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Notizie

Storica pronuncia del Tribunale di Napoli su risarcimento danni al buon nome e all’immagine

Subire l’ipoteca di un bene innesca una girandola di conseguenze

Gli effetti della misura non hanno solo carattere economico, ma incidono il più delle volte anche sulla psiche e sulla vita privata del diretto interessato e dei suoi cari. È innegabile che “l’ipotecato” si ritrovi bollato, e quindi segnato, oggetto di diffidenza professionale e di emarginazione sociale. Il danno che ne deriva è paragonabile a un’emorragia, sotto tutti i punti di vista.

Nei giorni scorsi, per la prima volta, il Tribunale di Napoli ha definito illegittima l’ipoteca di Equitalia sulla casa di un cittadino. A quest’ultimo è stato così accordato il risarcimento dei danni al buon nome, all’immagine e al decoro.

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“Il riconoscimento di questo principio aprirà la strada a un nuovo corso della giustizia”

Si è espresso così Angelo Pisani, il legale che ha difeso il contribuente. Contestualmente ha sottolineato che da qui in avanti l’agente di riscossione sarà esplicitamente chiamato ad attenersi al rispetto di valori quali il buon nome e il decoro.

 

I precedenti in materia

A tracciare il quadro generale inerente la tutela nei confronti dell’agente di riscossione ci ha pensato l’articolo 59 del DPR 602/1973. Il contribuente può avvalersi di una tra le seguenti opzioni: se chiede la sospensione della procedura esecutiva, dimostrando che potrebbe causargli danni profondi e definitivi, rinuncia al rimborso degli stessi. Se invece consente all’applicazione dell’ipoteca, può intraprendere in seguito una causa per ottenere il risarcimento.

Il Tribunale di Teramo, con sentenza 997 del 2016, ha richiamato Equitalia al pagamento della cifra necessaria a curare patologie “medicalmente accertabili” e “lesioni all’integrità psicofisica” derivanti da una procedura esecutiva illegittima. Il rimborso è dovuto anche nel caso in cui le conseguenze nocive riguardino l’immagine personale e l’identità.

Lo scorso anno sono intervenute due ulteriori sentenze della Corte di Cassazione. La n.3347 ha stabilito che la richiesta di rateizzazione non implica acquiscenza, e cioè l’accettazione della pendenza. Peraltro, nel caso in cui venga accertata l’illegittimità del credito dell’agente di riscossione, questo è tenuto al pagamento delle spese processuali e dei danni morali subiti dal contribuente.

La sentenza n.7437 del 23 marzo 2017 ha inoltre riconosciuto il diritto al risarcimento degli effetti determinati congiuntamente da una cartella pazza – poi cancellata – e dalla successiva ipoteca, inspiegabilmente portata avanti dal creditore.

La redazione

Debitori pensionati: oltre quale cifra può scattare il pignoramento?

A cosa ci si riferisce quando si parla di “minimo vitale”?

Minimo-VitaleProbabilmente l’espressione evocherà poco o niente nella mente  di chi è in età da lavoro, ma quasi certamente tutti i pensionati, almeno una volta, ci avranno fatto i conti.

Il minimo vitale, infatti, rappresenta la quota di pensione che non può essere pignorata in nessun caso, in quanto equivale all’ammontare indispensabile a garantire i bisogni essenziali dell’individuo.

A quanto ammonta oggi?

Il valore-soglia è dato dalla pensione sociale aumentata del 50%. Tali criteri sono stati sanciti dall’articolo 545 del Codice di Procedura Civile.

La pensione sociale è stata fissata a 453 euro per il 2018, dunque l’esproprio forzoso è consentito solo se il pensionato percepisce più di 679,50 euro.  L’eventuale eccedenza può essere “aggredita” nei limiti di un quinto.

 

Esiste un “minimo vitale” anche per i lavoratori?

No, la disciplina, in questo caso è diversa, in quanto offre minori margini di tutela al debitore. Infatti, il criterio generale prevede che possa essere espropriato fino a un quinto dell’importo complessivo netto dello stipendio, se lo stesso viene accreditato in fase successiva al pignoramento.

Il limite da rispettare è invece di un terzo, se il versamento su conto corrente precede l’esproprio forzoso. In entrambi i casi, comunque, il debitore può rivolgersi al giudice qualora i valori fissati non siano stati rispettati, così da invalidare il provvedimento in riferimento all’eccedenza.

…e se c’è più di un creditore? I pignoramenti non possono eccedere complessivamente il “tetto” del 50% dello stipendio.

La redazione

 

 


 

 

“Per combattere gli istituti di credito sono disposto a vendere un rene”

Nonostante il tema degli illeciti bancari sia stato sdoganato in tempi recenti, spesso alle intenzioni non corrispondono le azioni

Alfredo-BellicoQuante volte, infatti, i cittadini devono aspettare anni perché si arrivi a una sentenza di condanna, per poi magari vederla ribaltare nei successivi gradi di giudizio? Così, in casi particolarmente eclatanti spetta alle associazioni dei consumatori intervenire prendendo pubblicamente la parola, per sollecitare una maggiore attenzione da parte delle autorità preposte.

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La provocazione del presidente di Confedercontribuenti Veneto

“Metto all’asta un rene. Userò i soldi ricavati per avviare la sensibilizzazione in materia di usura bancaria. Questa campagna è destinata ai privati cittadini e alle aziende”. Così Alfredo Belluco, che presiede la sede regionale dell’associazione , ricoprendo anche il ruolo di vicepresidente nazionale.

Un gesto, come ha poi spiegato, che ha carattere provocatorio; il suo obiettivo, infatti, è accendere i riflettori dell’opinione pubblica su una ferita ancora aperta nella società veneta, e cioè quella relativa al tracollo di Banca Popolare di Vicenza  e Veneto Banca. “Intesa San Paolo deve rimborsare chi aveva messo i propri soldi in questi istituti di credito”, precisa Belluco.  

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“Prima di pagare, fare sempre controllare il contratto stipulato con la banca”

Questo il consiglio del presidente di Confedercontribuenti Veneto, che ricorda come spesso le condizioni messe per iscritto vincolino privati cittadini e imprese al pagamento di somme letteralmente gonfiate. In tal senso, quindi, può giocare un ruolo decisivo la perizia econometrica.

L’ultimo caso di usura bancaria reso noto da Belluco risale a qualche settimana fa. Un’imprenditrice di Padova aveva riscontrato, a seguito dei calcoli di due esperti, che aveva pagato interessi superiori di due punti percentuali al tasso soglia. La direttrice della filiale locale dell’istituto di credito, ripresa dalle telecamere, in quest’occasione aveva dichiarato che all’origine ci fossero dei contratti predefiniti a cui non era possibile apportare modifiche. La stessa aveva precisato inoltre che tali condizioni fossero applicate a ben 1500 rapporti stipulati con privati e aziende del capoluogo veneto.

La redazione

 


 

 
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