui ha dovuto fare i conti è stata ben peggiore di una “semplice” liquidazione aziendale.

Lungi dal fornire risposte, il bigliettino lasciato da Ivan Vedovato dietro di sé costituisce piuttosto l’emblema del contraccolpo umano e produttivo che il Nord Est, dopo gli anni tremendi della crisi, continua a scontare. L’indissolubile rapporto tra le imprese e le famiglie che hanno dato loro vita costituisce croce e delizia di questo pezzo d’Italia.

La redazione

 


 

 
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